Il viaggio di Mango

8 Dicembre 2014 di Paolo Morati

Mango

Nell’epoca di voci omologhe che mettono al centro lo strillo enfatico e modaiolo, la scorsa estate avevamo salutato con un sospiro di sollievo L’amore è invisibile, l’ultimo album di Giuseppe Mango, detto Pino, in arte Mango, scomparso ieri sera, per un infarto proprio mentre stava concludendo un concerto al Pala Ercole di Policoro, in provincia di Matera. A risentirlo oggi quel lavoro suona quasi come il testamento di una grande voce, tra classici italiani e internazionali riletti, riarrangiati, o meglio ancora reinventati. Un personaggio vocalmente unico, il cantautore di Lagonegro, ma anche originale nella sua proposta sonora, e noi ne abbiamo da sempre amato il repertorio (anche quello anni ’70, precedente al successo ottantiano).

Mango era (è) un artista difficilmente inquadrabile in un genere anche per via dei diversi percorsi che ne hanno contraddistinto una discografia varia e che ha saputo cogliere le evoluzioni dell’epoca in cui viveva senza ripetersi. Certamente personale, oggi sarà come spesso accade in questi casi oggetto di riscoperta a partire proprio da quel primo periodo rimasto un po’ nascosto (gli album  La mia ragazza è un gran caldo (contentente un gioiello, Se mi sfiori, ripresa da Mia Martini) e Arlecchino, e un lavoro dai tratti progressive e sinfonici, È pericolo sporgersi), i passaggi più elettronici di canzoni come il primo vero successo Oro (il malore lo ha colto proprio mentre stava intonandola, un segno del destino), Australia (grande disco, all’epoca così diverso per il panorama italiano), il boom di Lei Verrà (contenuta in Odissea), Bella d’estate (scritta con Lucio Dalla), le successive evoluzioni sonore di Sirtaki (disco di buon riscontro anche nei paesi latini, lanciato dal singolo Nella mia città, seguimmo anche il tour) e Come l’acqua, le sperimentazioni dell’ottimo Credo e le grandi vendite di Disincanto trainato dal brano La rondine. Tante le sue canzoni spesso frutto della collaborazione con il fratello Armando diventate dei classici: da Amore per te a La rosa dell’inverno da Sentirti (contenuta nel secondo disco e riproposta spesso live) a Ferro e fuoco, a Mediterraneo e Il viaggio. E qualche chicca regalata ad altri (Re a Loredana Berté, Fare l’amore a Mietta). Il tutto con la presenza vicina e discreta di Laura Valente, cantante (fu lei a sostituire per prima Antonella Ruggiero nei Matia Bazar), poi diventata sua moglie e madre di due figli, e la collaborazione con i principali parolieri italiani (da Mogol a Pasquale Panella).

Fino ad arrivare ai dischi degli ultimi anni, in una fase commercialmente meno di impatto, per un personaggio che non dimenticheremo e capace di grandi vette emotive, per nulla presenzialista, e che ha fatto parte pienamente della colonna sonora della nostra adolescenza, di vinili e musicassette, concerti e illusioni. Trattato talvolta in modo un po’ superficiale (ci ricordiamo ancora quando tra i consueti luoghi comuni dopo trent’anni di carriera qualcuno parlò di una ‘svolta rock’ del suo repertorio, ignorandone il pregeresso, per quanto il termine rock non abbia definizione chiara) Mango è probabilmente il primo ad andarsene di quel decisivo periodo evolutivo e per questo la sua scomparsa a 60 anni da poco compiuti ci ha emozionati ancor di più. Grazie di tutto Pino, buon viaggio. Staremo attenti a non sporgerci troppo.

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