I favori che ci ha fatto Chivu

2 Aprile 2014 di Dominique Antognoni

Ultimo articolo di Indiscreto su Cristian Chivu, chi non è interessato può anche non leggerlo (del resto qui non si paga e non si viene pagati, un po’ come ormai avviene nei giornali veri). Tranquilli, non parleremo di lui in quanto calciatore: non avrebbe senso, visto che nemmeno ci ricordiamo l’ultima partita da lui giocata. Però, alla faccia di chi ci considerava il suo ufficio stampa (accadeva anche con Mutu. Lucescu e altri romeni, se è per questo: come se un italiano residente in Romania fosse considerato amico di Totti o Buffon solo per il fatto di essere italiano), evitiamo la retorica post-ritiro e raccontiamo alcuni episodi, partendo da un dato inequivocabile: mai Chivu ci ha dato qualcosa, a meno che non abbia effettuato i versamenti su un IBAN sbagliato. Nulla, nemmeno un caffè: qualche strappo con la macchina a casa e basta (Milano a mezzanotte, in macchina con un calciatore del Triplete: favoloso, ma non ci si pagano le bollette). Che sia chiaro: giusto così.

È però vero che in Romania (e non solo lì) si usa molto chiedere soldi ai calciatori e agli allenatori in cambio di articoli esaltatori. C’è ancora in essere a Bucarest un processo dove proprio Chivu è stato chiamato a testimoniare: un noto conduttore tv (guadagna minimo 15.000 euro al mese) è accusato di aver domandato dei danari per ‘offrire’ servizi e commenti in positivo (in Italia invece questo accade a prescindere, per puro servilismo). Agli atti c’è perfino la testimonianza di un patron, il quale avrebbe regalato 50.000 al conduttore per il simpatico motivo che “mi faceva pena”. Poi la Romania sarebbe un paese  povero…

Sorvoliamo e torniamo indietro del tempo, per l’esattezza al 2006. Chivu da anni desidera giocare con i nerazzurri (doveva arrivarci già nel 2002, ma l’uomo verticale ma non troppo Cuper disse no perché tremava all’idea di mandare in panchina uno fra Cannavaro e Materazzi), gli piace da matti Mancini. Lo conosciamo in occasione di una intervista, in cui ci racconta proprio questo. Vuole lasciare la Roma e ci chiede il modo giusto di farlo sapere all’Inter. A noi! Fra le persone che all’Inter contano l’unica che conosciamo è Giacinto Facchetti. Il quale ci dà appuntamento negli spogliatoi di San Siro prima di un Inter-Roma. “Noi stiamo per acquistare Kompany, però se Chivu vuole venire allora prendiamo lui”, la sintesi di ciò che ci dice Facchetti. A quel punto arriva come una furia Paolo Viganò, ai tempi capo della comunicazione e ora avvistato fra i tavoli in un ristorante periferico di Milano (un tris di primi, grazie), dopo sfortunate esperienze nel marketing di Varese e Como (il marketing di Varese e Como!), a quei tempi convinto di avere più poteri di Ceausescu nella Romania degli anni Ottanta: “Non potete stare qui, i giornalisti non possono entrare negli spogliatoi”. Facchetti lo guarda stranito e schifato, poi se ne va. Noi riferiamo a Chivu la disponibilità dell’Inter e lui mette in moto il suo procuratore (che in un mondo normale avrebbe dovuto lui fissare l’appuntamento con Facchetti). Morale della favola? Chivu firma per l’Inter, a noi nemmeno un grazie. Per la cronaca, anche Costacurta e Maldini lo volevano come loro erede e glielo avevano fatto sapere personalmente. Ma siamo comunque stati contenti di avere dato un piccolo contributo a farlo arrivare da Mancini, persona di qualità come ce ne sono poche nel calcio e ovviamente anche nell’Inter.

Come se non bastasse i due fratelli Becali, successivamente imparentati con il giocatore, invece di abbracciarci perché abbiamo portato nelle loro tasche fiumi di soldi iniziano a condurre sui media romeni una guerra inspiegabile contro di noi. Una guerra diventata folle quando, cinque anni dopo, Chivu pare pronto per andare al Liverpool a fine contratto. I fatti: Cristian si sente offeso, trascurato, tradito perché Moratti non intende proporgli un nuovo accordo a cifre folli come i 5,5 milioni del primo contratto (come dargli torto?). Noi e una grande firma lo facciamo sapere a Moratti, che lo convoca per una discussione a quattr’occhi, senza Branca e senza Becali. Morale? Chivu rinnova, Becali ci insulta in tutte le trasmissioni tv (avevamo scritto e detto che a questi livelli un calciatore non può presentarsi con un agente tamarro che faceva letteralmente schifo al petroliere), l’Inter ci toglie l’accredito a San Siro per quattro mesi. Si è parlato di un atto di lesa maestà contro Marco Branca, bypassato nella trattativa. Vero o falso, sta di fatto che per Inter-Novara, Inter-Palermo e altri super match Viganò ci risponde con lapidari messaggi del tipo “I posti nella tribuna stampa sono esauriti”. Stesso trattamento per il direttore di Indiscreto, associato a noi nella mente un po’ confusa di questo ‘direttore contro la comunicazione’. Mandato a casa lui i posti sono improvvisamente tornati disponibili, anche per le partite contro Juventus e Milan. In tutto questo da Cristian nemmeno un grazie o una parola di conforto.

Non abbiamo mai capito l’atteggiamento del giocatore, di sicuro da quel giorno non abbiamo più avuto alcun rapporto con lui. C’è chi sostiene che evitasse di ringraziarci su consiglio dei Becali, chi più semplicemente e forse più a ragione dice che i calciatori siano così e basta. Una donna influente, che ben conosce il mondo dei giocatori, ci ha sempre ammonito: “Guarda che loro pensano solo ai soldi, altro che amicizie. Loro hanno due sole divinità: l’agente e il patron di turno”. Sacrosanto. Da allora abbiamo perso il rispetto (di lei) e quasi il saluto. Non siamo abbastanza vincenti, un vincente deve tirar fuori soldi da ogni amicizia o almeno allungare la mano. Aveva ragione questa nostra amica, quasi inutile sottolinearlo. Siamo quindi diventati gli zimbelli di tutti i conoscenti, perché in casi del genere solitamente si passa alla cassa. Ma all’epoca, purtroppo, ci consideravamo giornalisti che facevano un favore a un amico.

La delusione è per il fatto che i calciatori, anche quelli intelligenti come Chivu (non parliamo poi dei cretini), non sanno distinguere le persone educate da quelle invadenti. C’è una fila infinita di questuanti che ogni santo giorno chiedono soldi a Chivu e a qualunque calciatore di successo. E’ un atteggiamento che consideriamo disgustoso, ancor più disgustoso è vedere persone rifiutate che iniziano a spargere veleno sul giocatore. Basta non regalare danari e diventi un poco di buono. “Gli abbiamo domandato un aiuto e non ci ha nemmeno risposto” e discorsi del genere. Peccato che nei casi in cui ha detto “sì” sia stato preso per i fondelli. Qualcuno nella sua città natale, Resita, gli ha chiesto 30.000 euro per acquistare un prato sintetico. Com’è poi andata? Questi cialtroni hanno acquistato un prato di seconda mano pagando 15mila euro, tenendosi la differenza. Chivu osa dire che non ci si comporta così ed eccoli: “Tutto questo casino per 30.000 euro, quanto se lo tira Cristian”. Già. Mancava urlargli dietro “Barbone”.

Ad un certo punto volevamo scrivere la sua biografia, del resto ne abbiamo lette su calciatori molto più modesti di lui. Lo apprezzavamo come non avevamo mai apprezzato un giocatore, soprattutto dopo i sacrifici fatti all’Inter: testa rotta, spalla rotta, dito rotto, legamento rotto. Più del suo valore in campo ci piaceva la sua forza d’animo nel resistere a una infinità di infortuni, grandi e piccoli, senza lamentarsi. Vederlo tornare a casa zoppicante dopo una partita per noi valeva più di una grande giocata. Siamo stati fra i primi ad essere amici della moglie, Adelina (conosciuta in quanto giornalista della tivù romena), ancor prima che diventasse la signora Chivu. Tant’è vero che raccontò a noi per primi quando fu chiesta in moglie, nella stanza dell’hotel Melià a Milano, dove agli inizi abitava il giocatore prima di trasferirsi in Corso Magenta. Dopo un malinteso legato ad una intervista non ci ha più parlato nemmeno lei o l’ha fatto malvolentieri. No problem. Continuiamo a considerarli una coppia perfetta.

A proposito. L’altro ieri dopo avere appreso del ritiro abbiamo inviato un messaggio con scritto “Siamo fieri di averti conosciuto e di averti esaltato, forever Cristian Chivu”. Non ci ha risposto. L’unica consolazione è che per un po’ di anni i Becali non ci insulteranno: sono in prigione per evasione fiscale.

Share this article