Progetto Nicholson

3 Settembre 2012 di Oscar Eleni

Oscar Eleni da Rivabella bolognese dove il grande Ugo, assistente nella costola Fortitudo che ha subito il colpo di lancia sacrale, ma non ha perso la speranza di uscire dalla foresta con i pochi giapponesi rimasti, deve essere trasportato a braccia perché nella sua vita di uomo con anima grande, senso della vita e del gioco, gli è capitata una sfiga anche più grande del tiro da quattro di Danilovic nel famoso derby che ha rubato troppe notti all’onorevole Skansi,  anche se poi il geniale Pero si è rifatto con gli interessi e oggi è un ministro della sua Croazia, che ha dato a tutti troppa euforia meno all’Ettore Messina che che quasi immaginava la nuvola in arrivo sotto il nome del madrigale bolognese. Per Ugo non basta l’affetto, bisogna inventarsi qualcosa e soltanto Willy il gigante può spiegargli come si combatte quando la natura è matrigna, i gradini felloni, i tutori una prigionia da padella che ti vorrebbe rubare tutto.

Collina bolognese senza rito della tigella, senza confessare che per un giorno siampo rimasti prigionieri sulla terrazza del più straordinario degli ospiti, uno che ha sempre dato tutto agli altri, anche se poi quella sua ironia spendida e carogna confonde le idee, soprattutto ai nani con cambio a vista per amore di chi comanda o crede di comandare, se quel modo di prendere in giro la vita e il destino, tifando sempre per chi perde volentieri, gli ha rubato gloria professionale che si sono presi altri puffi incapaci, gente che sta due spanne sotto, ma ha trovato la sedia giusta, il cuscino dell’ingiustizia. Questo è sempre stato il giornalismo, bellezze, anche se poi nell’infernale girotondo vittimista vorremmo entrare tutti, stupiti quando leggiamo vere storie di grandi uomini che hanno passato la loro vita a creare, gente che si sarà pure lamentata, ma di certo ha fatto cose importanti.

Giro largo per dare sollievo al fegato dopo la  sessione estiva, per urbi et orbi, del famoso “Più fritto Larry” che è la parte nobile dell’agosto dedicato a chi dovrebbe scrivere invece che fare da mangiare cose sublimi. Avendone goduto sembra di essere davvero ingrati, ma ci stiamo riabituando alla nuova stagione  dei disastri, quella che ci porterà nel  campionato di basket dove Ferdinando Minucci manda un piccione viaggiatore al Livio Proli in cerca di  partite eleganti, con un parterre degno dei re, pazienza per i poveri cristi, facendo sapere che è passato dal suo amico africano ai Banchi di Sopra e  si è fatto dare il bugiardino per leggere meglio il libro dei proverbi al nero: se non avete ancora ucciso il leone, dice il Ferdinando di Zenda al Catinot armanizzato, non potete venderne il fegato.

Qui interviene Scariolo per dire che lui, da bicampeon europeo e argento olimpico, può vendere quello che vuole, anche mettere sualla strada il Mancinelli che agisce come il viagra per il Dan Peterson che ancora non sa dell’anatema del suo fedele parrucchiere bolognese. Certo il Mancio disoccupato in terra sconsacrata fa impressione, ma se accade questo, magari oggi trova un ingaggio lussuoso, lo deve a se stesso e a tutti quei minchioni che eleggendolo “numero uno” gli hanno impedito di fare scherma davanti allo specchio della palestra come  ordinano ai pugili che tirando troppo da tre scoprono il mento e mandano a terra i sogni di una squadra. Se avesse valorizzato le sue vere doti: visione del gioco, mani che rispondono in fretta appena si crea  spazio per gli altri, atletismo, allora sì che avremmo avuto il giocatore ibrido più interessante perché in quel momento avrebbe capito che ci serviva il difensore accanito  e non l’attaccante sincopato. Non è successo ed eccolo là con Azzurra Tenera a combattere per essere visto, a lottare per tenersi buono almeno il Pianigiani.

A proposito, mentre stiamo rileggendo seduti su una stufa il proclama raggelante di Proli per l’abbigliamento del Forum nella prossima stagione, progetto ardito persino al Madison, ci servirebbe un trattato sul fallimento nella trasformazione dei giocatori che l’ignoranza ha messo in ruoli sbagliati, che la vita codarda  ha derubato del posto giusto. Ma dicevamo dell’ idea lussuosa del nuovo regno di Assago, servito con biglietto metro extraurbano, per un movimento che, come  si è visto, ha messo il basket nelle brevi perché le pagine vengono dedicate ai rutti di Williams e alla tabella degli americani più pagati nel mondo NBA, minchia signor tenente che dirige il massimo pensando al minimo, e tiene questo sport per le palline a spicchi e, al momento, non  ci risulta che sia nata in Milano e neppure nella Bologna di oggi, la fase lunare che Torquemada Porelli si era inventato dopo aver lavorato per costruire qualcosa che potesse essere indimenticabile, dai colori dell’ambiente, dalla musica di contorno, organo, arte non berci, non urli, per non parlare della squadra costruita pezzo per pezzo e a volte indebolita proprio per non dare l’impressione che tutto fosse già deciso prima come è capitato nelle ultime sei stagioni dominate da Siena. Il Minucci si ribellerà a questa teoria, perché lui ci ha lavorato, ma senza impedire agli altri di fare altrettanto, perché la fame accumulata perdendo tanto non gli ha ancora fatto dire “ basta con queste pernici”, perché si diverte vedendo i ribelli sul rio Grande convinto che la canoa Armani non abbia timonieri in grado di spaventare la sua piroga dove ha cambiato rematori, capo barca e struttura interna vantandosi di aver costruito bene  con metà del capitale speso lo scorso anno.

Tornando al “progetto Nicholson” per il Forum qui ci si accontenta dello Staffelli e, in giorni buoni, di qualche velina o, magari, di Formigoni, ci si alza in piedi se passa il Bagatta non un Servillo. Bisogna respirare la città angosciata e disoccupata prima di pensare davvero in grande. Seminare, lavorare su tutto, il particulare gente, poi avrete il  vostro palazzo Silverado. Certo questa mania di chiudere tutti fuori, moda dilagante per allenamenti a porte chiuse, grazie don Sergio, questo mostrarsi così deboli davanti al giocatore ribelle, così tremebonbdi da dover nascondere il cazziatone per chi sbaglia, l’urlo petersoniano per far tacere i pensionati alla balaustra, fa capire che siamo entrati nella glaciazione, in un mondo che, se porta 500 persone sotto il tendone del Lido in piena estate per salutare l’Armani che sorge, allora deve poi fare di tutto per tenerseli e non certo facendo capire che in prima fila staranno soltanto i sciur padroni dalle braghe belle bianche. No, cara gente. Serveno anche i mondariso.

Chiusura in risposta a chi ci considera troppo teneri con Azzurra tenera qualificata per l’eurosloveno 2013 sul legno duro del pala Rubini a Tireste. Non stupisce che la città storicamente più importante per tanti nostri sport abbia dediucato al Pirincipe la sua arena, fa venire i brividi pensare che  Milano, invece, malgrado le promesse, non dedicherà neppure il Palalido al vero Cesare di uno sport che giganti del genere dovrebbe soltanto omaggiarli e ricordarli bene. Dunque tornaiamo ai critici, a chi ci considera molli come fichi. Si sono sbagliati. Abbiamo detto una cosa che vedono anche i passeri salutando la terra: il signor duca Simone Pianigiani è un eccellente allenatore perché ha fatto il brodo con i sassi del sistema. Su questo non incideranno i risultati futuri perché si è visto bene cosa hanno in tasca questi nazionali da  esportazione nel quarto tempo in Portogallo, il tutù al posto del saio, la cipria al posto della polvere di carbone, nel terzo con la Repubblica Ceca. Se non li tieni a pane e acqua, se non li fai pregare pensando prima di tutto alla difesa vai incontro a disastri perché in prima fascia, l’Italia è in seconda, se sbagli tre tiri aperti vieni castigato e questo Pianigiani lo sa bene perché la sua Siena faceva così con gli incolti che andavano a cercare verbena a Santa Rita.

Abbiamo una squadra ed era importante. Ora mi chiedete se le aggiunte al brodo potrebbero renderlo più saporito. Non ne siamo convinti perché si capisce subito se qualcuno ama la fatica, il progresso, la vita di gruppo. Quelli che sono fuori oggi hanno fatto come qel tipo che a Varese sbalordì il sciur Gamba uscendo dalla visita medica che non lo riteneva idoneo per la Nazionale saltellando come come un pinguino, felice di potersi sdraiare al sole con la sua bella, che si fottessero i federali e il mondo intero. Se devi  far soffrire hai bisogno di credenti e il Gallinari di questo torneo è bene diverso dal Bargnani e dal Belinelli visti smadonnare in passato, forse e, purtroppo, anche dai giovani virgulti che sono arrivati all’argento europeo col Sacripanti. Se devi chiamare gente che tiene acceso il telefonino per farsi imbesuire da chi sta fuori, dalle nuove “mogli agente” che lo montano se vede pochi palloni, allora meglio restare con questo gruppo. Pazienza se ci mancano tante cose, ma non certo la dignità e la voglia di battersi. Un giorno diventammo quasi famosi, per gli stupidi con memoria, per amici che non vedevano l’ora, per aver detto che la Banda bassotti di Peterson, all’esordio milanese, avrebbe giocato per non retrocedere dopo il primo tempo contro Varese. Era una provocazione, la fecero passare per incompetenza. Magari avevano, hanno ragione, ma nella sostanza quella fu forse la più bella delle squadre presentate all’Europa dal Nano Ghiacciato. Ecco questa Nazionale non la ami a prima vista, anzi, ma poi  vedendola faticare, umiliarsi, resistere alla tentazione della statistica positiva, allora devi ammettere che merita almeno un po’ di affetto. Era tanto tempo che non succedeva e il Pianigiani giovane turco ci ha dato il nuovo orgoglio di scuola. Esagerato anche questo? Me ne fotto.

Oscar Eleni, 3 settembre 2012

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