La scoperta della NFL

24 Maggio 2012 di Roberto Gotta

Il football è il mio sport preferito, non ho alcun problema a dirlo: mi intriga sul piano tattico, mi esalta sul fronte dei duelli in campo e, più intimamente, quando ero modesto giocatore (1983-86, Towers Bologna, subito dopo il mio ritiro andarono ai playoff e un motivo ci sarà) mi aiutò ad uscire dal guscio esistenziale in cui ero vissuto fino a quel momento, creando amicizie e conoscenze che permangono e che assomigliano vagamente a quelle che sorgono in battaglia. Paragone spero non irriverente per chi le guerre vere le ha viste da vicino, ma che può dare l’idea. Molti sport di squadra affondano le radici in una solidità collettiva nata dalla somma di sofferenze individuali, e in una gloria personale originata dal lavoro di gruppo (il rugby, ad esempio), ma fatico a individuarne uno che riassuma in sé con tanta forza tutti questi elementi. E dire che normalmente storco il naso davanti a tutto ciò che è associazionismo, comunità, gruppo: tutte entità che a mio avviso abbassano alla soglia inferiore il livello di ciascun individuo, invece di elevarlo. Ma il football è diverso.

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