Nostalgia di Benetton

3 Maggio 2012 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dalla terra del Fuoco in trepidante attesa della rimpatriata bolognese a Rivabella del primo giugno, una preghiera che finirà con la partita degli Old nel nome di Enzino Lefebre che era nella nostra mente e nel nostro cuore mentre guardavamo la Forrestal Armani invadere la baia di Villorba dove il Palaverde custodiva, custodirà  per sempre, l’epopea Benetton dove hanno navigato sotto Giove Buzzavo grandi allenatori e straordinari giocatori. Non facciamo nessun nome per non correre il rischio del vaffa che, sicuramente, ha raggiunto via etere chi citava e dimenticava, che ha fatto prudere il naso ai cronisti smemorati. Ognuno con il proprio  ricordo, agrodolce che sia, la verità è che ci mancherà Gilberto Benetton, non il marchio, non la sua famiglia che il basket lo ha appena tollerato perché il genio di casa amava Briatore e la Formula uno prima del rugby che è altra cosa, stupenda, ma altra cosa, perché i figli si sono interessati di tutto, ma non certo di quel cuore che era il grande sport, pur ammettendo che conoscendo certi falsi professionisti, più nel basket che nel volley, era facile farsi la domanda che poi tormenta gli eredi di qualsiasi patrimonio: ”Perché dobbiamo pagare noi i molti vizi e le poche virtù di tante braccia rubate all’agricoltura?”.

Discorso antico, troppo vecchio per rimettersi a ragionare su tutto, proprio adesso che senti parlare di Siena per i problemi della Fondazione, per le beghe politiche più che per i successi di una strardinaria società di basket che, però, vive di luce riflessa in una città speciale, unica, inimitabile. Eh sì, tanti cercano di fare un Palio, ma nessuno lo fa come i senesi che ai turisti, contrariamente agli imitatori, dicono spesso: state pure a casa, questa è storia e cosa nostra. Eh sì, tanti hanno provato a sfidare Siena, Minucci e Pianigiani e si sono rotti le corna, magari in modi diversi, ma se le sono rotte spendendo più meno le stesse cifre, direbbero più a Milano che a Cantù. Così come dovrebbero essersi rotti di fare soltanti i vassalli quelli che sono sfidanti sul campo e nel giardino zoologico di una Lega che non dovrebbe essere allertata per le uscite del Proli e dello Scariolo, ma per tutti gli errori che sono stati fatti nascondendosi dietro una crisi economica che certo esiste, ma che andava e andrebbe combattuta con le idee. Vi sembra una buona idea sparire per tanto tempo fra il fine campionato e l’inizio dei play off? Eh, siete bravi voi della Patagonia a dare lezioni. Se Siena fosse andata alle finali dell’Eurolega sarebbe stato tutto logico. Già. Ma non ci è andata e la cosa era nota da tempo. Palazzetti da risdoganare, impegni già presi. Ecco che cascano gli asini. Una Lega vivace di mente e con idee  che vanno oltre il burocratico sissignore ai potenti avrebbe reagito subito, così come si sarebbe accorta della disaffezione della stampa scritta, dei tormenti televisivi dopo la Camelot di SKY dove avremmo buttato nel rio Gallegos soltanto quelli dell’ironia del Biascica, vero protagonista di un film culto come il Boris del Pannofino che ci fa emozionare come il Polonara che sul campo e fuori fa e dice cose che sembrano ridarci fiducia nel domani.

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