I sigari di Boscia Tanjevic

13 Settembre 2010 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni
Un uomo che lascia sempre qualcosa, il 2001 vendicato, i Toti da tenersi stretti, l’Europa regalata, l’ironia di Michelini, il Mondiale della Rai, i coetanei di Gallinari e Melli.

Oscar Eleni da Antalya, montagne turche del tauro, dove è andato a cercare i sigari lasciati per i pochi amici rimasti che il Boscia Tanjevic, figlio di Plievlja, del Montenegro, vero cittadino del mondo, allenatore dell’anima anche per giocatori disfatti dal professionismo, aveva nascosto nelle caverne di karain dopo la sconfitta della nazionale italiana nell’europeo delle vendette postume di nove anni fa. Pozzecco, escluso dalla squadra che vinse a Parigi, ubriaco sul tavolo a danzare insieme al suo amico Mrsic che aveva portato la Croazia ad eliminare gli azzurri, i dirigenti a fregarsi le mani in un angolo scuro perché gia’ pensavano al sostituto (Recalcati è stato bravissimo, ma lui ha trovato una strada tracciata sul rischioso pendio; certo ha guidato bene, meglio di tutti, ma non era questo il problema), al loro regno senza interferenze per potersi prendere pennini, occhiali e mutande da sfilata dolce. A proposito diteci, voi che pensate gia a detronizzare Meneghin, chi mandereste nella casa della gloria Fiba fra i vostri giannizzeri. Siamo andati a cercare quei sigari perché avevamo voglia di fumarli insieme alla gente di Sarajevo, Caserta, Trieste, Milano, Limoges, Buducnost, Villeurbanne, persino quella della perfida Bologna che lo trascinò a fondo nel caos Madrigali, Istanbul, senza parlare di Roma e Belgrado, dove in tanti hanno voluto bene a Boscia Tanjevic, dove in tanti, anche non credenti, hanno comunque pregato davanti al ramoscello della boscia tormentata, della boscia che cresce in Transilvania e in Madagascar, regina delle capparacee.
Aspettavamo questo giorno di purificazione nel mare più bello della Turchia mentre a 300 chilometri di distanza, nella nuova sala Erdem da 15000 posti, la nazionale turca del Boscia affrontava nella finale di un Mondiale tutto da vivere e godere, grazie Rai di avercelo regalato quasi al completo, gli Stati Uniti del Kevin Durant che ami al primo sguardo, che vorresti allenare sempre, che vorresti nella tua squadra del cuore più di qualche sbruffone da sagra delle razze, più degli uomini d’oro alle olimpiadi cinesi. Doveva pur esserci un giorno in cui avremmo potuto rinfacciare quella triste estate del 2001, anno delle scimmie, a tutti quelli che avevano tradito l’allenatore capace di regalare ai giocatori se stesso senza pretendere altro che amore e dedizione alla fatica, alla logica, alla tecnica e solo una minima comprensione alla sua vocazione di essere catalogato nel partito dei malvestiti come predicava il professor Guerrieri mandando a quel paese lo snobismo di ex poveri. Era il gruppo d’oro di Parigi, ma anche quello che gli aveva rubato una meritata medaglia olimpica a Sydney, quello inventato dal suo coraggio anche se poi questa voglia di stupire sempre gli aveva fatto scambiare per uomini dei ragazzi che era facile far tradire se i ser biss del sistema sussurravano le paroline giuste.
Volevamo una vendetta sul campo ed è arrivata proprio adesso che questo gigante si deve misurare, ogni giorno, con le “figlie di Aracne” in sala chemio, proprio nel momento in cui aveva detto di aver finito energia e aveva accettato nuove motivazioni puntando sulla faccia triste di Toti, sulla Roma delle delizie e dei tormenti, un gruppo non squadra, una società non gruppo. Pazienza. Lo sopporteremo in questo nuovo ruolo di tutor per rodomonte Boniciolli, uno che sa soffrire la professione, ma anche uno che si è fatto troppi nemici dicendo verità scomode a gente che non voleva la verità ma l’inganno. Vedremo come andra questa nuova avventura di una coppia che già aveva sofferto tanto insieme ai tempi di Trieste, dell’impero Stefanel che abbiamo perduto per aver dimenticato che i proprietari esistono non soltanto per dare quattrini, ma per essere coccolati, vezzeggiati, trattati bene, esaltati quando se lo meritano. Non lo abbiamo fatto e il basket che produce soltanto debiti se li deve tenere stretti quando ha la fortuna di scoprire una miniera di passione come è capitato alla fortunata gente di pesaro con Scavolini, di Treviso con i Benetton, della stessa Roma con Toti che non ha mai capito chi era davvero dalla sua parte. Ora teniamoci tutti questi che mandano avanti il carro di una serie A che cerca la Dalila per tagliare i capelli al Sansone senese, altra culla per una passione diversa da quella di tutte le altre citta perché Siena è qualcosa di speciale e diverso nel tempo. Accarezziamoli anche quando sbagliano, urliamo forza a tutti quelli che ci provano, facendo attenzione a quello che si dice perché i nuovi sono feroci in tutto, permalosi come vergini dai candidi manti, gente che si contraddice in troppe cose per non farti ridere e piangere allo stesso tempo, ma va bene così.
Rilanciamoci con un bel campionato adesso che l’Europa ci ha regalato il treno straordinario per andare in Lituania, per essere presenti all’Europeo senza i lavori forzati di una qualificazione supplementare. Turchia come spiaggia per la banda di giannizzeri che ha accompagnato un Mondiale dove i giocatori nuovi ci hanno fatto capire quanto siamo indietro. Per raggiungerli non basterà l’organizzazione, ci vorrà molto di più nella speranza di trovare un Dimitri Khvostov nella nostra Ivanovo, un regista che usa il passaggio come una lama.
Mondiale della felicità per averlo potuto vedere quasi tutto, esaltandosi nella prima settimana passata a brindare con Lauro e Michelini, una coppia che puo fare ancora di più se si fara attenzione alle invasioni di corsia e competenza, se si avrà la compiacenza di accettare anche qualche esagerazione ben sapendo che l’ironia del Michelo manca del tutto alla controparte di Sky, che la pazienza di questo allenatore scomodo, eh si caro Taucer è un buon allenatore anche se vede tattica quando Nachbar schiaccia difese per il tiro da tre del Lakovic che con una rasoiata del genere fece finire nel calderone della paella di Alicante la nazionale ormai bollita di Recalcati. Volevamo andare fino ad Antalya per scoprire cosa tiene insieme quelli che ancora ci fanno ridere raccontando tutto come se avvenisse nel loro orticello dove ti senti competente fumando origano e marijuana allo stesso tempo: pazienza se ti trovi in mezzo a bufere ormonali, a guerre di religione, se gli uomini diventano uomini perche si trovano proprio in quella speciale trincea che andrebbe comunque descritta per far capire quanto puo pesare un pallone, una scelta.
Non ci siamo arrivati. Abbiamo visto tutto da casa maledicendo ogni volta che la Rai tradiva, che passava dalla parabola al digitale, ma ci siamo persino baloccati in streaming ed è stata goduria vera. Grazie Rai per averci fatto scoprire l’incapacità di chi spreca due canali sportivi con repliche assurde come quella del tambu-beach, grazie per averci aiutato a capire quanto può essere difficile la vita di un Franco Lauro se deve battersi con il polo canoa, il tiro alla fune per avere un evento mondiale davvero, quanto è diversa la competenza editoriale se tiene a casa un telecronista e ne manda dieci per anusare i piedi di qualche calciatore mozza orecchi.
Il Mondiale lo abbiamo visto e il canale che ha il campionato in esclusiva dovrebbe spiegarci perché lo ha trattato come i più fanfaroni fra i giornalisti americani, incapaci di vedere nascere un fiore al di fuori delle loro arene. Per fortuna non ha pensato alla stessa maniera il famoso Coach K, per fortuna no
n tutti avevano una marchetta con le nuove scarpe e un appuntamento con il ventiduenne Gallinari che avrà certo notato quanti suoi coetanei, anche della NBA, erano nella grande arena per misurarsi, farsi pesare e giudicare. Prima di tornare a casa ad accarezzare i vostri giocatorini pensate un po’ a quello che abbiamo visto in Turchia. Illudersi di essere sullo stesso treno di Lituania, Serbia, Turchia, Grecia, Croazia, Russia, Slovenia, Francia, Spagna e persino Germania potrebbe farci arrestare come viaggiatori senza il biglietto tecnico giusto. Bisogna darsi da fare sul serio e al giovane Melli che forse a Milano non avrà tanti minuti per giocare diciamo di non ascoltare nessun imbonitore che prevede per lui, come aveva previsto persino per Gigli, un futuro in NBA.
Oscar Eleni

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