Stefania Rotolo, cocktail di vita

19 Agosto 2014 di Enrica Panzeri

La TV italiana, in ritardo rispetto al resto dell’Europa e agli Usa, dopo qualche anno di esperimenti passa definitivamente al colore nel 1977 e, contemporaneamente, coglie l’opportunità per tentare un rinnovamento interno. Sebbene non si tratti di una rivoluzione paragonabile al sonoro nel cinema degli anni Trenta, dal piccolo schermo cominciano a fare capolino volti che accompagnano e simboleggiano questa nuova ondata, creando una prima vera concorrenza contro le emittenti private all’epoca sempre più aggressive. Ha inizio un avvicendamento fra i nomi storici, quali Mina, che l’anno successivo deciderà il ritiro dalle scene con uno storico concerto alla Bussola, Lauretta Masiero, Sandra Mondaini e Delia Scala pioniere della TV degli esordi, Raffaella Carrà con un piede in Italia e uno in America Latina e le nuove leve che dovranno raccoglierne l’eredità. Loretta Goggi completa la sua maturazione da bambina prodigio a showgirl e, sul finire del decennio, dall’America giungerà una giovanissima Heather Parisi, destinata a marcare con la sua freschezza gli spettacoli dei primi anni Ottanta.

Lungo il confine fra bianco e nero e colore compare una soubrette unica e innovativa per il mondo televisivo italiano. Si chiama Stefania Rotolo, ha 26 anni e, in un’Italia un po’ impacciata che intraprende i suoi primi viaggi verso paesi stranieri per puro piacere e non per necessità lavorative, incarna l’immagine di una figlia dell’epoca. Romana di nascita e con ascendenze mitteleuropee da parte della madre, ballerina austriaca delle Bluebell arrivata in Italia per lavoro e rimasta per amore, dopo aver girato il mondo è tornata a casa decisa a conquistare la notorietà. Osservando la sua vita pare di sentire in sottofondo una vecchia canzone di Manu Chao:

“Cuando llega ya se ha ido” (quando arriva già se n’é andato).

Appena quattordicenne danza sulla pista del  Piper, celebre discoteca romana, dove spicca per la sua vitalità. Questo le frutta una scrittura fra i Collettoni e le Collettine di Rita Pavone, una formazione che supporta la cantante con cori e coreografie durante i numeri musicali. Fra quei giovani neofiti del mondo dello spettacolo incontrerà due ventenni destinati a una lunga carriera: Loredana Bertè e uno degli amici che le rimarrà accanto fino agli ultimi giorni, Renato ZeroCon loro partecipa alla versione teatrale italiana di Hair, accolta con sdegno da una parte dell’opinione pubblica, turbata dai nudi che spuntano sul palcoscenico. Comincia a riflettere sull’ambiente dello spettacolo italiano, in preda a mutamenti ma ancora congiunto strettamente al passato. Decide quindi di arricchire il suo bagaglio artistico con esperienze impossibili in Italia.

Come altri colleghi potrebbe proseguire la sua gavetta fra provini e feste di piazza, invece sceglie di perfezionare la sua formazione nella nazione che funge da modello per lo spettacolo moderno. Vola a New York per studiare ballo, conosce un sassofonista brasiliano con cui intreccia una relazione e con lui si stabilisce per tre anni in Brasile. Qui segue lezioni alla scuola di samba di Joao Gilberto, rimane incinta del suo compagno e da sola se ne torna a Roma, città in cui nascerà sua figlia.

“Llevo nel cuerpo motor que nunca deja de rolar” (ho nel corpo un motore che non smette mai di girare).

    Stefania va veloce e impiega poco a riannodare i fili lasciati in sospeso al momento della partenza. In pochi mesi sembra scalare un ipotetico podio: una commedia teatrale con Bramieri, un duetto con Aznavour finchè la RAI non le propone Piccolo Slam, trasmissione sperimentale ambientata in una discoteca ricostruita in studio, da cui verranno lanciate le novità discografiche. Si tratta di un programma ideato soprattutto per la fascia adolescenziale, fino a quel momento quasi ignorata, che necessita di una presenza che sappia rivolgersi ai giovani con i medesimi codici linguistici senza apparire ridicola agli occhi di un pubblico più adulto. Memori del successo riscosso dalla coppia “latte e cioccolata” Wes e Dori Ghezzi, che in quel periodo spopola con la hit E non ci lasceremo mai, i funzionari RAI decidono di accostarle Sammy Barbot, disc jockey e musicista di origini caraibiche. Il successo erompe in maniera così inaspettata da far raddoppiare in corsa le originarie dodici puntate e contribuisce a discostare il suo nome dall’anonimato.

Il personaggio di Stefania Rotolo è un’inattesa ventata di modernità fuori e dentro lo schermo. In televisione si presenta con i capelli corti di diversi colori e balla, canta, si dimena senza un attimo di pausa mostrando un’energia incontenibile. Emerge una peculiarità nel suo modo di danzare, figlia della sua formazione e unica nella televisione italiana: un modo di muoversi molto più prossimo alla sensibilità nera e africana piuttosto che allo stile classicheggiante delle soubrette comparse fino ad allora in TV. Per la prima volta gli spettatori percepiscono un nuovo stile, in cui i movimenti del corpo diventano veicolo di sensazioni e pulsioni profonde, che sembrano colpire i sensi di chi vi assiste. Quando anche la sua vita privata viene portata alla ribalta, appare una giovane donna innamorata della figlia, i cui dolci tratti svelano la grazia della sua mescolanza italo-brasiliana. Una donna che non non si commisera giocando la parte della “povera ragazza madre”, sulla falsariga dei melodrammi di Matarazzo che fecero piangere l’Italia degli anni Cinquanta; bensì si mostra felice e orgogliosa, suggerendo un’idea di normalità nei riguardi di qualcosa che, fino a pochi anni prima, sarebbe stato definito audace e riprovevole.

Llevo en el cuerpo una condena que siempre me echa a caminar (porto in me una condanna che sempre mi costringe a camminare).

Dopo una partecipazione al rivoluzionario varietà Non Stop, giunge la chiamata per lo show del sabato sera, vera consacrazione per ogni showgirl. Si tratta di Tilt, per la regia di Valerio Lazarus, regista spagnolo di gran classe, e, come altri varietà coevi, si propone di esacerbare ai massimi livelli le potenzialità inesplorate del colore, aiutandosi anche con il neonato chroma key. Stefania Rotolo può dispiegare tutte le sue doti, affinate negli anni: balla, canta, introduce gli ospiti e reclama energicamente il suo ruolo di nuovo volto della televisione italiana. Gli autori, fra i quali spicca il nome del suo compagno Marcello Mancini, contribuiscono a mettere in luce, forse inavvertitamente, i due lati del suo animo, esplicati con chiarezza cristallina nelle due sigle. Quella iniziale, Marameo, riecheggia il personaggio della “Ragazza Go” di Piccolo Slam. Si tratta di una canzoncina sagomata sulla moda dei cartoni animati giapponesi, da poco trasmessi in Italia. Abbigliata con costumi vagamente fantascientifici danza insieme a due bambini: Danilo Emili e Claudia Vegliante, che anni dopo tornerà alla ribalta nei panni dell’eterna fidanzatina nei Ragazzi della III C. Solo Stefania potrebbe sostenere un balletto simile, divertendo gli spettatori senza scivolare nel ridicolo per un accostamento tanto eccentrico. http://youtu.be/jYL1DUBZuRY

È però nella sigla di coda che affiora il suo lato lunare fino ad allora nascosto al pubblico. Minellono e Mancini le dipingono addosso la canzone che, da quel momento, affiancherà il suo nome: Cocktail d’Amore. Il ritmo dolce e dolente maschera la storia di una donna indipendente che può e vuole scegliere chi amare, percorrendo tutte le sfumature di una passione ardente ed istintiva. Il vago autobiografismo è cadenzato dalla sua voce roca, simile, in alcuni passaggi, a un graffio disperato che lascia nell’ascoltatore un’inesplicabile e inesplicata sensazione malinconica. http://youtu.be/J2RktadeMUs

Deprisa deprisa a rumbo perdido” (di corsa di corsa a rotta di collo).

Dopo tanto impegno e tanto lavoro, sembra giunto il momento del raccolto. Scopre di essere il nome su cui la RAI ha deciso di puntare per mostrarsi al Festival Internazionale della Televisione di Montreux, in Svizzera, a cui vengono inviati alcuni filmati dei balletti di Tilt. Le giungono richieste per esibirsi all’estero e il teatro le propone uno spettacolo in coppia con Gigi Proietti. Il ritmo frenetico non accenna a diminuire e Stefania Rotolo, che non è avvezza a prendersi pause, ignora alcuni malori inspiegabili che la colgono durante le registrazioni. Fino a quando una visita medica, a lungo rinviata, non rivela la natura del male che vsi è fatto strada dentro di lei. Seguono mesi di cura e di riabilitazione, apparizioni in televisione e rassicurazioni sull’esito positivo del momentaneo stop. Non sarà certo una malattia a interrompere il suo percorso, soprattutto ora che ha raggiunto il successo per cui tanto si è impegnata. A luglio del 1981 racconta gioiosa di essere appena stata contattata dalla RAI. I funzionari stanno approntando un musical su Peter Pan, con Vittorio Gassman, e hanno pensato a lei per vestire i panni del ragazzino che non vuole crescere. Il progetto non si realizzerà mai.

Yo llevo en el alma un camino destinado a nunca legar” (nella mia anima ho un cammino destinato a non arrivare mai)

Il 31 luglio del 1981, quando la pienezza dell’estate comincia il suo impercettibile declino, per Stefania Rotolo, la ragazza che pareva non fermarsi mai, giunge il momento di concludere il cammino e fermarsi a riposare.

Fonti: Oggi n. 31 – 05/08/1981, Gente n. 32 – 07/08/1981, Radiocorriere TV, storiaradiotv.it/

 

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