Pino Daniele, n’ata storia

5 Gennaio 2015 di Paolo Morati

Pino Daniele

Nero a metà, pubblicato nel 1980, è stato l’album della consacrazione di Pino Daniele. Scomparso per un infarto, il cantautore napoletano aveva scelto proprio questo disco e i musicisti che vi avevano fatto parte per il suo ultimo tour, come se avesse sentito il bisogno di tornare alle radici per salutare il pubblico e partire per il viaggio finale. Un album contenente due delle tante grandi canzoni specchio di due anime: quella più ritmica e legata al mondo del blues e del funky (A me me piace ‘o blues) e quella più morbida e meditata (Quanno chiove).

Un periodo, a cavallo tra due decenni, in cui Pino Daniele era all’apice di quella contaminazione di stili già propriamente sperimentata con i due lavori precedenti e poi successivamente esplosa e rielaborata in Vai mo’, Bella ‘mbriana e Musicante, l’ultima testimonianza di un primo periodo clamoroso. Canzoni come Je so pazzo, Yes I know my way, Tutta n’ata storia sono di certo brani tra i più noti a tratteggiare anni di scorribande sonore in compagnia di musicisti come James Senese, Tullio De Piscopo, Rino Zurzolo, Ernesto Vitolo, Rosario Jermano, Tony Esposito, e della sua chitarra. Ecco anche la chitarra era Pino Daniele, anzi una seconda voce alternativa alle corde che aveva in gola.

Ci sarebbe ancora tanto da dire su Pino Daniele: il passo verso una world music che non abbiamo mai apprezzato più di tanto rispetto al pregresso, e canzoni evitabili se paragonate al passato (Che dio ti benedica e il tormentone ‘O Scarrafone). Di lui resta la grandezza di un sound che lo ha portato a essere conosciuto anche a livello internazionale con un genere che legava insieme poesia e ritmo, musica black e Mediterraneo, e dove la melodia era solo una delle componenti e non proprio la principale. Un mondo narrativo, il suo, dove Napule è na camminata, mille culure… (e mille paure).

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