Marameo Sacchetti

10 Febbraio 2014 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dal maso di Armin Zoeggeler a Foiana, frazione di Lana, burgraviato del Trentino Alto Adige, per scoprire dalla moglie del nostro portabandiera olimpico, l’uomo delle medaglie, se davvero parla più con la sua slitta che con lei o i cavalli che difende dal freddo. Perché lassù? Per riflettere e se avessi potuto avrei portato con me Romeo Sacchetti che è arrivato al primo cielo in una storia sportiva che andrà finalmente raccontata, Marco Crespi, pure lui viandante dei canestri con un’anima speciale e poi Massimiliano Menetti il friulano che ha esplorato le miniere della Reggio Emilia cestistica e ha trovato una risposta all’imborghesimento di chi gira in cestopoli aspettando sempre e soltanto l’ora degli aperitivi come dicono, ancora una volta, i tifosi di Milano furenti nel trovare gente che balla anche dopo aver danzato fuori tempo, da bullo, per alterigia, presunzione, dove sono pagati così bene per vincere prima che tutto diventi deserto intorno. Tre allenatori che hanno dato un senso alla Fiesta della coppa Italia, vera fiera di questo gioco, con nani, ballerine, ma anche gente con passione speciale. Sopportando gli afrori del Forum di Assago ci siamo resi conto che esiste davvero un abisso fra chi ama cercando soltanto una carezza e chi non ci riuscirà mai. E lo si è visto nella stessa anima organizzativa, quella paludata e quella speciale della banda Colombo.

Portare fuori dalla cava dei dinosauri dove il padre spaccava le pietre il Romeo Sacchetti che da domenica 9 febbraio 2014 ha aggiunto alla croce di cavaliere per meriti sportivi come giocatore questo diamante che si chiama coppa Italia, ma si è portato anche in un territorio infido di superstizione come direbbe il professor Dido Guerrieri, uno dei suoi grandi maestri, perché il “regolamento etico”(?) di coppa lo ha obbligato a lasciare il suo caro asciugamano da spalla per una cravatta e il fazzoletto da taschino. Caro Meo te li tieni anche nel play off del grande caldo quando, ricordalo bene, hai invitato tutti nella tua casa di Sassari per una grigliata e sai che Villalta, nel basket day dove mancava, senza stupirvi, soltanto Marzorati, sempre assente ingiustificato, ti ha preso in parola anche perché spera davvero di arrivarci ai playoff con questa Virtus purificata a cui fanno dispetto tutti, troppi infortuni seri, anche adesso che si è schierato all’opposizione sulla presidenza di Lega data dalle società a Minucci. Leale, nel solco della scuola del grande avvocato Porelli, ha detto come la pensa dal primo giorno e il suo voto è stato contrario come quello di Roma come hanno dovuto ammettere i legaioli che parlavano invece di voti nulli. ”L’opposizione- dice Renato dalla sua caverna dove vede ombre del passato che ancora insegnano e uomini finti – ha un senso se è costruttiva. Buon lavoro a Minucci”.

Averne di oppositori che almeno parlano chiaro e non borbottano soltanto in ascensore o fanno capire che non potevano fare in modo diverso. Se lo ricordi il capitano Ferdinando quando comincerà il lavoro per tutti dopo quello straordinario per la Mens Sana che ha abdicato come devono fare le grandi società tormentate dalla crisi: battersi con i pochi lanceri rimasti, battersi fino a che gli agnelli non diventano leoni anche se questa volta è andata male. Al terzo giro di grappe in casa Zoeggeler ci hanno chiesto perché non siamo andati, invece, a Gais da Innerhofer l’argento di una libera da brividi: non sarebbe stato il nostro ambiente, nè quello dei tre allenatori usciti sul carro dei giusti al Forum. Il simpatico Christof ci avrebbe ricordato che lo sport moderno utilizza i campioni anche per la pubblicità in mutande, li fa sfilare tropo spesso e se capita che qualcuno riesca a vincere lo stesso non è detto che agli altri piaccia una vita di solo sacrificio, bocca chiusa, sudore in palestra.Eh sì. Al maso degli slittini avremmo portato anche il Furino che resta davvero l’incarnazione della vita di un mediano come l’Oriali. Pure lui non dimentica perché certe storie si ripetono, come Sandro Gamba che è anche il padre putativo di Romeo Sacchetti.

Non trovate strano che la Juventus già certa dello scudetto abbia ascoltato Conte che dopo aver visto la rimonta del Verona ha abolito il giorno di riposo? Tutti al campo. Riflettere, Confrontarsi. Luca Banchi, che non è certo uno abituato a guadagnarsi il pane facendo lavorare gli altri e sedendosi in sala video, ha deciso invece che il suo Emporio dovesse restare chiuso un paio di giorni anche se in programma c’è la trasferta di coppa in casa del Barcellona avvelenato per aver perso la coppa del Re all’ultimo secondo contro il Real grazie alla fantasia di Llull. Certo se il presidente minimizza lo schianto, tipo la barzelletta della ragazza soltanto un po’ incinta, ci fa sapere che esistono ancora due obiettivi importanti da raggiungere, ma dai, forse è stato giusto separarsi qualche ora, peccato che non tutti siano rimasti chiusi a meditare, a smaltire, e qualcuno, lo dicono i tifosi infuriati attraverso i loro video, ha dovuto smaltire ben altro e si sa che certi diventano più cattivi se alzano il gomito anche fuori dal campo. Comunque sia teniamoci il bello della Coppa così come la si deve vivere e il venerdì santo delle 4 partite resterà nella mente per la notte dei vampiri dove Reggio e Sassari hanno morsicato le belle esmeralde di Lombardia. Cantù è crollata con il cascolo renale che ha afflitto Sacripanti, da quel giorno giocatori fuscello sono diventati canne al vento e lo si è visto bene.

Terra di caccia per le imminenti manovre dove il Mattioli comanderà al suo cuore di marciare ai tempi giusti: basta esilio in montagna dove aveva giurato di rimanere dopo la garrota al lombardo Maifredi, quando lui, Valsecchi, i petrucciani di Roma, in tempi dove serviva più compattarsi che farsi commissariare, anche se poi è arrivato Meneghin a cui la dirigenza olente ha dato tutto meno gli uomini e i mezzi per governare nel nome del basket, in giorni dove era giusto discutere tutto, ma fra gente che ha in testa il bene comune, non la gloria personale o il sogno del balivato come siamo arrivati ad avere oggi. Lombardia terra di buona memoria se in un giorno di pioggia, di pensieri tristi, i “fioeu” del compianto Trombetta, della grande Varese roburina e del sogno Borghi, e anche quelli di Milano, sono andati a Niguarda per consegnare a Gianni Asti, in battaglia per tornare a vedere il suo basket, il riconoscimento federale per la casa dello gloria. Ci voleva un Cappellari d’annata per radunarli tutti, ma alla fine ci sono riusciti ad invadere la casa del dolore e a collegarsi con Roma dove Gianni Petrucci ha fatto commuovere il vecchio leone dagli occhi che ancora vedono oltre il talento, la timidezza. C’era confusione nella sala fra gente che dimenticava le flebo per stupirsi davanti a quei giovanotti “inscì alt”. La banda di sempre, in vena di scherzi con Ossola capo misterioso della setta dove Dodo Rusconi (farlo uscire dal suo maso è più difficile che far parlare Zoeggeler) era spesso il boia e Meneghin a metà strada fra patibolo e terrazza reale. Poi gli altri della Robur, il Roberto Gergati dal furore mai spento e l’Armindo, Armando Brambilla Crugnola (perché Brambilla? Quei maghi del Cus Milano ai tempi di Sales e Viganò nascondevano il nuovo arrrivo per le finali degli universitari con questo giochetto), poi il cugino Guido Saibene allenatore della sua scuola. Adalberto Tessarolo e Pelitti. Altri c’erano in spirito, altri hanno fatto finta di non sapere. Mondo nostro.

Torniamo alla coppa Italia delle beffe dove Pianigiani ha fatto il sermone della montagna ad arbitri e a giovani allenatori. Avrà visto anche lui cosa non funziona, si sarà domandato pure lui perché gli arbitri che hanno chiesto di lavorare duro con i metodi Cuzzolin accettano le purghe interne per mancata genuflessione, accettano tutoni vistosi loro che per vocazione, ma non è mai stato così per troppi, dovrebbero essere invisibili. Pianigiani col muso per questa demenzialità FIBA di far giocare quattro, sei partite in qualificazione europea. Da ridere. Ma il basket è in mano ai maghi delle wild card, checcefrega dicono in romancio se Italia e Russia sono fuori dal mondiale e (per puro caso?) sono anche nel mini girone di qualificazione. Bravi. Avanti così. Ora Pianigiani insista per quei viaggi americani con i giovani che tanto bene fecero al movimento quando dirigevano Rubini e Gamba. Ci servono partite, esami veri.

Chiusura sul troppo accumulato nel viaggio dentro la coppa Italia che è un po’ come le linee wi non so che del Forum: su e giù, connessi e disconnessi come avrebbe detto Renato Zero andandosene il giorno in cui arrivavano le squadre ad Assago. Ci ha dato felicità la finale Sassari-Siena perché si affrontavano due figli di una scuola altissima che hanno dato un senso ad ogni cosa: ci dispiace dirlo per gli invidiosi, ma il Crespi è proprio nato dalla migliore costola di Boscia Tanjevic, l’ultimo grande orco con l’oro in mano sotto il Duomo, oltre che della vera Olimpia orfana di titoli dal 1996 e sarà per questo che lo hanno respinto sulla porta di casa quando Banchi aveva proposto di riformare a Milano la coppia scudetto di Siena. Ci addolora far sapere che il Romeo Sacchetti dalle cento vite, campi profughi, viaggi strani, nascita cestistica nella culla piemontese di Asti dei De Stefeno, poi diventato socio del Guerrieri social club a Torino, passando per la Bologna di Lamberti al Fernet Tonic governato dal papa Piero Parisini, il nostro dolore mai dimenticato come quello di Porelli, è nato veramente come uomo da dimensione internazionale ascoltando, lavorando con Sandro Gamba di cui fu scudiero a Mosca ‘80 e Nantes ’83 e e anche un po’ con Riccardo Sales che gli diede il soprannome di Nureyev perché lui, così ingombrante, con quei polpaccioni, quando era sul campo sembrava davvero una stella della grande danza. Per Meo una telefonata anche dal Venezuela dove il presidente della repubblica Josè Mujica, uno che lo fa per 900 euro al mese (Si può? Sembra di sì), ha voluto festeggiare con questo sosia nato casualmente ad Altamura, anche se il comune lo ricorda fra i cittadini illustri come allenatore (come giocatore azzurro oro europeo e argento olimpico no?) negandogli però una vacanza con la splendida segretaria che tutto il mondo invidia al presidente che ha liberalizzato anche la Maria Giovanna. Pagelle per ridere insieme.

10 A SACCHETTI, CRESPI e MENETTI per averci regalato momenti bellissimi con Sassari, Siena, quello che è rimasto, Reggio Emilia, e al quasi emarginato arbitro SAHIN. Ma come? Non ha diretto neppure una gara. Ecco, volevamo dire proprio questo aspettando le solite banali scuse del sistema per aver fatto fuori uno dei più bravi.
9 A Brian SACCHETTI che con DEVECCHI e VANUZZO rappresenta davvero quello che è stata Sassari in questa cavalcata verso il grande risultato. Dire che non è da maglia azzurra è da piccole menti. I progressi si vedono oltre quei mefitici tatuaggi.
8 A SARDARA, presidente della DINAMO, allo staff della società sarda sposnsorizzata dal Banco di Sardegna però, eccellente perché fatto da competenti e credenti, per aver organizzato i charter della speranza in una notte, per aver portato subito la coppa nella curva dove avevano segregato i tifosi veri, quelli che applaudono tutti e amano persino gli avversari.
7 Alla GRISSIN BON per aver portato al campo il presdidente di Confindustria Squinzi amante del basket dai tempi delle Scarpette Rosse, quelle vere, per averci fatto vedere sul campo che una scuola seria come il vivaio reggiano può avere protagonisti anche in avvenimenti importanti. Non avevano niente da perdere, ma sono stati bravi e questo gruppo nato dopo il 1990 è già patrimonio della società, basta affiancarlo con stranieri che abbiano un’anima alla White, o talenti come Cinciarini.
6 Ai TIFOSI di SIENA che nel canto d’addio per la coppa Italia ci hanno ricordato che dove nasce la Verbena rinascerà qualcosa anche dopo questa carestia che ha portato via quasi tutto, non lo spirito di chi lavora per la Mens Sana ed è e sarà sempre orglioso di farlo anche quando verranno vacche più magre di queste.
5 Al BARGNANI irritante che, nel bel servizio di Fanelli sui ragazzi italiani d’America mandato in onda dal Mascolo vero regista della bella squadra RAI di coppa, cercava di spiegarci perché New York è New York e Toronto senza di lui è quasi certa dei play off. Non è antipatia, ma soltanto irritazione per chi non sa entrare nella parte con la faccia giusta, come direbbe Clooney.
4 A OSSOLA e DODO RUSCONI, benedetto sia per sempre il loro talento, perché anche all’ospedale di Niguarda non sono riusciti a trattenersi e hanno fatto diventare una corsia di dolore uno spogliatoio dei tempi in cui coi giocatori scherzavi, potevi fare dell’ironia senza vederti girare le spalle dagli interessati e dai poveri parenti. Gianni Asti li conosceva e per questo ha cercato di togliersi subito la flebo prima che cominciasse la danza intorno alla testa e al naso di Meneghin.
3 A Gianni PETRUCCI per essersela presa troppo quando ha scoperto che non tutti i favorevoli al ritiro dalla fiera wild card erano ancora dalla sua parte quando si è scoperto che eravamo davvero stati carenti come intelligence, come peso politico nella Fiba dei sargassi verde dollaro. La critica, se costruttiva, aiuta tutti a diventare migliori e si fa squadra anche litigando.
2 Alla ROMETTA vista in coppa Italia che ha sbagliato approccio mentale, tradito quella che era e deve essere il loro vero manifesto: brutti sporchi e cattivi. Alla CANTU’ sbriciolata dalla presunzione.
1 Alla REYER che non riuscirà mai a spiegarci cosa vuol dire investire su tipi come Aaron Johnson che, magari, sarà meglio di quello visto al Forum, ma non rappresenta progresso per squadra e sistema. Così come non è progresso ribellarsi a Brugnaro perchè “era lui il primo ad insultare Treviso non tanto tempo fa “ (voce del coro). E adesso che ha capito e forse si è pentito cosa fate, gli girate le spalle? E poi cosa dire dello striscione ‘Passione è liberta’? Liberta di offendere gli avversari?
0 Alla FIBA che confonde le idee come ai tempi in cui ha costretto Porelli e Portela ad inventarsi l’Eurolega che ora manda avanti alla grande il Bertomeu a cui affideremmo davvero il futuro della federazione europea in generale, anche se non siamo sempre d’accordo con tutti quelli che gli svolazzano a sorridono intorno.

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