Lo sconto di Garnett

11 Giugno 2012 di Stefano Olivari

Quella fra Heat e Celtics è più o meno la ventesima serie di playoff che ci ha fatto dire ‘Mai vista una così emozionante’, ma è ovvio che le cose fresche sembrino sempre più importanti. Di sicuro, in attesa di vedere se la Redemption sarà completata (perché LBJ, se gli Heat non batteranno i Thunder, rimarrà mediaticamente un ‘perdente’), i Celtics al lumicino fisico hanno portato il concetto di squadra a un livello filosofico toccato poche volte in una lega basata sul valore, sportivo e di marketing, dei singoli. Squadra intesa non solo come persone che si inseriscono bene in un meccanismo, ma come individui che accettano i limiti e i difetti degli altri individui con i quali devono cooperare. Il modo in cui i compagni hanno aspettato il momento di Ray Allen, dopo partite in cui il più pulito tiratore della storia arrivava a malapena al ferro, il momento di Garnett, dopo quarti in cui questo mostro di intensità era in affanno, il momento di Pierce, costretto a giocare con le marce, il momento di Rondo, poco ortodosso in difesa ma necessaria scheggia impazzita con la palla in mano, è stato commovente. Ma questo lo abbiamo visto tutti, in notti magiche come quelle di Schillaci. Quello che non vedremo sarà probabilmente un altro anno di questa squadra, neppure in versione rinforzata. La domanda è una sola: ma se si trovano così bene insieme, non possono rinunciare a qualche milione in modo che Danny Ainge possa andare sul mercato dei free agent a prenderne due veri? Livello Brandon Bass, per citare un sottovalutato che nei playoff ha fatto il suo. Garnett ha 36 anni, nell’ultima stagione ha guadagnato 21,2 milioni di dollari e ora è un unrestricted free agent. Stessa situazione per Allen, che però di anni ne ha 37 e di milioni nel 2011-12 ne ha alzati 10. Rondo e Pierce il contratto ce l’hanno, quindi non essendo credibile che qualcuno si autoriduca l’ingaggio (quello avviene solo per i campioni che sognano di giocare nei club italiani di calcio, per cui tifavano fin da bambini: l’ultimissima che abbiamo letto è Christian Eriksen fan della Roma) la chiave sarebbe un relativo sconto fatto da Garnett e Allen con l’obbiettivo di dare minuti (e non decine di minuti) di qualità in un’altra versione da anello dei Celtics. Su chi nel 2012 sia il più decisivo dei due ci sono pochi dubbi e per una volta l’impressione visiva è supportata dalle statistiche: Garnett in campo nei 737 minuti disputati in questi playoff ha significato per i Celtics 138 punti più degli avversari, Garnett in panchina (238 minuti) invece meno 118. Adesso prendiamo la calcolatrice: Garnett in campo nelle partite vere significa 0.18 punti di vantaggio al minuto (quasi 9 parametrati ai 48), Garnett fuori 0,49 di svantaggio (23,7 sui 48). Significa che questo 36enne, se potesse (di sicuro lo vorrebbe…) giocare dall’inizio alla fine farebbe vincere i Celtics di oltre 32 punti a partita contro squadre da playoff, figuriamoci contro le altre… E’ un nostro giochino da maniaci, che sarebbe ingeneroso applicare anche all’jnfortunato protagonista di He got game (miglior film sul basket, secondo noi, insieme a Hoosiers), in calo in ogni categoria statistica. Di sicuro rinunciando a qualcosa entrambi potrebbero ancora giocare per l’anello con i Celtics o con chiunque sia ad un campione e rotti dal titolo. Praticamente mezza NBA, quindi.

Stefano Olivari, 11 giugno 2012

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