Eroi in stile Armani

15 Novembre 2014 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dal muro del pianto di via Vitorchiano a Roma dove una Federazione impegnata a cercare l’immagine migliore dimentica che nel suo mondo qualche cosa fiorisce anche dal letame delle poche idee molto confuse. Vi avevamo lasciato con lo 0-7 in Europa della settimana scorsa e adesso stavamo per ricevere la palla in faccia perché le nostre hanno vinto 6 partite su 7 con Reggio Emilia che ha regalato una partita già vinta a Bonn sul campo di piazza Azzarita a Bologna. Primo successo in eurolega per Sassari. Ci siamo commossi come Sacchetti anche se lui fingeva di asciugarsi il sudore. Grande Lawal, ma quel Brooks ci sembra davvero l’uomo chiave. Stupenda vittoria per Corbani con Biella. Vi ringraziamo, ma non cambiamo opinione. Né il licenziamento di Marco Crespi da Vitoria ci fa sentire dalla parte della ragione nella polemica con Cappellari sulla bravura degli allenatori italiani, una guerricciola da Rincosur dove anche Faina, uno degli ultimi mohicani che hanno dato gloria anche a Milano, e il professor Carlà, uomo che nella chimica della sua vita da viaggiatore viaggiante mette insieme grande jazz e basket sognato, hanno preso le parti di un grandissimo manager che nelle sue tante vite sportive è stato giocatore, buon allenatore, prima che ottimo sciatore, specialità che rimane nel sangue se devi fare slalom nella testa di troppa gente, schivando gelosia, invidia, anche se nel basket non gli hanno più permesso di farlo.

Siamo tornati al sole con questa settimana europea? Ma dai. Lo diciamo adesso che è certa la qualificazione di Milano alla seconda fase. Ve lo avevamo detto. L’Emporio ha bisogno di tempi digestivi lunghi, considerando i tanti super-io spigolosi del gruppo che loro stessi si sono scelti. Non sappiamo davvero dove Alessandro Gentile ha letto che l’Emporio era allo sbando. Giocava male. Lo ha fatto anche con i polacchi. La cura è lunga, non è detto che abbia succeso come l’anno scorso. Certo nel mondo dove ci si inchina ai Bryant, anche quello dell’1 su 14 dell’ultima partita, sarà sempre di più così.

Lo diciamo per separarci in casa anche dal Flavio Tranquillo intervistato dal direttore per il suo libro sulla passione che ci ricorda le ultime uscite del Baldini che di fianco a Fiorello non è riuscito a scappare dal suo vizio: giocarsela sempre. No. Tranquillo combatte, gioca bene, dice cose vere, ma anche strane, perché mi sento giornalista e con diritto sto nell’albo della categoria, anche se nella vita professionale ho sempre preferito raccontare lo sport. Questo libro verrà presentato martedì prossimo in una via dedicata ai santi a alle belle presenze, una settimana e mezzo prima del lancio milanese, in viale Montenero, del libro di Sani. Un piacere avere compagni di viaggio così arguti, ironici, autoironici, anche se non sempre se ne accorgogono e, magari, ti costringono davvero a togliere l’audio, certo più Flavio di Lorenzo. Alla gente che non piace il criptico dico che ho ascoltato sempre con piacere il Tranquillo radiofonico, ha capito quello televisivo anche se, alla fine, l’ho trovato spesso oltre la linea, certo molto al di sopra di quella grigia della massa, ma tante volte perduto nel labirinto “mi so, voi aggiornatevi”.

Dicevamo all’inizio che Milano può considerarsi al riparo nella tempesta europea che ha lasciato a terra anche il Real Madrid contro la solita volpe Ivkovic, che è costata il posto a Crespi, illuso di avere sempre cavalieri Sarmati per difendere il suo muro, che ha rimesso nell’angolo degli avviliti Repesa dopo l’impresa della settimana scorsa a Tel Aviv.

Come pensavamo il desiderio folle dei profumati Armani di passare per eroi, anche quando fanno sforzi ordinari, li ha portati ad esagerare: due vittorie su Bayern e polacchi che non potevano mancare nella storia di questa stagione da campioni. Ora vedere gli uomini di Banchi recitare meglio soltanto perché qualcuno ha invitato il coro ad intonare il famoso “battiam battiam le mani è tornato il direttore” quando ha visto Proli in piedi di fianco a Portaluppi, è un’offesa per l’allenatore di Grosseto che, contrariamente allo scorbutico Mazzarri, col quale non scambiava una parola, non ha bisogno di tuttori e tutele, né di beati angelici che possano far diventare meno gelide certe manine che sul campo si sfiorano soltanto per paura che scoppi il pettegolezzo su certe affinità non proprio elettive. Banchi non direbbe mai cose sgradevoli su chi è in società, su chi ci è stato e, magari, vede tutto soltanto da lontano. Lui lavora, spera che non gli venga rinfacciata la scommessa sul Kleiza che l’anno scorso aveva mandato nei matti Obradovic, non una cosa difficile col passare del tempo, con la fama, il successo, l’idea di onnipotenza, che non si vada a vedere perché ha insistito su cartavelina James, lo spera perché convinto che questo Emporio possa davvero fare grandi cose.

Vedremo. Intanto è giusto che faccia attenzione a Sassari. Avesse una pedina in più, diciamo il posto lasciato colpevolmente dall’impaziente Cusin, non sarebbe così scontato il duello anche in una serie di play off, quella dove Milano può davvero far sentire la sua superiorità economica. Bella questa. Chi canta nel solito coro dice che in eurolega Armani deve essere l’incudine perché sopra ci sono martelli spagnoli, greci, turchi, russi, più pesanti, fatti con oro diverso da quello che serve da queste parti. Sanno di mentire. Milano arriverà dove merita se gioca bene e i suoi gocatori sono pagati fin troppo bene per darsi dei limiti.

Lo direbbe anche l’Antonello Riva che abbiamo visto in una meravigiosa maglia in tartan scozzese per la Leopardillo di Cantù dove a 52 anni gioca in promozione insiem a Fausto Bargna. Lui potrebbe giurare, insieme a tanti altri della famiglia canturina degi Allievi, con Marzorati in testa, che non sono mai stati i soldi a fare la differenza e nel Cantucky le coppe arrivavano anche contro i colossi.

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