Com’è piccola Oklahoma City

2 Novembre 2012 di Stefano Olivari

Non sappiamo se ci intristisce di più la visione delle macerie del Palalido o la cessione di James Harden da parte degli Oklahoma City Thunder. Ma se la prima situazione è frutto di improvvisazione e di idee poco chiare, al punto che la capienza ‘nuova’ secondo le ultimissime non dovrebbe discostarsi di molto da quella ‘vecchia’, la seconda dipende invece proprio da un eccesso di programmazione e ci fa iniziare la stagione NBA con qualche perplessità. E non perché i Thunder abbiano perso la partita di esordio contro un’ottima versione degli Spurs (senza Ginobili ma con un Duncan di lusso) e di Tony Parker, nella notte in cui Kevin Durant è diventato il secondo più giovane giocatore della storia a superare i 10mila punti in carriera (il primo è LBJ). Veniamo al punto: anche nella lega più bella del mondo, dello sport più bello del mondo, ci si sta avviando verso una situazione per cui il Catania e il Chievo non potranno mai vincere lo scudetto, nemmeno fra cinquanta anni e con Al Mansour che si innamora dell’Etna o del Pandoro? Di sicuro è strano che questa operazione, per come è stata congegnata, sia stata perfezionata solo a pochi giorni dall’inizio della stagione regolare. I fatti dicono che il sesto uomo dell’anno 2011-12, con stagione chiusa un po’ così nelle Finals e da comparsa ai Giochi di Londra, è andato ai Rockets con Cole Aldrich, Lazar Hayward e Daequan Cook, mentre ai Thunder sono finiti Kevin Martin, Jeremy Lamb, due scelte al primo giro e una al secondo. La parte ‘fatti separati dalle opinioni’ dice anche che Harden è partito non certo per andare a vincere l’anello, anzi, ma per soldi. I Thunder gli avevano offerto 55 milioni di dollari per i prossimi quattro anni, quindi 11 e rotti a stagione, lui ne voleva almeno 15. La valutazione è stata questa: dobbiamo tenere un giocatore scontento, oltretutto in scadenza di contratto nel 2013, in un anno che può darci il primo titolo? Perché finché Durant o Westbrook rimarranno OKC sarà di sicuro da titolo. Meglio quindi prendere giocatori di ottimo complemento, come Martin e soprattutto la prima scelta (dodicesima assoluta del draft di quest’anno) Lamb, guardia dal potenziale immenso che potrebbe anche giocare ala piccola, tenendosi le mani relativamente libere per qualche aggiustamento. E quindi? Sul piano tecnico i Thunder forse non si sono indeboliti, ma dal punto di vista dell’immagine il messaggio è che per una franchigia operante in un relativamente piccolo mercato sforare allegramente il cap e pagare la luxury tax alla Knicks o alla Lakers non è possibile. Questo al di là del fatto che Lakers e soprattutto Knicks spendano i loro soldi in modo spesso discutibile. Ma Kevin Durant ce l’abbiamo noi, ce l’abbiamo noi, ce l’abbiamo noi… quanto al Palalido, speriamo non faccia la fine del Murrah Federal Building di Oklahoma City.

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