Facchini della tolleranza zero

28 Ottobre 2013 di Oscar Eleni

 

Oscar Eleni dalla grotta Guattari di San Felice Circeo dove il professor Blanc trovò resti di uomo neanderthaliano, mimetizzato per agevolare le investigazioni del sindaco Gianni Petrucci, presidente della federbasket, su incendi dolosi che lo costringono a lasciare Roma nei giorni dell’allegria per la Maggica, del semi riscatto laziale che è parte del suo cuore, della notte di espiazione per l’Acea che torna subito in campo contro Berlino dopo il sacco di Caserta. Lo avremmo visto volentieri mercoledì al tuono del cannone nel salone d’onore del Coni dove Giovanni Malagò presenterà  “Indimenticabile”, un lavoro a quattro mani fatto con Sergio Meda, camminando sul sentiero tracciato da Aldo Pacor. Avevamo dei dubbi sulla presenza. Gli ex regnanti non vanno mai volentieri in casa degli eredi. Ci dispiace lo stesso e non ci sentiamo come la Lega Nazionale se al suo posto viene Nicola La Guardia, ufficialmente amico, guardia scelta a prescindere. Volevamo parlargli del caso Marisa Geroni. Speriamo lo facciano tanti altri. L’associazione giocatori, ad esempio, potrebbe prendere spunto da questa tragedia per organizzare un fondo che dia una mano agli ex campioni rimasti senza nessuno e con problemi fisici.

Certo avremmo anche voluto parlargli di questo campionato che vede la grande ammucchiata in testa dove si è ormai radicata l’idea che essendo Milano uscita bene dal mese infernale (si chiuderà venerdì sera a Madrid), considerando i progressi mentali del gruppo, pensando alle assenze importanti di Gigli e Kangur, sapendo che la prospettiva Eurolega stuzzica quasi più di un campionato che manca dai tempi in cui Nando Gentile era il campione e non ancora soltanto il padre del neo capitano Alessandro, non ci dovrebbero essere discussioni su chi vincerà il titolo. Molto presto per condannare le sfidanti, ma per adesso non ci convince nessuno.

Però il tema non sarebbe stato  sulla forza e l’equilibrio del campionato dove tutto sembra mascherato bene come nella grotta del professor Blanc. Gli avremmo chiesto se questa “tolleranza zero” ha davvero un significato di profondo mutamento tecnico negli usi e costumi dei giocatori. Nei tabellini non c’è quasi più spazio nelle note per i giornali che le danno complete: tecnici, intenzionali. Una valanga. Non è progresso, come direbbe Michelini che giura di avere in cineteca RAI tante belle azioni di ripartenza su canestro subito che giustificherebbero la facchinata della tolleranza zero su palla toccata dopo canestro segnato. A memoria ci viene in mente la Siena di Pianigiani,  ci si ricorda delle squadre di Messina o Peterson, di Obradovic, ma le facevano anche quando non c’era il cartello ‘Colpitene uno per educarne cento’. Giusto perseguire i furbastri che rientrano in difesa, spesso come lumache bavose, girando le spalle alla palla, ma poi bisogna anche andare in palestra e spiegare ai giocatori che si stava scherzando quando l’allenatore  chiedeva lacrime e sangue a rimbalzo d’attacco, tuffi sulle palle vaganti. Qui ti castrano al sospiro, figurarsi se ti butti per una palla da contendere. Secondo il facchinismo imperante i corpi non dovrebbero sfiorarsi, guai se si toccano direbbe donna Prassede. Dunque fate come  quel grande allenatore di calcio che sporgendosi dalla panchina faceva segno, ben visibile dal pubblico, che si doveva attaccare, ma poi con l’altra mano, nascosta dietro la schiena ordinava tutto il contrario. Insomma difendete con il piumino e guai ad interferire sulla voglia insana  di chi dirige di essere protagonista. Ma non si era sempre detto che l’arbitro migliore è quello che si vede e nota poco? Sarà per questo che fra Caserta, Porto San Giorgio ed Avellino abbiamo  potuto godere di una vista panoramica sulla nuova generazione dei fischietti che amano molto il loro “ io sovrannaturale” visto che vedono cose che agli umani non sono concesse, Certo che è prerogativa dell’arbitro, peccato che poi il mezzo tecnico dimostri che hanno preso lucciole per lanterne.

C’è da discutere  e Petrucci avrebbe potuto parlarne con il Pianiagiani papa tecnico in visita pastorale nelle regioni dove ha scoperto che esiste passione, fermento e, forse, anche materiale umano di qualità. Lo si diceva da anni. L’acqua calda ha un senso dove c’è acqua, ma scoprirla ogni volta fa venire il nervoso. Sull’altro argomento che ci stuzzica Petrucci avrebbe danzato. Lo ha spiegato bene Viperignu Costa, in poche righe carlinesche, come piacerebbe ai tanti lettori di questa rubrica che mi  mandano in mona ogni volta per la prolissità nata dalla libertà, denunciando questo asservimento allo straniero a prescindere. Anche lui, come il presidente e il Pianigiani di oggi, non quello di ieri direbbero Datome, Aradori e i vari talenti italiani passati e mai visti a Siena nell’età dell’oro, sostiene che è giusto giocare per merito, ma è ingiusto stare fuori per evitare il faccia a faccia con lo straniero pagato e protetto da contratti solidi. Si notano anarchie nella banalizzazione del gioco sul pick and roll come  ha scritto bene Tavcar, c’è l’idea che questa gente sia sempre più convinta di aver portato collanine e perline in terra di tecnica selvaggia. Per reggere a questi artisti incompresi a casa loro ci vogliono società solide. Se uno pensa di andare per conto proprio è meglio che chieda lo stipendio altrove. Vero che anche qualche italiano la pensa allo stesso modo, ma per lui ci sono meno strade di uscita. Se  Milano sembra davvero diversa non è perché si fa portare fuori dal regno della paura scatenando l’istinto di Langford, ma per queste gerarchie che devono comunque essere rispettate dentro e fuori dal campo. Chi vorrà ostacolare l’Emporio, pur essendo più debole, non dovrà dimenticare che l’allenatore va protetto a prescindere e non esiste risultato senza aver prima creato una squadra. Fa bene Sacchetti a lamentarsi per le farfalle prese dai suoi difensori in tre giornate, anche  quando vincono. O corregge adesso la rotta o non sarà lui a fare la finale contro i predestinati.

Pagelle dal Circeo spiegando a Petrucci che il libro su Cesare Rubini è fatto soltanto per amore, senza guadagni, senza altro scopo che ricordare, ancora una volta, questo Indimenticabile campione dello sport e se qualcuno gli ha detto il contrario mente, anche se è vero che per stamparne un tot ci vuole la certezza che qualcuno compri quel tot.

10 A FORTITUDO e  TREVISO che  tornando alla vittoria ci fanno pensare bene del lodo Petrucci che ha salvato città con una grande storia cestistica anche nel momento in cui sono rimaste nude, abbandonate da chi le aveva fatte diventare immense come Seragnoli e Benetton, ma anche come da chi, prima di loro, ne aveva scritto una bella storia. Ora occupiamoci tutti di Cantù e Pesaro.

9 A Luca BANCHI per essere uscito abbastanza bene dal mese di fuoco che non è mai un vantaggio se devi cominciare una strada nuova cercando di capire la gente che ti circonda, che dovrebbe essere dalla tua parte, in campo e fuori. Sta facendo scelte importanti con squadra incompleta. Come a Siena promette di essere sul pezzo, come diceva la signora fedifraga al Pozzetto disperato: ogni giorno una festa, ogni notte un evento.

8 Al micione CHARLIE RECALCATI che una zampata imprevista riesce sempre a darla. Non era messo bene e Reggio Emilia sembrava super carica dopo aver battuto questa Siena, ma la Sutor ha saputo fare le scarpe a chi si è sbriciolato sul campo come se Menetti avesse visto lontano quando guardava certe facce  intorno e dentro il gruppo. Era accaduto anche nell’ultima magica stagione.

7 Al CECCO VESCOVI che sa quello che dice e quello che fa quando chiede pazienza al suo popolo. Varese non è forte come l’anno scorso, ma non è debole come hanno pensato gli stessi che l’anno scorso neppure immaginavano di avere una squadra da primo posto in classifica.

6 Ai FRATELLI di GENTILE, CINCIARINI e VITALI che ci piacciono spesso più  dei loro decantati parenti. Cantù, Montegranaro e Caserta benedicono le mamme più dei padri.

5 Al POZZECCO tornato vincitore perché non deve mai più minacciare di lasciarci senza il suo sorriso  di allenatore che scopre mondi nuovi e non ci spaventi dicendo che potrebbe tornare a giocare. Capiremmo di più se lo dicesse Fucka che dopo la patente di allenatore non ha  avvuto neppure i go kart da guidare.

4 Ad Adriano GALLIANI amante del basket, mente creativa del Milan calcio, per aver dato a molti presidenti smaniosi la spinta per dire cose a voce alta contro i giocatori presi dal loro allenatore e o dal manager. Birsa ha salvato il Milan in altre occasioni così come Siena, Milano, Montegranaro, Avellino hanno imparato a conoscere chi aveva soltanto bisogno di fiducia e buone parole.

3 Al SORTEGGIO INTEGRALE degli arbitri perché se la fortuna non aiuta e la sfiga ci vede benissimo avremo terne da incubo per partite che dovrebbero elettrizzare.

2 Ai METEREOPATICI del campo perché non puoi essere l’Ebi Ere del Forum e poi quello che distrugge Venezia, non puoi fare il principe Igor come Melli contro Kaunas e tornare anatroccolo a Caserta. Scelti due casi, ma ce ne sono almeno venti di giocatori da baci e abbracci un giorno e da fischi pochi giorni dopo.

1 Al povero ATRIPALDI che gli arbitri hanno torturato a Caserta, costringendo il manager ad alzarsi dalla panchina e questo ha svelato che anche cambiando terra non riesce a trovare un sarto che lo faccia sembrare più elegante non diciamo di Arrigoni arbiter, ma persino di quelli che non hanno neppure la divisa societaria.

0  All’INDIMENTICABILE Cesare Rubini che ancora oggi riesce a spaccare i palazzi romani della politica sportiva. A lui piaceva fare guerra a chi si sentiva potente soltanto perché maneggiava soldi e non idee, ma era anche molto attento a far diventare positivo tutto quello che serviva al basket o alla pallanuoto. Questa volta avrebbe voluto tutti abbracciati nel suo nome, come dovrebbe nelle presentazioni future di Milano dove di certo ci sarà poca Olemporio, e Trieste. Dovrà accontentarsi di capire  come stanno  davvero le cose ancora oggi a molti anni dalla defenestrazione di Scuri per appoggiare Coccia, che poi cadde per far la guerra ad Onesti. Tutto si ripete.

Oscar Eleni, lunedì 28 ottobre 2013

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