Il valore di Josefa

19 Luglio 2012 di Stefano Olivari

Josefa Idem è alla sua ottava Olimpiade e alla prima intervista con Indiscreto. Due traguardi prestigiosi (…), anche se l’argomento della telefonata (grazie Nicholas per il numero) di ieri, mentre era in viaggio al termine di un ciclo di preparazione in montagna di tre settimane, è stato il primo.

Al di là delle medaglie e dei piazzamenti, cosa lè è rimasto dentro delle sue sette partecipazioni ai Giochi?

Sentimenti contrastanti, perché in ogni Olimpiade sono stata un’atleta e una donna diversa. A Los Angeles 1984 (bronzo nel K2 500 metri in coppia con Barbara Schuttpelz, ndr) avevo, a 20 anni, l’incoscienza della gioventù. Mi ricordo il grande vento e la grande gioia. A Seul, la mia seconda e ultima Olimpiade per la Germania (nona nel K1 500m e quinta nel K4 500m. ndr), arrivai dopo due anni e mezzo di scuola di polizia: mi sentivo forte ma fui schiacciata dalle troppe aspettative. Di Barcellona, da italiana, ricordo la grande delusione: ero fra le favorite, ma persi anche il bronzo contro una polacca che veniva da due anni di squalifica per doping (la Dilewska, ndr). Di Atlanta ho un ricordo molto positivo, non solo per la medaglia di bronzo ma perché fu la prima Olimpiade da mamma: Janek aveva 15 mesi. Inutile dire che Sydney 2000, con la medaglia d’oro in una gara in cui c’era un vento forza 8, parlando solo di sport è stata per me il massimo. L’argento di Atene, dopo essermi fermata per la nascita di Jonas, è stata un’impresa enorme considerando i tempi strettissimi per la preparazione. Un ricordo più dolce dell’argento di Pechino, per soli 4 millesimi dietro all’ucraina Osypenko. Insomma, sentimenti diversi ma non sarebbe giusto fare classifiche. In ogni occasione ho dato tutto quello che avevo dentro, poco o tanto che fosse.

Cosa si aspetta da Londra, a 48 anni di età?

Mi aspetto una concorrenza agguerrita, ma io sto bene e vado lì pensando solo alla gara: non al mio passato o al mio futuro. Fra l’altro il calendario è assurdo, la concentrazione sarà fondamentale. Batterie e semifinali si disputano infatti nella stessa giornata, a distanza di un’ora, quando invece in passato c’era un giorno di riposo garantito e addirittura quattro se ti qualificavi direttamente per la finale. In altre parole, devi augurarti di avere una batteria facile per spendere il meno possibile. Non credo che questo format aumenti lo spettacolo, di sicuro però mette in difficoltà atleti che hanno lavorato quattro anni per questo obbiettivo. Ma non lamentiamoci: è così per tutti, per quelli che andranno bene e per quelli che andranno male.

A proposito di futuro, cosa farà da settembre? Tornerà a fare politica nel Partito Democratico? Proverà a fare la dirigente sportiva?

Non ho ancora deciso. Il periodo da assessore allo sport a Ravenna, sei anni, è stato molto interessante: magari ci riproverò, con la politica. Vorrei scrivere un libro, ho anche altre idee per conferenze, coaching e comunicazione per aziende (fra l’altro è testimonial di Technogym, Kinder e Adidas, ndr). La verità è che in questo momento non lo so, penso solo ai Giochi.

In ogni Olimpiade ci si inventa la polemica dei cosiddetti sport minori contro il calcio ricco e viziato. Lei ha una risposta pronta?

Sinceramente non invidio i calciatori, fanno parte di un mondo che non ti trasmette niente. Se parliamo solo di valori sportivi, chiaramente. Poi ho stima per gente come Del Piero o Pirlo, che ho sempre considerato vere persone di sport e non personaggi. In generale però non ho una grande opinione di quell’ambiente. Per quanto riguarda popolarità e guadagni, poi, nessuna invidia: sto bene come sono. Quindi da parte mia vi prometto che non ci saranno polemiche!

Molti atleti sono scaramantici. Le fanno piacere i tanti auguri che sta ricevendo per Londra?

Certo! Sono un segno di affetto. Non credo alla fortuna o alla sfortuna, tantomeno nel mio sport. Nel senso che la fortuna è a volte determinante, ma non la puoi certo ottenere toccando qualche oggetto, o peggio. Prima dei Mondiali del 1990, la mia prima grande manifestazione da italiana, mi invitavano a fare cose incredibili ogni volta che ricevevo auguri. Non feci niente e vinsi subito l’oro. Così come non ho fatto niente prima di manifestazioni in cui sono andata male: la vita è così. Adesso mi sento bene, ho riscontri cronometrici migliori rispetto a Pechino e di sicuro ho più esperienza delle altre. Non posso dire altro, ma non per scaramanzia.

(19 luglio 2012)

 

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