Le faccine di Kobe Bryant

27 Novembre 2012 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dalla contea di Alameda, ai piedi della gradinata nel Coliseum di Oakland dove abbiamo aspettato di vedere, almeno da lontano, William Lamar Billy Beane terzo, il talento mai sbocciato nel grande baseball, il general manager degli Oakland Athletics che è diventato il protagonista di una rivoluzione nello sport professionistico, l’uomo al centro del libro di Michael Lewis sul rapporto gioco, denaro, uomini, “L’arte di vincere nello sport disonesto”. Una lunga attesa per capire chi è davvero l’uomo interpretato  sullo schermo da Brad Pitt, questo cinquantenne di Orlando che ha fatto la rivoluzione come dirigente sulla costa Est della baia di San Francisco, fra le colline di Berkeley. Intrigati da un film, pronti a discutere con chi considera le statistiche vangelo e non ha capito che questo Beane prendeva a calci le radio dello spogliatoio, indicando quale fosse il vero suono per uno spogliatoio di sconfitti, il silenzio, i giocatori che credevano di dover essere rispettati perché costavano tanto, entrava nella testa dei suoi professionisti, li maltrattava, li svendeva e li imponeva, come sanno quelli che a Milano e Varese, Roma, più che a Bologna, hanno vissuto i momenti per costruire, per vincere, per ribellarsi e non essere più agnelli. Una  storia su cui ragionare arrivando alla conclusione che se perdi l’ultima partita di una stagione in campionati con playoff la gente dimenticherà record e felicità da fast food.

Vale per tutti, dicono ad Oakland dove, non per caso, vivono di mare, di attività portuali proprio come la Livorno con cui è gemellata, la città delle beffe che ogni tanto manda segnali per far sapere che il basket non è morto perché c’è ancora chi crede nella scuola più bella del nostro basket insieme a Trieste e Pesaro, città amate che, purtroppo, vivono momenti diversamente difficili perché in questo mondo sportivo spesso disonesto nei confronti della storia e dei personaggi che l’hanno scritta abbiamo al vertice delle varie istituzioni e Leghe personaggi ancora convinti che ci si possa liberare delle pulci facendo i salti mortali, come se certi difetti si potessero eliminare a comando, sapendo di non aver studiato abbastanza per essere almeno credibili, anche quando i soldi del “ babbo” permettono di fare i fenomeni davanti a chi deve far pagare persino le bibite in spogliatoio come Billy Beane terzo.

America per annunciare a Kobe Bryant che non può  tradire D’Antoni, che nel nostro borgo Flavio Tranquillo è riuscito via Skype a costruire un bel libro insieme ad Ettore Messina che nel suo Basket, uomini e altri pianeti parla anche del Mamba e dei vizietti di un re, quelle faccine che Peterson indagava leggendo i diari di Casalini e del Roggiani che ora sembra sparito dalla scena, lui che aveva cuore, temperamento, rabbia di vivere  troppo forte per giocatori mammole. America per andare a tifare contro i Knicks che perdono al supplementare il primo derby nella nuova arena di Brooklyn, con Carmelo che fa l’Anthony mangia balun come da natura. Inutile fermarsi a Chicago dove Belinelli gioca sempre meno, difficile capire il vento che soffia a Denver per un Gallinari che entra sempre in quintetto, ma non sale la scala come sognavamo tutti, meno difficile capire perché Bargnani può toccare il fondo e rimanere impassibile mentre Toronto studia un modo per mandarlo a mangiare tacos da qualche altra parte.

Viaggio lungo per stare lontano dal basket di casa nostra? Sì, anche questo. Perché? Be’, leggiamo i nomi proposti da regioni importanti per il nuovo consiglio federale ed ci rendiamo conto che per il Petrucci bis basterà ed avanzerà il Gianni bifronte, nel consiglio possono sedere i rappresentati del gruppo pizza e fichi, pennini e gomme, tanto deciderà tutto lui.

Sì, va bene, ma questa è politica e frega davvero poco, c’è un campionato da valutare, darsi una mossa. Troppo presto. L’unica certezza è che al trio delle più ricche nel reame, quindi le tre favorite, in ordine di spesa, Milano, Cantù e Siena, si aggiunge una Varese che costa molto meno, ma si vede bene che la caccia a questi nuovi Rooster non è ancora cominciata davvero e i tuffi dalla scogliera degli increduli diventano sempre più difficili anche se Bragadin Vitucci è doge e ammiraglio dotato di buone qualità per nascondere l’ansia, anche  se ormai appare evidente, e questo lo dovrebbe sapere per primo Romeo Sacchetti che ne dà e ne prende tante, che sarà la difesa a decidere la storia di questo campionato italiano perché gli arbitri hanno deciso di  tornare ad essere la mina vagante in base all’utero, più che al regolamento, facendo di tutto per sfuggire al servo encomio. Ora chi avrà la migliore organizzazione difensiva a tutela del gruppo si troverà terre nuove dove pascolare. Le grandi già testate, misurate e pesate in Europa, rimandano gli orali italiani alle finali di coppa Italia che si giocheranno a Milano. Cercheremo di essere pazienti, senza andare dietro all’onda dell’entusiasmo per le strisce vincenti dell’Emporio Armani che nasconde, come i gatti, le porcherie nella lettiera del cantiere, si prende lo spazio che cerca mediaticamente, fa le cose secondo l’umore, tipo il pentimento ad Ancona quando erano già pronte le forche per un’altra partita par condicio con una delle ultime della classe. Milano ha tutto, ha Langford come capogiocatore e adesso le serve una difesa credibile per non avere paura.

Share this article