Abbonàti al Romanista (a nostra insaputa)

29 Novembre 2013 di Stefano Olivari

Un argomento che i giornalisti affrontano malvolentieri è quello dei contributi pubblici all’editoria, senza di cui il 90% di loro dovrebbe trovarsi un altro lavoro. Ma senza di cui, soprattutto, i loro editori dovrebbero pagarsi annunci pubblicitari sui media sani per poter mandare i loro messaggi trasversali. Anche nell’ultima legge di stabilità sono comparsi come per magia 120 milioni di euro da riservare ai contributi diretti, cioè versamenti veri e propri di denaro nella casse di editori che già beneficiano di sgravi fiscali e possibilità di scaricare i loro fallimenti sulla collettività. Ma a chi vanno questi contributi diretti? Non ai giornali tipo Corriere della Sera o Repubblica, nonostante la vox populi dica il contrario (al di là del fatto che noi si pensi il peggio di questi due quotidiani e dei loro azionisti di riferimento), ma a una serie di realtà medie o piccole che corrispondono a ben precisi bacini di consenso.

Prima di tutto le cifre, quelle ufficiali del dipartimento per l’editoria del Governo che sono disponibili in forma completa solo fino al 2011. Le categorie dei mantenuti di Stato sono molteplici. C’è quella dei giornali editati da cooperative: qui colpiscono la presenza del Foglio berlusconiano, proprio il giornale di Giuliano Ferrara dove hanno scritto tanti sedicenti liberisti e anche il mandante di un omicidio, con 2.251.000 euro di elargizioni, mentre era scontato il primato del Manifesto con 2.598.000 euro (arrotondiamo per difetto gli spiccioli): quando c’è da scroccare, usando qualche scusa etica, i comunisti (si definiscono loro così, non è un insulto) sono sempre in prima fila. Nel 2011 al Romanista lo Stato, cioè noi che lo paghiamo, ha regalato 691.000 euro: l’interesse pubblico per sapere dell’elongazione di Totti e delle offerte per De Rossi è indubbio. Titolo dell’editoriale dell’altro giorno: ‘La Roma è forte e vincerà’. Un simile contributo al progresso del paese va finanziato, se no c’è la fuga dei cervelli… Felici comunque di essere abbonati al Romanista, come Scajola a nostra insaputa. Qualcuno ha mai sentito parlare del quotidiano milanese La verità per sport?. Be’, complimenti a chi lo gestisce perché nel 2011 ha ricevuto 1.117.000 euro. Del resto tutti in metropolitana vediamo ogni giorno persone immerse nella lettura di La Verità per sport.

Altra categoria di scrocconi sono i quotidiani editi da imprese editrici la cui maggioranza sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali. Con questo escamotage sono stati regalati in un anno quasi 3.800.000 euro ad Avvenire e 3.162.000 euro a Italia Oggi, che credevamo controllato dalla Class Editori (cioè da Panerai, l’editore di Milano Finanza, Class, eccetera). Ottimo quotidiano, Italia Oggi, fra l’altro è uno dei quattro che compriamo ogni giorno, ma questa scoperta ci farà leggere con altri occhi gli articoli del genere ‘Ci vuole meno Stato nell’economia’. Invitiamo alla lettura del dettaglio dei quotidiani per italiani all’estero, di quelli editati in Italia in lingue diverse dall’italiano (sostanzialmente gli italiani pagano per sentirsi insultati in tedesco), dei periodici di cooperative (siamo contenti di contribuire a Motocross), di periodici controllati da cooperative o fondazioni, di periodici in italiano diffusi all’estero (esiste anche una lisergica Gazzetta di Istanbul), di varie altre sottocategorie e ovviamente della immensa mangiatoia dei giornali di partito.

Qui vince, con noi che perdiamo, l’Unità con 3.700.000 euro circa, ma anche la Padania non è messa male: recupera un po’ delle tasse che noi imprenditori lombardi paghiamo succhiando al Governo centrale 2.682.000 euro (cifre sempre del 2011, ripetiamo, per il 2012 i dati sono troppo frammentari per fare confronti). Va anche detto che un giornalista al quale venga commissionato un pezzo in difesa della note spese di Cota dovrebbe farsi pagare molto, quindi il contributo è doppiamente giustificato. Scontati i 2.065.000 arraffati da Liberazione, inspiegabili i 2,343.000 regalati ad Europa (esiste solo nelle rassegne stampa, giornalisti che si leggono fra di loro), di superculto il 1.650.000 di Liberal, defunto da qualche mese (speriamo quindi che per il 2013 non li prenda più), la cui linea politica si ispirava a quella dei repubblicani americani. Ma i teocon alle vongole ignorano che negli Usa si chiedono contributi liberali (anche se non esattamente ‘liberal’) ai ricchi o chi vuole esserlo, nel caso vogliano finanziare il giocattolino.

Conclusione? Sul finanziamento pubblico all’editoria si fa molta demagogia, perché quasi nessuno dei quotidiani che hanno mercato (per quanto mal gestiti) è presente nell’elenco dei contributi diretti mentre è senz’altro vero che tutti usufruiscono di agevolazioni indirette di vario tipo, dall’Iva sulla carta alle tariffe postali. In definitiva migliaia di finti posti di lavoro intellettuale, si fa per dire, di giornalisti e affini sono create direttamente dal Governo. Un bacino d’utenza di falliti, dove si può piazzare qualche seconda linea o farne maturare altre. Insomma, una specie di Development League per il sottobosco della politica, pagata però non dalle squadre ma da chi non è nemmeno spettatore.

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