Il lungo addio di Garrone

7 Marzo 2011 di Stefano Olivari

Dalla Champions League alla lotta per la salvezza senza passare dal via, questi sono stati i sei mesi più strani nella storia della Sampdoria. Mentre scriviamo queste righe Di Carlo non è ancora stato esonerato, anche se probabilmente lo sarà fra poco (Cavasin?), ma di sicuro il meno colpevole della situazione è lui. Allenatore per squadre di cilindrata più bassa della Samp, ma comunque allenatore vero: paradossalmente ma nemmeno tanto lo stesso discorso che si fa per Del Neri alla Juventus.

Il trionfo del Cesena a Marassi ha solo dato l’ultima spallata a una situazione creata da un misto di ripicche personali e di ambizioni sbagliate. Facile mettere in copertina Cassano, letteralmente regalato al Milan (che ha pagato solo parte dei 5 milioni dovuti al Real Madrid) per una questione di orgoglio che un presidente dovrebbe mettere da parte, o Pazzini venduto non benissimo (12 milioni più l’inutile Biabiany) all’Inter, il problema è che la Sampdoria arrivata ad alto livello ha smesso di avere una identità. Non è un problema di patrimonio personale, perché Riccardo Garrone potrebbe pagare i giocatori come Abramovich e Moratti, ma di immagine. Ibrahimovic è andato al Milan, nonostante i soldi del Manchester City fossero quasi il doppio, un po’ per la Champions e un po’ per la status internazionale del club. E’ una cosa crudele da dire, ma per quello che è diventato il calcio europeo inserirsi nel ristretto circolo dei grandi club non bastano i soldi: occorre un prestigio costruito nel tempo e solo in seconda battuta investimenti (traduzione: spese folli e reiterate nel tempo senza alcuna garanzia di vincere) per attirare i campioni. Il Chelsea ci ha messo una decina di anni per arrivare in questa elìte, il City è su questa strada, Garrone semplicemente non ne ha avuto voglia. Non volendo rimanere a metà strada, spendendo comunque tantissimo e incontrando le resistenze di una famiglia in gran parte genoana, ha preferito tagliare. In attesa di togliere il disturbo. Diventare una Udinese bis, cioé una squadra che compra e vende con intelligenza rimanendo in eterno a livello medio-alto, può essere un progetto che appassioni Preziosi ma di certo non Garrone. Per lui che fino a sessant’anni non si è interessato al calcio e che dopo ha scoperto la libidine dell’essere riconosciuto per strada, la Samp rimarrà comunque un dolce ricordo. Il futuro blucerchiato? Buono ma mai buonissimo, è la dura legge per chi accetta di far parte di un circolo ma da socio di serie B.

Stefano Olivari
(pubblicato sul Guerin Sportivo)

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