L’imprenditore Michael Jackson

18 Ottobre 2013 di Stefano Olivari

Michael Jackson è l’artista con il maggior numero di biografie dedicate: solo su Amazon se ne trovano circa 500, ma si stima che siano almeno il quadruplo considerando solo quelle commerciali. Per dare un termine di paragone, in Italia guida questa classifica Vasco Rossi con 33 (e noi di Indiscreto stiamo producendo la trentaquattresima, che sarà la migliore di tutte: non scherziamo…). Oltre che dalla lingua italiana, che già di suo riduce il mercato, Vasco è penalizzato anche dal fatto di essere figlio unico: ogni fratello o lontano parente di MJ, infatti, ha scritto o fatto scrivere qualcosa. E noi, sventurati, abbiamo comprato anche i libri (sono due) di LaToya, fra l’altro la prima della famiglia a denunciare gli abusi del padre Joe che poi sono stati all’origine di tutti i problemi anche di Michael. Ma se un’ipotetica classifica del peggio avrebbe parecchie opere ex aequo al primo posto (con quelle complottistiche a dominare), fra i libri diffusi e tradotti in tutto il mondo il più interessante è senza dubbio ‘Untouchable’ (nella versione italiana, edita da Piemme, diventato ‘langianamente’ e inspiegabilmente M – Vita, morte, segreti e leggenda del Re del Pop), più di 650 pagine in cui l’autore Randall Sullivan cerca di fuggire dagli stereotipi del genere. Prima di tutto da quello cronologico: il giornalista di Rolling Stone alterna capitoli sugli ultimi anni di Michael, morto nel 2009 per un collasso indotto da farmaci, a capitoli sugli inizi e sugli anni di gloria personale (da ‘Off the wall’, 1979, a ‘Dangerous’, 1991, passando per Thriller, 1982, e Bad, 1987: nel 1988 proprio per il Bad World Tour lo vedemmo in concerto al Comunale di Torino preceduto da una galattica Kim Wilde, mentre Sheryl Crow era una delle coriste) seguiti a quelli agrodolci da ragazzino prodigio con i Jackson Five. Così facendo l’attenzione di chi pensa di sapere già tutto (vero problema dei lettori di biografie) rimane sempre desta, mentre è probabile che chi di MJ sa poco si perda nel dedalo di manager, governanti, consulenti, veri e finti amici che hanno circondato il Re del Pop. Il secondo stereotipo che ‘Untouchable’ si sforza di contenere è quello della glorificazione. E’ evidente che la biografia di un musicista è comprata quasi solo da fan o da persone comunque affascinate dalla figura del protagonista, ma l’esaltazione è davvero ridotta al minimo indispensabile: del resto tutti sappiamo che si sta parlando di uno degli uomini più famosi di tutti i tempi, icona che ha abbattuto ogni barriera razziale, geografica, religiosa e culturale e la cui musica, pur innovativa nella sua prima fase da solista, è quasi un dettaglio. Il terzo stereotipo accantonato è quello del libro definitivo, mito duro a morire: impossibile comprendere nella sua totalità una persona, anche quando la persona siamo noi stessi, obbligatorio scegliere e dichiarare una chiave di lettura. E quella scelta da Sullivan non è banalmente il privato, terreno del resto già abbondantemente arato, ma l’aspetto imprenditoriale e finanziario della sua avventura. Pur trattando diffusamente del Michael privato e del Michael musicista (davvero emozionante, letto come una preghiera, il racconto della nascita del moonwalk: 25 marzo 1983, festa per i 25 anni della Motown, sulle note di quella Billie Jean che Quincy Jones, autore insieme a Michael, non voleva inserire in Thriller), ‘Untouchable’ entra in profondità nel mondo del Michael imprenditore, non solo di sé stesso (l’acquisto del catalogo dei Beatles fu un colpo incredibile). Anche in questo molto avanti rispetto alla sua epoca: se fin quasi ai giorni nostri gli artisti (non ci riferiamo a Fazio e Crozza) si vergognano a parlare di soldi e solo i rapper hanno sdoganato l’aspetto materiale della professione, Jackson era di rara intelligenza e lungimiranza, oltre che molto furbo nelle trattative dove poteva interpretare vari ruoli: l’ex ragazzo ingenuo, l’uomo di successo, il nero integrato, l’artista eccentrico, il finto smemorato. Tutto con una voce bassa e profonda, diversissima dal quasi falsetto che lo ha consegnato alla storia. Nel libro manca un po’ il Michael indifeso che tanto abbiamo amato, ma c’è di sicuro un Michael più complesso ed in definitiva più vero.

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