La mentalità europea del Napoli

15 Dicembre 2010 di Dominique Antognoni

di Dominique Antognoni 
Stasera ci sarà Napoli-Steaua Bucarest. Una gara fra una squadra che da vent’anni non è capace di arrivare nelle coppe (impresa riuscita perfino a Bologna, Vicenza e Chievo) e una che ci va ogni anno. Detto questo, è chiaro che il Napoli parte favorito. Per la stampa italiana sono pronti i due pezzi che metteranno in evidenza, in base al risultato, la voglia napoletana di emergere anche in Europa oppure la certezza che qualificarsi sarebbe stato controproducente per il sogno Champions.

Se vinci è perché hai fame di successo e questo Napoli è inarrestabile. Poi i 60.000 del San Paolo saranno stati decisivi con la loro spinta. Se perdi paghi il pensiero al campionato e anche la mancanza di esperienza internazionale: pazienza se nello Steaua giocano ragazzini di 20 anni. Si dirà che i rumeni sono più abituati a giocare nelle coppe, quando nell’undici titolare nessuno ha esperienza internazionale. E il pubblico, in caso di sconfitta? Niente spinta? Non sarà stato decisivo? Tranquilli: hanno applaudito i propri giocatori alla fine. Insomma, una bella serata di sport. I giornali sono coperti in ogni caso.

Vincitore sicuro sarà il festoso pubblico napoletano, festoso e passionale. Questa frase non manca mai quando si parla dei partenopei. Mai. A prescindere, sono calorosi e dimostrano un amore infinito per la propria squadra. Lo si deve sempre dire, va in automatico, manco fosse il bollettino della neve quando la gente va a sciare. Così calorosi che stasera potrebbe scapparci il morto.All’andata si andò vicino. Sia chiaro: per passione, perché quando ami troppo qualche leggerezza ci sta. Dare botte al rumeno (come all’inglese, un mese addietro) è da capire e da giustificare: aaah, l’amore…

E poi su 60.000 simpatici napoletani (perché sono sempre simpatici) ce ne sta sta uno che viene con il coltello: una sparuta minoranza, come si dice in questi casi. Sempre e solo sui quotidiani italiani Perché agli altri non importa un fico secco di lisciare la gente e parlare del tempio di Maradona. Anni addietro Shevchenko (unico difetto la troppa educazione, infatti era la vittima degli pseudogiornalisti più invadenti e ignoranti) stava per andare a giocare a Napoli, era la sua prima volta al San Paolo. Gli chiesero: “Quanto sarai emozionato nel giocare sul campo di Maradona?”. L’ucraino, che in vita sua avrà visto tre partite di Diego in tv, rimase di stucco, come per dire “Che c’entra?”. Poi, dopo una lunga pausa, ricordando che nel calcio più menti e più vivi, rispose: “Tantissimo”. Ovvio che i titoli del giorno dopo furono un tripudio. Peccato non aver visto la faccia dell’attaccante mentre diceva queste parole.

Ma non divaghiamo. Dopo Napoli-Liverpool gli inglesi sono andati a giocare a Bucarest. I dirigenti rumeni ne hanno approfittato per chiedere ai britannici come ci si deve comportare una volta arrivati sotto il Vesuvio. Il commento schifato della gente di Liverpool? “Non ci andate, là chi ammazza non viene punito, la polizia non riesce a fare nulla”. All’andata gli ultras dello Steaua hanno pensato bene di picchiare quelli napoletani, forse per vantarsi del fatto che non hanno alcuna paura di gente che viene da una città problematica. Fu una caccia al napoletano selvaggia, ci hanno detto testimoni oculari. Oggi è prevedibile la vendetta, senza bisogno di un file segreto divulgato da Wikileaks.

Noi ve lo diciamo da ora, perché sui giornali leggerete solo di un popolo azzurro in festa. Perché per la stampa italiana esiste solo l’aspetto festoso, a Napoli. E’ bastato vincere a Genova contro la squadra di Ballardini per parlare di scudetto. Sei punti dal Milan, ma si parla di scudetto. Perché non della finale di Champions 2012? Tutto questo per dirvi quello che già sapete, visto che come noi non fate i giornalisti: il giornalismo non esiste più.

Giorni fa la prima firma di un quotidiano sportivo (il giornalismo è scomparso, ma qualche giornalista bravo esiste ancora) ci ha fatto un quadro davvero illuminante della situazione: “Noi non possiamo scrivere quello che vogliamo. Nelle varie città abbiamo le edizioni locali e quando la squadra va bene vendiamo tante copie. Mica possiamo dare un dispiacere al tifoso, poi non comprano più: per cui scriviamo in maniera positiva e nascondiamo le magagne. A Napoli vendevamo 80.000 copie al giorno ai tempi di Diego. Dobbiamo accontentarli”

Il discorso non fa una piega, tutti teniamo famiglia. Ci sfugge un solo aspetto: perché non si scrive sotto il logo del giornale una frase del tipo “Quello che state per leggere è lontanissimo dalla realtà, evviva il tifoso”? E perché i giornalisti continuano a prendersi sul serio, considerandosi i paladini della verità? In politica, nello sport, nella cultura, a funzionare commercialmente è solo il tifo. Non è che un tifoso del PD o del PDL sia più intelligente di un tifoso di Inter o Roma, la logica è la stessa. Un mondo schifoso, certo, ma almeno raccontiamolo.

Dominique Antognoni
(in esclusiva per Indiscreto)
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