Superbasket per Chicca Macchi

5 Maggio 2014 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dalla Triennale di Milano, passando per San Paolo del Brasile, alla ricerca di Paulo Mendes da Rocha, l’architetto ottantacinquenne (cari over Settanta, su con la vita), che ha reso poetici persino cemento armato ed acciaio, maestro del neobrutalismo che fa incontrare nel parco milanese molti dei nostri allenatori alla ricerca di uno stile, sapendo che tutto nasce dalle necessità economiche e tecniche di una squadra. Mentre al piano di sopra trattano con carogne varie il piccolo mondo antico del basket aspetta due grandi iniziative per la prossima stagione. Chi mette cosa nel progetto per ridare vita a Superbasket? Chi mette cosa per la famosa televisione cestistica autoprodotta dalla federazione?

Sul giornale che ci manca e che dirigerà Peterson stanno ancora cercando gli uomini macchina. Lui, il nano ghiacciato, ci mette la faccia, anche per chi non ne ha mai avuta in questo ambiente, e, speriamo, le idee senza fare da paravento alla saliva vendicativa di chi gode del tormento altrui, ma serve chi lavora con la redazione. Ed è bello che venga richiamato in gioco uno serio, capace come Benzoni che era nella squadra Limardi all’ultimo atto, prima della chiusura. Su chi garantirà economicamente l’impresa non siamo preoccupati, anche se dovessero essere due società di vertice, anche se Lega e Federazione metteranno soltanto una piccola percentuale. Il prodotto è scelto dai lettori. Se la barca penderà, pure le vendite ne soffriranno. Non avrebbe senso.

Per la televisione la spesa è ingente. Oltre il milione di euro. Petrucci sa dove trovarli? La Lega, che aspetta di vedere il progetto del nuovo presidente, appoggerà? Senza la collaborazione delle grandi società resterebbe l’altro basket. Forse un bene anche questo, proprio adesso che si sente parlare di uno sganciamento totale della Lega dal sistema federale, insomma uno scisma come quello dell’ULEB con la FIBA. Terremoto per il neobrutalismo imposto dai tagli nel bilancio, nei bilanci, sulla bilancia del gioco dove per ironia della sorte sembra proprio che a giocarsi lo scudetto siano le protagoniste dell’ultimo duello. Ma questa volta le carte sono quasi tutte in mano a Milano che da Siena ha comprato il re, il fante e l’asso di coppe.

Dire che lo scudetto è già assegnato non è un  gioco prestigioso da maghi. Lo farebbero tutti, lo dovevano già fare tutti prima di cominciare, prima che Hackett lasciasse Siena, ma c’è nell’aria lo stesso timore che ti prende quando vai a vedere le partite notturne dell’Emporio Armani e, per anticipare i tempi, placare le ire della redazione, ti metti a scrivere sui neobrutals di Banchi. Insomma resti sempre con la forchetta impigliasta da qualche parte perché  questa Armani è una grande squadra da traguardi volanti, ma non ha ancora portato a casa una tappa importante e allora tutti  pensano che potrebbe comunque succedere qualcosa. Vero. Ci hanno abituato i ragazzi che hanno riportato il rosso vivo al Forum degli esosi, quello dove, adesso, per posteggiare, ti chiedono anche 10 euro (nessuno, lassù, quaggiù, vigila, protesta con il Comune, con chi gestisce il Palazzo senza deodoranti e con la musica sparata sulle palle), a magnifiche risalite, ma anche a discese troppo ardite con caduta. Se ci fate caso solo traguardi voltanti, tipo il record  di vittorie, il primo posto in classifica che mancava dai tempi in cui dirigeva senza  avere l’ulcera gialloviola il Mike D’Antoni mangiato dai Lakers che fanno sanguinare il cuore del nostro direttore, anche se  gli dobbiamo confessare di essere felici di aver scelto, in gioventù, i Celtics piuttosto che lo showtime angelino, e adesso lo capiamo bene vedendo Bird come dirigente, ascoltanto la rana Magic Johnson, l’unico che può gioire se uno perde il lavoro, guardando le recite dei tipi alla Kobe Bryant che hanno qualche clone, purtroppo, anche in casa Armani.

Vittorie importanti sui detentori della coppa, ma non forti come quelli che vinsero in maglia Olympiakos, successone sul Barcellona, non quello che alle finali del Forum ci sarà di sicuro contrariamente all’Emporio. Traguardi volanti per il prosciutto, per il miele, ma non per la coppa Italia. Ecco il dilemma. Per la verità solo teorico. Le avversarie possono reggere due spintoni, al terzo, come nel sumo, chi è più bravo ti fa volare fuori dal tappeto e poi  benedice con l’ulivo. La pensiamo così anche vedendo che non migliora il gioco d’attacco di chi ha tutto per dominare la battaglia nel cielo e a terra. La pressione difensiva è la garanzia che si è dato Banchi anche davanti all’utero scoperto di qualcuno dei suoi “assi”, alle entrate in scivolata di chi non sapendo mai cosa dire sceglie spesso l’uditorio selezionato per tramandare ai posteri l’operazione sottoveste, questo lungo viaggio per arrivare a mettere lo scudetto sulle canotte del re. Milano che va di corsa, che non si fida soltanto del tiro e dei solisti sarebbe al largo e forse nella finale europea. Questa finge di soffrire la gestazione. Sanno tutti che Banchi e  il suo staff, dai vice, al preparatore atletico, alla psicologa, hanno lavorato bene, ma il progresso è molto lento. Insegui le donne, la grana, dicono i maestri del giallo. Banchi lo sta facendo, ma non sempre ce la fa. Ora i suoi avversari sono fuori dal castello. Lui è protetto più del grande Toranaga. Si merita la soddisfazione, ma come il Conte tricampeon farà meglio a mettersi subito in cerca degli uomini che possono garantire all’Emporio un lungo dominio e una gloria europea più adatta adesso che il palazzone da quindicimila posti sembra  arrivare davvero.

Cinguettii nella speranza di non dover più andare a cercare indumenti invernali e pomate antidolorifiche.

Ci sembra interessante che la RAI matrigna e matrona abbia intenzione di comperare il doppio pacchetto televisivo offerto dalla Lega. Ma sarà ancora lo stesso? Nuovi sceriffi in città, direbbero i sostenitori del presidente designato.

Felici per il passaggio di San Antonio alle semifinali contro Cuban e il suo mondo, ma il Belinelli un po’ emarginato rispetto  alla corsa e ai traguardi volanti ci fa venire in mente altre cose.

Dicono che le stelle stanno a guardare. Non è vero. Prendete la nobile città di Valencia. Nella stessa giornata la squadra di basket, finalista dell’Eurocup contro il Kazan di Trinchieri, passa da un rassicurante più 32 ad un proccupante più 13 non facile da difendere in casa del Custer, mentre quella di calcio nella semifinale della seconda coppa, quella dove la Juventus non ha passato le forche portoghesi, in vantaggio 3-0 e qualificata sul Siviglia si è vista buttare fuori a 40 secondi dalla fine.

Brutta storia quella che metterà di fronte, forse in tribunale, Alberani e Calvani che l’anno scorso fecero insieme il capolavoro di Roma.

Non ci stupisce che la notizia della morte di Jack Ramsay (1925-2014), un grandissimo, sia passata in cavalleria nel basket italiano che gli deve tantissimo, come dice Sandro Gamba. Eh sì, il maestro diede le basi per la trasformazione dell’allenamento sulla difesa quando avevamo bisogno di liberarci dell’idea,  purtroppo imperante  anche oggi, che tutto deve nascere dall’attacco.

Un premio a Frank Kaminski, ragazzo di Wisconsin, che ha definito la NBA noiosa, preferendo restare nel basket universitario. Tenetelo presente per future  scelte europee.

Nel moribondo basket femminile devono avere ancora speranza se ci lavora uno come il Molino che ha portato la neoporomossa Ragusa alla finale scudetto contro la Famila Schio che domina da tanto tempo. Devono valutare queste dirette televisive proposte con il solito affetto dalla Rai e con la solita competenza da Alice Pedrazzi.

Come andrà a finire la battaglia per la retrocessione? Non dovrebbe esserci perché il finale di Pesaro ha commosso tutti, non soltanto il Valter Scavolini che, per fortuna, non ascolta più i mugugni di casa; quello che ha fatto Recalcati, appoggiandosi sul corazon Cinciarini, è uno storico capolavoro in assoluta povertà. Studiare questi fenomeni per capire come può essere la vita a distanza dai molti milioni di euro di chi è arrivato per vincere, anche se magari con tutti quei quattrini almeno altre otto società avrebbero fatto uguale, o almeno lo stesso risultato ora che hanno scoperto come la verbena senese abbia dentro qualcosa che non si può comprare o barattare.

Ultima notazione importante per nuovi giornali e progetti televisivi: le cifre sulle presenze spettatori nei campionati Gold e Silver, siamo vicini alle 800 mila. Dovrebbe risvegliare l’attenzione di chi sostiene che anche un basket così mal gestito, così garrotato dalla crisi ignorante, quella che non si rende conto che arte, sport, turismo, creano comunque indotto, ha dato segni di vita e continua a darne. Dite che dove ci sono meno stranieri e più giocatori riconoscibili tutto funziona meglio. Va bene. Allora coraggio, caro Petrucci, per non farsi dire, come  sta succedendo ad Abete, che sei un re travicello sballottato da qualsiasi furia e anche nel basket, porca miseria, stanno arrivando i Ciccillo carognone della situazione e non basta sciogliersi in lacrime per la Nazionale.

Pagelle dal Ginasio do Clube Paulistano creato da Da Rocha con Joao De Gennaro che qualcosa di italiano deve averlo.

10 A Chicca MACCHI la più estrosa fra le campionesse di Schio perché ci divertono i campioni da cui non sai mai cosa aspettarti, anche se ne diffidiamo. Lei abbraccia varie generazioni di questi talenti mai uguali da una partita all’altra. Ci viene il nervoso e adesso ancora di più perché da quando abbiamo votato Silins fra i migliori under 22 è andato a farfalle, facendoci pentire di aver creduto che lui sfuggisse alla teoria sulla volubilità dei talenti nati nella zona Baltica, anche se la scuola è reggiana.

9 Al BARON romano che avevamo preso in giro quando raccontava di allenarsi spesso al buio per rendere migliore il suo tiro. Sembrava sparito, come Roma, mangiata dalle solite gelosie interne fomentate da chi parla ai giocatori di tutto, meno che di fatica e impegno verso gli altri, ma contro Venezia ci ha messo il carico e ora Roma sembra certa del sesto posto che non garantisce pace estiva, ma almeno evita di rosicare ancora sulla finale dell’anno scorso.

8 Al Paolino MORETTI ex campione della vera Virtus che ha massacrato quello che resta delle Vu Nere in una giornata storica, quella dedicata a celebrare lo scudetto della stella. Per lui e per Pistoia il ponte play off è ancora disponibile, anche se ci dispiacerà veder perdere questo treno prestigioso ad una neopromossa come la squadra toscana o alla nuova Caserta che ha fatto davvero una stagione per costruire oltre il ricordo che pesa sempre, anche troppo.

7 Al CINCIARINI in maglia Sutor che segna 38 punti, che guida a Balaclava una squadra tradita da troppa gente. Adesso non diteci che l’anno prossimo ci saranno genietti del mercato che andranno prima a cercare qualche  straniero borioso e finto piuttosto di questo bel tipo che, purtroppo, ha incontrato tardi il suo mentore. Ma visto che Recalcati, annunciando che non resterà a Montegranaro, desidera far sapere di essere sul mercato, allora speriamo se lo porti dietro dove andrà.

6 A David MOSS incarnazione del giocatore che vorremmo sempre in una  squadra, anche se fuori quella capigliatuira rasta, quella voglia di libertà possono creare qualche problema. Per lui possono garantire tutti gli allenatori che lo hanno avuto, da dove si mangiava pane e cicoria, come direbbe Capobianco, al regno degli scudetti come sanno Pianigiani e Banchi. Ora Milano ha il suo Leonida, peccato  che non gli siano andati dietro quando c’era da fare a schiaffi per deavvero.

5 A CALVANI, che consideriamo la vittima, presicindere, e ALBERANI, che è stato sicuramente il fatto creativo determinante per la rinascita di Roma, perché ci farebbe ancora più male dell’assurdo divorzio questo combattimento trasferito in tribunale. Ora sono scesi in campo i mediatori, ci sono leggi, regole, ma è la rabbia che ha spezzato l’incantesimo ad addolorarci.

4 Allo ZAMPARINI, tornato in serie A col Palermo dopo aver mangiato tanti allenatori, se non griderà al mondo che l’uomo chiave della resurrezione è l’ex cestista Angelo BAIGUERA, bresciano, classe 1955, storia sportiva nata a Cantù, proseguita a Cremona e Brescia, finita a Trieste, musicista, ora politico. Soltanto il basket non si accorge di avere nel mondo che conta gente che vuole bene a questo sport e che potrebbe pure aiutarlo. Il Baiguera che forse troveremo nel libro di Lorenzo Sani è personaggio da calvalcare, non da guardare da troppo lontano.

3 A Travis DIENER che resta il problema per la stagione complicata del Banco Sardegna Sassari a cui certo potrebbe bastare la vittoria in coppa Italia, la piccola angoscia di dover rifiutare una carta europea per mancanza d’impianto, ma che non deve fermarsi sulla porta come  ha fatto prima d’inchinarsi all’Emporio che per vincere, rimontando da lontano, non ha dovuto fare davvero nessun straordinario, lasciando a sedere persino Gentile e Kangur. Con lui sognavamo, non ripagati, a Capodistria. Ora si ripete e questo è triste perché Sassari ha bisogno di fraternità, uguaglianza e spirito riovoluzionario come vorrebbe il Sacchetti che, finalmente, non guarda più i suoi giocatori con lo stesso occhio benevolo dell’inizio.

2 Alla REYER Venezia, giocatori prima di tutto, poi, purtroppo anche lo Zare Markoski che non ha visto le mine amaranto, per questa stagione deludente che costringerà Brugnaro a cambiare ancora rotta. Per fortuna la sua rabbia per un basket visibile lo terrà in pista ancora a lungo, adesso che pensa di entrare pure nella gestione del nuovo mensile di questo sport che aveva perduto la sua voce.

1 A Renato VILLALTA se ci dirà, ancora una volta, che i conti nella deludente Virtus Bologna di quest’anno si faranno alla fine. No. E’ già l ‘ora di decisioni che diano subito l’idea del cambiamento di sistema nel cuore della reale Vu Nera. Non ci si può far prendere in giro aspettando che le bocce si fermino là dove non avrebbero mai dovuto arrivare.

0 Agli ARBITRI se non si raduneranno per fare chiarezza perché il finale sta diventando molto inquietante. Badate bene: non per l’impatto doloroso che ha messo fuori gioco Paternicò e Banks a Varese, non per la scelta di Lamonica ad Avellino  sul fischio per il fallo volante su tiro impossibile che ha deciso il supplementare  vinto da Milano sul Vitucci di bocca buona se vede la testa alta dei suoi giocatori, più delle rimessa mancata dai “simil-lupi” a 23” dalla fine, non certo per la direzione “tolleranza zero”, anche  verso la decenza per certe scelte e certi fischi, della terna Lanzarini-Cabucci-Caiazza a Milano, ma per quest’aria  tornata un po’ rancida adesso che si arriva alla scelta delle finaliste e di chi, almeno per la classifica, retrocederà. A proposito: si deciderà il reintegro della serie A se almeno tre delle  squadre che giocano oggi hanno già fatto sapere di non potersi iscrivere al prossimo torneo?

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