Un hamburger da doppia fila

23 Maggio 2014 di Stefano Olivari

HAM HOLY BURGER – via Marghera 34, Milano (MM De Angeli) – Telefono: 02 36706382 – Sito: www.hamholyburger.com

Via Marghera non è più quella di una volta, quando il doppio senso di marcia rendeva la marcia stessa uno sport estremo, nella via con la più alta percentuale di auto in doppia fila del mondo, che tale è rimasta. E i vigili che con qualsiasi amministrazione (socialista, leghista, forzitalista, comunista) mantengono una loro coerenza di fondo: non pervenuti. Però è lo stesso vitale e ogni tanto propone locali interessanti, anche in generi non proprio originali.

È il caso di HAM, il secondo aperto in città dalla catena napoletana (la stessa di Rossopomodoro, che ne ha anche a Roma) dopo quello inaugurato in via Palermo nel 2011, che come manifesto programmatico ha l’hamburger di qualità. La carne, a detta di chi la mangia, è infatti di livello superiore non solo rispetto al Mc Donald’s della situazione ma anche alla quasi totalità dei ristoranti che propongono hamburger: razza piemontese, presidio Slow Food e tutte queste cose da ‘eccellenza italiana’ che a scriverle fanno tanto Oscar Farinetti (a proposito: il migliore spot contro Eataly è stato vedere la famiglia Moratti fare lì la spesa, immortalata da Vanity Fair). Si ordina direttamente dall’iPad (ogni tavolo ne ha uno, non è che ve lo dovete portare) e la cosa può non essere adatta alla vecchina o a quelli come noi per i quali lo sviluppo tecnologico si è fermato all’Intellivision. I camerieri sono comunque gentili e collaborativi, cosa che dovrebbe essere scontata ma che nella terra dei cachi non lo è.

Tutti gli hamburger gourmet meritano una prova, da parte di chi mangia carne. Quello che fra i nostri amici ha riscontrato più successo è il Beatburger: hamburger di sola carne, con guanciale alle erbe, funghi alla brace, caciocavallo silano, radicchio, salsa al miele e pepe verde. Noi possiamo giudicare di persona solo il Freeburger: hamburger di seitan, melanzane alla brace, pomodori e maionese al basilico. Non solo buonissimo, ben lontano dalla tristezza secondo alcuni evocata dal seitan, ma anche privo di quel bombardamento di cipolle e aglio industriale che nei prodotti vegetariani italiani sembra diventato uno stupido obbligo. Non che sia matematico o anche solo probabile limonare (volevamo usare questo termine, caro all’ormai blindato e ‘pleddizzato’ Erminio Ottone: nella sua dispensa attuale troneggiano capelli d’angelo e tempestine) dopo avere mangiato un hamburger, ma di solito questo scenario va escluso in partenza. All’Ham no, quindi bene. Come positiva è la sensazione di non avere partecipato a un cenone, tipica di altri locali dello stesso genere. E i vestiti non sanno di fritto o di cucina…

Da provare assolutamente anche le patate, sia nella versione Fries Chips, tagliate a mano a sfoglia, che in quella Gourmet, cioè tagliate a spicchi: presentate bene, in un secchiello, con cinque salse diverse. Code il venerdì e il sabato sera, ma basta non andarci il venerdì o il sabato sera. Tutto compreso si viaggia sui 16 euro a persona, che paghiamo sempre volentieri. Voto di Indiscreto, come al solito basato solo sul rapporto qualità prezzo: 8. (Ultimo conto pagato il 22 maggio 2014)

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