La differenza fra pallone e pallina

22 Novembre 2009 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari
Ritardi, serie, alternanze, legge dei grandi numeri: buona parte della stampa specializzata in scommesse affronta l’argomento con una logica degna della roulette. Che è il gioco statisticamente più onesto dell’universo, scontando solo la cosiddetta tassa sullo zero (circa il 2,7%), ma nel lungo periodo è lo stesso perdente. Nel caso del calcio non ci si può aggrappare nemmeno a considerazioni matematiche, per quanto labili e fallaci. Dal fatto che il Liverpool sia dato a 1,90 contro il Manchester City vari ‘esperti’ dedurrebbero che i Reds abbiano il 52,6% (100 diviso 1,90) di probabilità di vincere. Non è vero, visto che la quota tiene conto anche dei comportamenti degli scommettitori e dell’aggio del bookmaker: ma non stiamo a sottilizzare, prendiamo la premessa per buona. Il problema è che da questa premessa nascono ragionamenti di stampo roulettistico: in pratica si consiglia, dopo il primo colpo perso, di andare al raddoppio della posta su un’altra partita con la stessa quota. In alternativa di usare una delle tanti montanti rovina-famiglie. La pallina non ha memoria, ma il calcio a volte sì: le partite in un certo range probabilistico non rispettano quindi nemmeno una ‘quasi’ equilibrata distribuzione fra vittorie e sconfitte. In altre parole, scommettendo un milione di volte cento euro su una squadra data a 1,90 il ritorno verso il pareggio o verso una modesta perdita non è affatto garantito come invece sarebbe in una ipotetica notte infinita fra Manque e Passe.
(pubblicato sul Giornale)

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