I nostri cuori e una Capannina (Sapore di mare 2014)

29 Luglio 2014 di Fabrizio Provera

A metà degli anni Trenta, sulla spiaggia di Forte dei Marmi, un noto conte milanese ammoniva i suoi figli a non frequentare quei ragazzini di Torino, figli di un fabbricante di automobili, vestiti alla marinara, perché erano dei parvenu. Oggi, mentre ancora qualche rampollo di casa Agnelli continua a comportarsi da arricchito, sono gli oligarchi russi e qualche parente di sceicco arabo a catalizzare l’’attenzione e l’’invidia della gente in vacanza in Versilia”.

E’ stato l’’incipit di questo pezzo, scritto da Eugenio Pasquinucci col concorso ‘ideale’ di Marco Valle – che molti lettori Indiscreti nati tra il 1960 e il 1975, ne siamo certi, ricordano a capo di un’’organizzazione giovanile politica, nella Milano di fine anni Ottanta – a convincerci a tentare l’’impresa: il report dal ‘Forte’, la rievocazione di Sapore di Mare nel post trentennale, la vittoria della battaglia ‘colto-cazzeggiativa’ contro il remake con Martina Stella (l’’apocrifo non se l’’è filato nessuno, al cinema: gaudemus omnes), un report enogastronomico ‘alla nostra maniera’. Tentazioni troppo forti, cedute del tutto quando il Direttore ci ha congedati con una perla di saggezza e di esperienza: ‘”Mi raccomando, il maglioncino blu sulle spalle’”.

E allora siamo partiti. Temerari (e indiscreti). Milano (provincia) – Forte dei Marmi in 3 ore e 10, causa blocco parziale in Tangenziale per i lavori di Expo, che hanno frenato i cavalli della Jaguar S Type del nostro ‘indiscreto’ conducente, il conte Del Gobbo, una sorta di emulo del mai sufficientemente lodato Lello Mascetti.

Venerdì 25 luglio, nonostante un sole generoso, i viali antistanti i bagni del Forte erano vuoti per metà. Colpa, oltre che dei pessimi auspici atmosferici, anche della  leggenda secondo cui alla fine del secolo scorso i russi arrivavano con valigette colme di dollari e compravano tutto e si offendevano se pagavano poco. Acquistavano ville, alberghi, stabilimenti balneari, negozi, snaturando il mercato e arricchendo chi per primo seppe vendere le sue proprietà. “Oggi quell’’onda lunga è quasi finita, gli oligarchi si son fatti furbi e pretenziosi, i russi che arrivano in Toscana hanno meno pretese, spesso atterrano con un volo low-cost a Pisa e si precipitano in uno dei tanti outlet della zona a far shopping per poi dopo qualche ora ripartire per Mosca o San Pietroburgo, risparmiandosi perfino la visita alla Piazza  dei Miracoli con il suo campanile storto”, chiosa Pasquinucci. Italiani non autoctoni, in effetti, ne scorgiamo pochi. Scritte in cirillico nei negozi e altrove tante, ma non così invadenti come ci dicevano alla vigilia.

“Una volta le vacanze in Versilia avevano il sapore della vita, ora soprattutto l’’odore dei soldi”. Uno dei posti dove certamente si respira ancora l’’aria del mito è il ristorante Da Lorenzo (via Carducci 61,www.ristorantelorenzo.com), dove Lorenzo Viani e la figlia Chiara dispensano le più sublimi gioie ittiche dell’’alta cucina, assieme al viareggino Romano Franceschini, a Gennarino Esposito e pochi altri. Tutto esaurito sempiterno, a luglio e agosto; gente in elegante attesa del tavolo, persino dopo le 23, in estate. Servizio che fila dritto a rasentare la perfezione, tavoli ben distanziati, Cabochon di Monterossa gentilmente offerto appena ci si siede, in tavola nonostante ritmi di cucina convulsi i piatti arrivano senza la minima sbavatura. Noi abbiamo ‘saggiato’ la perfezione dei crudi, il gambero rosso scottato in fonduta di verdura aromatizzato al Vermouth Dry (sontuoso), le bavette sul pesce, l’’aragosta rosa in crosta di pane e riduzione allo champagne, l’’ultima e paradisiaca cala di scampi al forno guarnita con la sensazionale maionese preparata direttamente dal patron (che, nonostante sia un over 70, è stato insignito del titolo di patron tra i più belli del mondo da una rivista americana: un assist per il gentil sesso). Sorbetti alla frutta e dessert solo leggermente inferiori, ma il pesce che si serve a questi tavoli – dove ritornano e spesso gli eredi degli industriali alla Carraro e della sua antipaticissima signora, ecco perché ci siam venuti – è un’’aperta sfida ai non credenti. Da 100 euro a testa in su, toccandola piano coi vini, che tuttavia hanno ricarichi inferiori a certe discoteche milanesi dove ti servono Dom Perignon a 400 euro, in abbinamento con paste al pomodoro cotte da cuochi scartati dalle mense di paese: noi abbiamo pasteggiato con un Tasca d’’Almerita Rosè 2004 in carta a 60 euro, molto meno di quanto lo si paga da altre parti. Più altri calici, ma  non vogliamo passare per degli etilisti…

“Gli scontri tra i ragazzi di città e i versiliesi avvenivano sui campi di calcio. Oggi esistono i campus dove per giocare al pallone devi pagare fior di soldi ed essere tutto griffato. Allora bastavano un campo d’’erba ancora libero, quattro sassi per fare la porta, i pali e la traversa te li creavi con l’’immaginazione. Le scarpe erano le Superga da tennis e dovevano servire per  tutto il giorno e possibilmente tutta la stagione. Sulla spiaggia la ragazza più carina della compagnia doveva mettere a disposizione il suo lato B da trascinare per disegnare rettilinei e curve paraboliche per la pista da biglie. Quest’e ultime le compravi in centro in una merceria che aveva una grande cesta dove si poteva scegliere ogni corridore: come per le figurine esisteva il “celo,celo, manca”.

Abbiamo riletto queste deliziose righe a mezzanotte passata, prima di entrare alla gloriosa Capannina, dove ci eravamo peritati di prenotare un tavolo. Un filo d’’emozione ci ha percorso la schiena, mentre camminavamo tra corridoi e bordo pista identici a quelli del film (qui non è cambiato niente, o quasi…). Ci sono persino un paio di personaggi attempati che potrebbero essere Rodolfo, il barman che Felicino e Luca salutano nel 1982, quando reincontrano Susan e Marina (Suma). Sulla quale dovremmo scrivere un pezzo a parte: quando abbiamo saputo che vende monili prodotti da lei sulle spiagge di Salina, volevamo convincerla ad invitarla in Capanna per rifare l’’ultima, immortale scena… Ma c’i ha pensato Jerry Calà, 63 primavere e camicia bianca sempre sgargiante, alle 2.45 di un venerdì notte: Celeste Nostalgia di Cocciante, sul maxi schermo gli occhi conturbanti della splendida attrice campana, il biglietto, la mano che s’’alza, la Parietti che francamente non c’’entra molto…
Bevuto l’’ultimo Gin Tonic (con Tanqueray Ten, il miglior distillato di cui è provvista la Capannina in questo momento) ce ne siamo usciti soddisfatti, prima di concludere la notte ‘sottraendo’ palette e secchiello per bambini da un bagno: abbiamo superato i 40, ma qualche zingarata ‘la’ ci vuole…… Comunque eravamo a poca distanza dal Twiga, siamo certi che i bambini ‘alleggeriti’ delle palette si saranno ricomprati un negozio.

Sabato pomeriggio, dopo una specie di nubifragio, siamo calati in centro all’ora dell’’aperitivo. Una nostra amica aveva infatti combinato un incontro con Selvaggia Lucarelli, che non conoscevamo di persona e che si è dimostrata davvero cortese’. Una rarità, nel mondo del giornalismo (così si diceva 30 anni fa, oggi è comunicazione). Insomma, una full immersion di Forte dei Marmi. A causa delle avverse condizioni atmosferiche ci siamo fatti mancare solo il giro sul Riva del commendator Carraro con relativa fusione del motore.

“Nel 2014 le mercerie non ci sono più, sostituite dai negozi Armani o Prada o Intimissimi,  con le scritte dei prezzi esposte anche in cirillico. Una volta il cielo era solcato dai cargo americani, di stanza a Camp Darby, base militare che dava lavoro a tanti pisani e livornesi, i quali ricambiavano” votando Pci. C’’erano anche però tanti piccoli aerei che passavano da Viareggio a Marina di Massa, con degli striscioni volanti in stile ‘Alina ti amooooo’ che pubblicizzavano alcuni prodotti. Omaggi venivano lanciati, sotto forma di piccoli paracadute, sulla spiaggia ed i bambini si lanciavano a raccoglierli, divertendosi un mondo. Poi qualche sindaco, triste come Pisapia o Marino (scegliete voi, anche se sarebbe bello astenersi), pose il veto a quei lanci”.

In un famoso negozio di braccialetti, poco dopo le 19 del sabato, siamo rimasti colpiti dai polpacci torniti e dagli short di jeans di una bionda a cui il conte Del Gobbo ed io abbiamo dato 28-30 anni: una volta giratasi, invece, abbiamo appurato che si trattava dell’’onorevole Daniela Santanché. In una forma, vista dal vivissimo, sicuramente smagliante… Qualità degli aperitivi: ne abbiamo provati  tre, in altrettanti  bar del centro. Spritz, Americano e Negroni: tutti ben fatti, prezzi dai 7 ai 9 euro, tutto sommato ci stavano. Seduti ai tavoli, gli esperti di vip watching sarebbero andati in solluchero. Io e il Conte Del Gobbo, invece, cercavamo solo gli occhi di Selvaggia-Isabella Ferrari… Infruttuosamente, ahinoi.

“Allora tutto era all’’aperto, accessibile. La messa era all’’aperto, come del resto il cinema e la stessa Capannina. I vip vivevano come tutti gli altri, perché gli stabilimenti balneari erano tutti uguali, con gli stessi prezzi e gli stessi servizi. Così potevi importunare Mina in ciabatte, o chiedere l’’autografo alla brunetta dei Ricchi e Poveri” mentre prendeva il sole in riva al mare. Poi arrivarono i russi e qualcosa si ruppe. Quel sordo risentimento nei confronti della gente di città tornò in auge, fattosi forte della convinzione che tanto c’erano i russi con i loro petroldollari. Tutto è diventato più elitario, più d’’immagine, perfino gli ex calciatori affittano le loro ville per rimediare ad investimenti sbagliati” e a mogli sballate.

Ecco perché concludiamo col racconto del posto più incredibile che abbiamo incontrato e frequentato intensamente, al Forte. Non è in centro, né sul mare, né al chiuso. È un camion-chiosco-bar-ristorante da street food, senza numero civico, in via Gian Battista Vico, ossia a 200 metri dal cartello Forte dei Marmi, lungo la strada, per chi arriva (da Milano) dal casello Versilia-Camaiore. Lo si riconosce per il fungo gigante piazzato a ridosso dell’’asfalto, esteticamente orribile, che ne delimita un lato. Marco e Mario Balderi, padre e figlio, nati e cresciuti al Forte, ci vendono funghi porcini, ovoli (principeschi), finocchiona, prosciutto, salsicce, pecorini e formaggi ‘di qua’, oltre ad un prodigioso liquore di zagara calabrese la cui preparazione dev’’essere in qualche modo collegata al Terzo Segreto di Fatima. Abbiamo assaggiato deliziose insalate di ovoli, pagandole come un paio di toast a Milano. Porcini alla griglia. Una porchetta da commozione (cerebrale). Bevuto un vino senza etichetta preparato da una vecchina ultraottantenne poco distante dal chiosco; forse la signora c’ha dato dentro un po’ troppo con lo zucchero, però è un bianco da sogno. Per gli ortodossi, ci sono persino dei Supertuscan (Luce, Tignanello, Difese). Al terzo pranzo in due giorni, ci siamo trovati talmente bene che il Conte ed io abbiamo fatto scattare l’offerta per l’’acquisto del 50% delle quote.  Voi andateci, dicendo che vi mandano i cronisti Indiscreti. Non ve ne pentirete. Solo, veniteci casual. Si mangia sulle sedie che in Sapore di Mare erano usate per il cinema all’’aperto, i tavolini sono pochi e in legno. Se siete simpatici, bene. Altrimenti nisba. Il saggio Marco, mezzo secolo di ristorazione alle spalle, è uno spasso: quando arrivano i russi, riesce a intendersi pur parlando solo dialetto toscano. Come faccia non si sa. Forse, è perché parla la lingua del cuore.  O forse, e ancor di più, perché sono vere queste parole:

“Eppure chiunque sia stato in Versilia, potrà criticare quanto vuole potrà affermare che oggi tutto è cambiato, che “il  Forte” non è più lo stesso, ma dovrebbe anche chiedersi perché non vi sa rinunciare. Forse perché rimane un fascino sottile che il tempo non scalfisce”.

DA FORTE DEI MARMI (AGRITURISMO DA PIO), PER INDISCRETO, FABRIZIO PROVERA

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