1997, Fenomeno Ronaldo: cosa resterà dei Novanta

18 Marzo 2021 di Stefano Olivari

1997, Fenomeno Ronaldo, appena guardato su Sky Sport, ha un grande merito, oltre a quello di raccontare i retroscena della clamorosa operazione con cui l’Inter di Moratti strappò al Barcellona il miglior giocatore del mondo. La nuova puntata della Storie di Matteo Marani ci permette infatti di rivivere il clima sportivo e culturale di un’epoca poco celebrata o criticata, al contrario dei decenni precedenti. È come se i Novanta fossero stati per l’Italia il primo decennio di un periodo che stiamo vivendo ancora adesso, fra telefonia mobile, internet, post-politica e retorica europeista.

In 1997, Fenomeno Ronaldo il calcio viene quindi rappresentato per quello che è: non uno sport, ma la nostra vita. Fra Berlusconi, Versace, Prodi, Lady Diana, Titanic, i Radiohead, la prima Playstation (protagonista del bellissimo inizio, in cui tanti di noi si possono identificare con facilità), eccetera, il calcio ha la sua importanza, con le mitiche sette sorelle, e spiega bene quell’era di esagerazioni simil-ottantesche ma con strumenti e logiche più simili a quelli di oggi. Detto questo, anche la parte calcistica del documentario di Marani contiene spunti di riflessione. Ed il principale è questo: perché Ronaldo a parità di offerta complessiva, parlando solo di cifre ufficiali, scelse l’Inter?

Una parte forte è quella in cui vengono alternate le interviste a Giovanni Branchini, uno dei tre procuratori (gli altri erano Pitta e Martins) di Ronaldo e all’allora vicepresidente del Barcellona Joan Gaspart. In pratica in maggio dopo che Inter, Lazio e Glasgow Rangers avevano fatto offerte enormi al Fenomeno, da meno di un anno in Catalogna, il Barcellona si era deciso a pareggiarle anche se con una formula ibrida: in pratica parte dell’ingaggio di Ronaldo sarebbe stato pagato da aziende terze. Mancava solo la firma, come si diceva e si dice ancora, ma dopo l’accordo e il brindisi a champagne sembrava tutto fatto per Ronaldo blaugrana a vita.

Invece a un certo punto Branchini si alzò dal tavolo e andò a telefonare a Moratti. Per avvertirlo che Ronaldo aveva deciso di rimanere al Barcellona, secondo la versione di Branchini. Per riaprire la trattativa ed incassare più soldi, secondo quanto suggerisce Gaspart. Sta di fatto che dopo la rottura con il Barcellona, spiegata con il cambio di alcune clausole rispetto agli accordi verbali, il pagamento da parte di Moratti di una clausola di rescissione ai tempi notevole (in totale 51 miliardi di lire, compresi i soldi del lodo FIFA) ma non fuori dal mondo Ronaldo firmò per l’Inter e nel documentario viene mostrato l’originale del contratto fino al 2002: 31 miliardi di lire lordi l’ingaggio per la stagione 1997-98, circa 10 per ognuna delle successive 4 stagioni.

Al di là dei soldi, perché in questo come in tutti gli altri casi di mercato le cifre ufficiali sono da asteriscare, come mai Ronaldo lasciò una delle squadre più forti del mondo, che aveva appena vinto la Coppa delle Coppe ed era arrivata seconda nella Lega dietro al Real di Capello? Per andare in un’Inter che aveva ottimi (Pagliuca, Bergomi, Winter, Simeone) e discreti giocatori, ma certo non era il Barcellona ed aveva un allenatore come Gigi Simoni, bravissimo ma sconosciuto all’estero. Anche in questo senso un’operazione in parte paragonabile a Maradona al Napoli nel 1984, ma non certo a Cristiano Ronaldo alla Juventus nel 2018: squadra molto più forte ma fuoriclasse che il meglio lo aveva già dato. Al di là della risposta e di Ronaldo, alla fine del documentario rimaniamo con la voglia di tirare fuori la PlayStation 1 e con un una domanda alla Raf: cosa resterà degli anni Novanta?

Share this article