La musica di Salif Keita

22 Febbraio 2007 di Stefano Olivari

Siamo nell’estate del 1967, quella che in California verrà definita la “Summer of Love”, in cui da Berkeley parte la Rivoluzione dei Fiori che esploderà con il concerto di Monterey, l’estate in cui escono “Are you experienced?” di Jimi Hendrix, “Surrealistic Pillow” dei Jefferson Airplane e gli album omonimi dei Doors e dei Grateful Dead. Da questa parte dell’Oceano i Fab Four celebrano il Mondiale vinto un anno prima da Bobby Charlton e compagni con il “Magical Mystery Tour” e “Sgt.Pepper Lonely Hearts Club Band”, mentre in Francia una piccola squadra di provincia, il Saint-Etienne vince per la terza volta nella sua storia il campionato. Sono passati troppi anni dall’epopea dello Stade-Reims senza che una squadra francese faccia parlare di sè anche in Europa, e per Roger Rocher, ambizioso e geniale presidente dei Verts, è giunta l’ora di voltare pagina; il tecnico che può far fare il salto di qualità alle Pantere non può essere altri che Albert Batteux, il primo vero teorizzatore del cosiddetto calcio-champagne, che ha guidato dieci anni prima lo Stade-Reims e la Nazionale al Mondiale 1958, e che ha fatto diventare un giovane minatore di origine polacca di nome Raymond Kopaszewski il Napoleone del calcio francese con il soprannome di Kopa. Batteux eredita dal predecessore Jean Snella un’ottima squadra, con il portiere Carnus, il difensore Bosquier, i centrocampisti Robert Herbin e Aimè Jacquet (proprio lui…), gli attaccanti Hervè Revelli e Bereta. Il primo colpo di mercato voluto da Batteux è un giovane talento del Mali: Salif Keita. La leggenda vuole che Keita, allora sconosciuto, sia fuggito da Bamako senza il visto per la Francia, ed una volta atterrato all’aeroporto di Paris-Orly sia salito su un taxi esclamando: “le stade de Geoffroy Guichard, à Saint-Etienne”, senza sapere che si trovasse ad oltre 500 km. Rocher però non si è mai pentito di aver pagato quel salatissimo conto del taxi, perchè Keita è un fuoriclasse vero e trascina il Saint-Etienne alla vittoria di tre campionati consecutivi tra il 1968 e il 1970 (con l’aggiunta in bacheca di diverse coppe nazionali), tanto che secondo i suoi compagni è “il calciatore più forte mai visto” mentre Batteux, nel descriverlo, non sceglie certo il profilo basso: “se fosse nato in Brasile avrebbe oscurato la stella di Pelè”. Dopo alcuni assalti all’Europa terminati senza gloria, nella Coppa dei Campioni 1969/70 i Verts hanno l’occasione di entrare nella storia dopo essere stati sorteggiati già al primo turno con il talentuoso Bayern Monaco dei giovani Sepp Maier, Franz Beckenbauer e Gerd Muller. L’andata è in Baviera e la squadra di Batteux viene letteralmente asfaltata dai tedeschi; i gol di Brenninger e Roth (non sarà il suo ultimo gol ai Verts) valgono il 2-0 finale, ma i gol potrebbero essere molti di più se il Bayern, troppo sicuro della qualificazione, non peccasse di presunzione nel finale, fallendo numerose occasioni. Il primo ottobre 1969 si gioca il ritorno al Geoffroy Guichard; Batteux, sfruttando la sua grande eloquenza ed il suo carisma, ha portato in ritiro la squadra per caricarla a dovere (all’epoca il ritiro era molto meno comune di quanto si pensi), tanto che dopo due minuti di gioco Hervè Revelli, ha già aperto le marcature. Trascinati dal pubblico caldissimo, dopo un’ora di gioco i Verts pareggiano i conti ancora con Hervè Revelli, un vero leone d’area che per lo stile di gioco coraggioso può ricordare il nostro Boninsegna e che per tanti anni vestirà la maglia del Saint-Etienne segnando gol a raffica. A nove minuti dalla fine è l’asso Keita, con uno strepitoso colpo di testa, a segnare il 3-0 che vale il sorpasso e che manda in visibilio i tifosi allo stadio e la Francia intera, unita nel tifo per i Verts contro il fortissimo Bayern. Purtroppo nel turno successivo la sfortuna ed il solido Legia Varsavia di Kazimierz Deyna (autore di due gol nel doppio confronto) e Gadocha eliminano i francesi, che l’anno successivo escono già al primo turno contro il Cagliari a causa di una doppietta del miglior Gigi Riva di sempre. Il ricco Olympique Marsiglia intanto copre di denaro Carnus, Bosquier e Keita, che se ne vanno, Batteux entra in attrito con la società, ed i risultati sempre meno soddisfacenti convincono Rocher che è l’ora di rinnovare la squadra affidandola proprio a Robert Herbin, che a soli 33 anni prende il timone di una squadra in possibile declino e che decide di rilanciare partendo dai giovani e dai migliori talenti lanciati da Batteux: è il 1972. Come giocatore Herbin è un centrocampista estremamente versatile, ha disputato il Mondiale 1966 e terminato la carriera in difesa anche se non in nazionale perchè in quegli anni debutta la fortissima “garde-noire” formata da Jean-Michel Adams e Marius Tresor. Un anno, schierato come punta, ha segnato oltre venticinque gol; questa sua duttilità da vero e proprio giocatore universale e la grande considerazione nei confronti del maestro Batteux lo portano a capire prima di altri quale sia l’importanza del gioco collettivo. Herbin è inoltre uno dei primi allenatori a dare grande peso alla preparazione atletica, comprendendo come il gap del calcio francese nei confronti di quello nord-europeo in quegli anni sia da colmare soprattutto sul piano fisico. Non è un caso che il modello di gioco a cui Herbin si ispira sia quello dell’ Ajax di Cruijff e Neeskens. Per la stampa francese Herbin è “la Sfinge” perchè in panchina non lascia mai trasparire la minima emozione, nè rivela mai il segreto del suo grande rapporto con i giocatori che lo stimano e lo rispettano nonostante un carattere duro ed energico, e degli allenamenti decisamente faticosi. Per costruire il nuovo Saint-Etienne, insieme ad Herbin, Rocher nomina come direttore sportivo Pierre Garronaire, un ex rappresentante di “maroquinerie” che però conosce bene il calcio e ha contatti in tutto il paese; questa rete di amicizie (non nel senso italiano/moggiano del termine) gli permette di avere sempre in anteprima le notizie sui migliori giovani, che subito contatta per portarli a Saint-Etienne. Il suo lavoro di scouting dà immediatamente grandi risultati, perchè i Verts ritornano campioni nella primavera del 1974. Della squadra di Batteux sono rimasti il bravo terzino Gerard Farison (uno dei primi difensori davvero continui anche nella fase offensiva), Jean-Michel Larquè, “meneur-de-jeu” della nazionale dotato di grande classe e specialista dei calci piazzati, Georges Bereta che però decide di andarsene alla fine del 1974 per contrasti con Rocher (proprio Larquè ne prende il posto come capitano dei Verts), ed Hervè Revelli, ritornato dopo una parentesi di due anni al Nizza. L’assalto alla Coppa dei Campioni, vero obiettivo del Saint-Etienne che ormai domina facilmente in campionato, può finalmente ripartire.

Carlo Maerna
carloblacksun@hotmail.com

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