Le inutili elezioni dell’Europa disoccupata

24 Maggio 2014 di Andrea Ferrari

Giulio Sapelli mi accoglie nel suo studio dove svetta il libro “Cina”di Henry Kissinger e non appena gli accenno della crisi in Ucraina mi risponde fulminante: “Se guardi Lavrov e lo metti di fianco a Kerry vedi la differenza tra uno che è cresciuto vendendo ketchup e uno formatosi nel KGB di Ponomariov. Lo stalinismo, nonostante tutto, ha creato degli statisti, le lobby americane negli ultimi anni mi pare di no e questo, da filo-americano, mi preoccupa molto”. Il professor Sapelli, docente di Storia Economica all’Università Statale di Milano e autore di numerosi saggi tra cui il recente “Chi comanda in Italia?”, non conosce la banalità.

Il mondo continua ad avere il fiato sospeso per quel che sta succedendo nell’ex impero sovietico…

“La soluzione è un’Ucraina federale con una Russia non umiliata e gli Stati Uniti non così sconfitti. D’altronde era inevitabile che i russi intervenissero in Crimea, temendo di perdere la base di Sebastopoli. Putin soffre d’isolamento perché da un lato ha la Cina e dall’altro un’Europa che vuole una politica energetica ostile alla Russia, vedi gli attacchi demenziali al South Stream. Certo, Putin è un militare autocratico che si fa eleggere, ma almeno prova a fare gli interessi della Russia.”

A proposito di energia, si parla sempre più dello shale gas come se fosse una manna dal cielo.

“Lo shale gas che presuppone il drilling orizzontale ha molte più prospettive negli Usa che in Europa anche perché la Common Law americana pone meno paletti ad un’attività del genere. Quindi oggi non è certo la soluzione per i problemi energetici dell’Europa. Molti santoni si riempiono la bocca senza sapere che dall’America arriva ancora il carbone ignorando quanto sia ancora arretrata l’Europa dal punto di vista energetico. Basti dire che un quarto dei polacchi si scava ancora il carbone da sé e lì il fenomeno delle miniere clandestine è diffuso come in America Latina. Il problema in futuro semmai sarà un altro”.

Ovvero?

“Nel 2050 l’acqua sarà più preziosa del petrolio e dato che il fracking ne ha bisogno in grande quantità e ad alta pressione chiedo: dove si prenderà tutta quest’acqua? Dalla desalinizzazione? Sarebbe un cane che si morde la coda perché per far funzionare i desalinizzatori ci vuole il gasolio, a meno che non si pensi di farli andare facendo pedalare le migliaia di nostri giovani disoccupati…”

Veniamo all’Italia, come giudica le prime mosse di Renzi.

“Va premesso che non essendoci elezioni nazionali alle porte, bisogna inquadrare la situazione in una prospettiva internazionale: Renzi è stato scelto dagli Stati Uniti in ottica anti-tedesca dal punto di vista di politica economica. Quello che è stato fatto negli anni ’90 per mano della magistratura non si fidano più a farlo e allora han pensato a un cambio politico stante il fatto che ora è possibile farlo senza bisogno delle elezioni. Lo stesso Padoan è un tecnocrate che viene dal FMI e quindi non è appiattito sulle posizioni degli eurocrati e della Merkel.”

Il suo governo arriverà a fine mandato?

“Stanno iniziando a mettergli i bastoni tra le ruote, d’altronde anche Renzi è un po’ un anti-establishment come il Berlusconi degli inizi e la stessa magistratura inizia a metterlo sotto tiro. Tuttavia le sue fortune dipenderanno molto dagli Stati Uniti e da come si uscirà dalla crisi in Ucraina.”

Intanto la disoccupazione continua a crescere.

“È il frutto della distruzione della domanda interna. Come diceva un grande economista come Pasinetti: distruggere la domanda effettiva è molto più facile che ricostruirla. Negli ultimi 15 anni abbiamo perso circa 20 punti di PIL. Un tempo, aldilà della scuola di pensiero accademico d’appartenenza, l’economia che andava bene era quella che creava lavoro, ora non è più così. Il dato sulla disoccupazione dovrebbe preoccupare in primis gli imprenditori perché, oltre a far venir meno la domanda, crea i presupposti per una vera disgregazione sociale che finirà per colpire poi l’impresa.”

Quindi che fare?

“Ormai le soluzioni non sono più a livello nazionale e quindi è la politica economica a livello europeo che deve diventare leggermente inflazionistica visto che d’inflazione in giro non ce n’è e anzi gli stati in crisi sono in una situazione di deflazione di fatto, il che significa meno margini per le imprese, prezzi in discesa e persone che comunque non consumano perché hanno paura e persino i poveri tesaurizzano. C’è anche il rischio concreto che i celeberrimi 80 Euro decisi da Renzi vengano messi da parte invece che esser spesi.”

Per fortuna che si vota per l’Europarlamento…

“Eleggere i parlamentari europei non serve a niente fintanto che è la Commissione ad avere il vero potere. Tra l’altro non ho sentito dal candidato socialista (in teoria più incline a metodi più democratici) Schulz alcuna proposta per una riforma che vada in tal senso. Probabile che ci sarà un parlamento pieno di ringhiosi “neocesaristi” come Le Pen e Grillo, non definibili populisti se si ha un minimo di conoscenza delle dottrine politiche, che però non incideranno visto che i vari commissari li scelgono i governi nazionali.”

L’Unione Europea quindi è salva?

“Sì, innanzitutto perché è difficilissimo smontarla e poi tornare indietro scatenerebbe una serie di svalutazioni competitive contrapposte, inoltre è negli interessi di Stati Uniti e Cina il fatto che continui ad esistere. Certo che non si può continuare ad avere il 50% di disoccupati tra i giovani dell’Europa del sud altrimenti il rischio di una conflittualità crescente è concreto.”

Sempre a proposito di Europa ci attende un autunno movimentato coi referendum sull’indipendenza di Scozia e molto probabilmente della Catalogna. Vedremo una ridefinizione dei confini?

“Ci saranno delle tensioni, ma non dobbiamo spaventarci perché abbiamo già visto la divisione della Cecoslovacchia svoltasi senza spargimento di sangue e il Belgio non s’è diviso solo perché hanno un monarca che gode ancora di buon prestigio, cosa che non si può più dire di Re Juan Carlos in Spagna, di cui conobbi i consiglieri Suarez e Carrillo ai tempi in cui m’occupavo di portare clandestinamente i soldi agli anti-franchisti. Se la monarchia spagnola godesse ancora del prestigio che aveva 20 anni fa si sarebbe potuti arrivare ad una federalizzazione più spinta. Resta il fatto che così come si son formati, gli stati si possono anche dividere. La storia dell’Europa non è finita.”

Quindi sì al diritto di voto per chi chiede l’indipendenza?

“Certamente. Vale il principio di maggioranza, come insegna Ruffini. Vi siete mai chiesti perché le grandi nazioni non celebrano la data dell’unità? Qualcuno si ricorda quando è stata fondata la Francia? Lì si festeggia la presa della Bastiglia, non la data dell’unità…”

A proposito di paesi in ebollizione, che ne pensa di quel che sta succedendo in Venezuela?

“In Venezuela è in atto la giusta rivolta della classe media colpita da un partito populista che ha al suo fianco i più poveri e che sta attuando una politica petrolifera suicida oltre ad aver stretto una sciagurata alleanza con Cuba. Naturalmente a guidar la protesta ci sono gli studenti, che da sempre sono i portabandiera della democrazia nell’America Latina, ma purtroppo se ne parla poco perché qui da noi c’è una parte della sinistra, anche nel PD, che ha ancora il mito di Cuba.”

E a proposito di populismo non si può non accennare all’Argentina con il governo che è arrivato a truccare i dati sull’inflazione.

“Ecco, la situazione in Argentina fa capire quanto possa esser profondo e dannoso il populismo e di come quelli che ne parlano a proposito della situazione in Europa dovrebbero sciacquarsi la bocca perché non sanno quel che dicono. I coniugi Kirchner in Argentina son riusciti a rovinare persino il mercato della produzione della carne, sia come qualità che come quantità…”

Ad inizio intervista ha accennato all’inchiesta di “Mani Pulite”. Poche settimane fa è scomparso Gerardo D’Ambrosio, un protagonista di quella stagione.

“D’Ambrosio fu un uomo di eccezionale indipendenza perché ebbe il coraggio di assolvere Calabresi. Per me lui ha rappresentato nel modo migliore lo stato repubblicano. A quei tempi ero ancora iscritto al PCI e e ricordo di come in quel periodo così difficile il partito seppe tenere la barra dritta nonostante venisse sputacchiato dai vari Sofri, Lerner, eccetera”

Renzi ha promesso di togliere il segreto di stato sugli anni di piombo e di recente si è tornato a parlare del rapimento Moro dopo le rivelazioni di un ex agente sul presunto aiuto dei servizi segreti italiani alle BR.

“Certe rivelazioni a distanza di così tanti anni mi sembrano solo dei messaggi che servono a qualcosa o a qualcuno. Il caso Moro va inquadrato all’interno dello scontro tra le grandi potenze. Che l’Unione Sovietica fosse dalla parte dei brigatisti mi pare evidente. Dove si addestravano i brigatisti, in Giamaica o in Cecoslovacchia? E poi voglio dire una cosa che scandalizzerà molti.”

Prego.

“La verità non la sapremo mai ed è meglio così. I segreti di stato devono rimanere tali. Magari fra un paio di secoli se rimarrà qualcosa degli archivi sovietici e americani. Senza dimenticare quelli inglesi. Tra l’altro senza il ruolo dell’Inghilterra e della sua Massoneria, l’Italia non sarebbe neanche nata. Se facessimo un elenco di coloro che vanno ogni tanto all’ambasciata inglese capiremmo quanto sia ancora rilevante il loro ruolo”.

(Intervista di Andrea Ferrari, in esclusiva per Indiscreto)

 

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