La svolta di Holly

18 Gennaio 2015 di Stefano Olivari

Pochi cartoni animati hanno attraversato le generazioni, non solo in Italia, come è stato capace di fare Holly e Benji nelle sue varie declinazioni. 30 anni di successo non possono però essere spiegati soltanto con il fatto che al centro della storia ci sia il calcio, diversamente ci sarebbero centinaia di serie di argomento calcistico. Holly e Benji: lo spokon che ha rivoluzionato il calcio è un libro che prova a cogliere il senso di Capitan Tsubasa (vero nome sia del manga che dell’anime), dando giustamente per scontato che tutti i lettori ricordino perfettamente ogni puntata. Insomma, se non sapete cosa siano la catapulta infernale dei gemelli Derrick o il tiro del falco di Patrick Everett questa opera vi risulterà incomprensibile. Ma se lo sapete allora sarà interessante confrontare le vostre idee con quelle di Angelo ‘Sommobuta’ Cavallaro, che partendo dalla storia editoriale di Capitan Tsubasa lo paragona ad altri fumetti e cartoni di argomento sportivo, per dimostrarne (con successo) la sua unicità e la sua importanza nella percezione del calcio ‘vero’ da parte di bambini e ragazzi che ne sono stati influenzati.

La prima parte del libro propone una storia dello spokon e del fumetto nell’epoca in cui Capitan Tsubasa viene disegnato. Nella seconda vengono ricordate le varie serie, cercando di trovare un equilibrio tra cronologia della produzione e programmazione italiana: dalla serie classica a Road to 2002, passando per Holland Youth, World Youth e Millenium Dream. In mezzo al racconto la tesi portante del libro: cioè che Capitan Tsubasa porti una ventata di novità nel mondo spokon e anche nello stesso calcio, perché per la prima volta lo sport non viene proposto come sacrificio, nel nome di un risultato o comunque di valori supposti superiori, ma come gioco. Tesi bene argomentata, in gran parte condivisibile. Cavallaro prende in esame i fumetti del famoso Ikki Kajiwara poi trasformatisi in prodotti televisivi: Arrivano i Superboys, Rocky Joe, Tommy la stella dei Giants, l’Uomo Tigre, eccetera e ne individua le caratteristiche comuni: cioè un protagonista che partendo da una storia familiare spesso drammatica attraverso la dedizione, un’autodisciplina folle e allenamenti disumani riesce a raggiungere il suo sogno, in questo spinto da allenatori del genere ‘sergente di ferro’ (o peggio), da sconfitte dolorose e da avversari fortissimi e battibili solo inventandosi qualcosa.

La svolta di Tsubasa-Holly (autore Yoichi Takahashi) non è secondo Cavallaro di tipo narrativo o stilistico, ma culturale: con lui lo sport e il gioco prendono il sopravvento sulla drammaticità e sulla competizione senza pietà. Di sicuro, pur non vedendo quasi mai il padre ed essendo in tutto e per tutto piccolo borghese, Holly non ha l’infanzia di Naoto Date e nessuno dei suoi allenamenti lo fa andare vicino alla morte come quelli nella Tana delle Tigri. Però nemmeno per lui il risultato è un optional, visto che in decenni di manga-anime non perde in pratica mai e che spesso va in campo in condizioni fisiche pessime, per puro spirito di sacrificio. Acuta la notazione dell’autore, secondo il quale Tsubasa al contrario degli altri protagonisti di spokon è un ragazzino normale, che non deve dimostrare alcunché: lui è già bravo, lui è già Tsubasa, non deve fare cose particolari o inventarsi mosse segrete per superare gli avversari o anche solo per essere fiero di se stesso.

È per questo che Holly è così amato anche da chi poi da grande giocherà davvero in serie A, perché propone un calcio dove conta solo ciò che avviene in campo. È quindi evidente il motivo per cui anche bambini scarsi possono pensare di essere Holly: magari non bravi come lui con il pallone, ma di sicuro con il suo stesso atteggiamento nei confronti dello sport. Poi si cresce e si peggiora, ma da qualche parte ogni tanto riaffiora un po’ di Holly.

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