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1992, da Tangentopoli a Forza Italia
Stefano Olivari 02/04/2015
Dopo la quarta puntata di 1992, la fiction di Sky ambientata nei mesi di Tangentopoli, si può dire che anche in Italia è possibile girare fiction senza l’ossessione di piacere a tutti: è ovvio che ciò possa accadere più facilmente in una pay-tv e non su un canale generalista, ma è anche questione di obbiettivi di share. Su RaiDue, Italia Uno o La Sette un prodotto del genere andrebbe probabilmente bene, anche se fatichiamo a immaginarci in una loro prima serata la scena di una ragazza della scuola steineriana che fa una sega al compagno di banco. Con 1992 Sky fa anche un significativo passo avanti rispetto a Gomorra o Romanzo Criminale, guardabili ma certo non pericolose perché certi collegamenti con personaggi noti erano soltanto suggeriti mentre qui sono obbligatori. Puoi mettere tutti i disclaimer anti-querela di questa terra, ma Di Pietro rimane Di Pietro (sia pure tagliato con l’accetta), Dell’Utri rimane Dell’Utri, eccetera.
La trovata geniale degli sceneggiatori, fra cui lo stesso protagonista Stefano Accorsi (il soggetto è suo), è stata quella di copiare umilmente le fiction USA, specialmente quelle del genere Casa Bianca e dintorni, che a personaggi riconoscibili e con nomi veri affiancano personaggi di fantasia ma spesso più credibili di quelli reali (in quanto sintesi di diversi personaggi reali e non solo di uno). Sembra uno schema facile, ma l’equilibrio è fragilissimo. È il caso di Leonardo Notte (Accorsi), pubblicitario che Dell’Utri ingaggia non per vendere spot ma per studiare in quale modo Fininvest possa trarre vantaggio da quella stagione di mutamenti sociali e politici: in lui, da studente di estrema sinistra a consapevole strumento del potere, anche una spruzzata di Sergio Cusani. Invece Veronica Castello (un’ottima Miriam Leone, Miss Italia 2008, che al di là della fighezza ha una certa luce di intelligenza negli occhi) è un evidente mix di tante figure reali di showgirl, di quelle che ti trovi un giorno a condurre un programma sugli scout in escursione e il giorno dopo scosciate in un talk show sportivo senza sapere perché (anzi, sapendolo). Personaggio di superculto della fiction diretta da Giuseppe Gagliardi (di suo abbiamo visto soltanto il savianiano Tatanka, con l’incolpevole Clemente Russo) è però Bibi Mainaghi, figlia viziata di un imprenditore coinvolto in Tangentopoli, interpretata da una Tea Falco presa di mira da molti per la recitazione scadente: in realtà è così scadente che risulta credibilissima, o forse è direttamente bravissima. Le scene in esterna, quasi tutte in posti noti romani e soprattutto milanesi, non abbondano, ma il budget è il budget.
1992 ha un’impostazione ideologica molto chiara: Tangentopoli non è stata eterodiretta, ma aveva come obbiettivo primario l’abbattimento di Craxi (il fatto stesso che sia nata a Milano e non a Firenze o Palermo già dice tutto) più che della Prima Repubblica, con i comunisti che già pregustavano tutto il piatto se non fosse stato per l’intuizione di Berlusconi (o dei suoi Notte): non più sostenere il politico vincente del momento (la tentazione Mario Segni è esistita davvero e la scena, questa crediamo inventata, in cui Accorsi gli porta le mignotte russe è esilarante) e farsi tranquillamente gli affari propri, ma diventare il simbolo di un’Italia definita (anche da lui) moderata che tanto moderata poi non è. In poche parole, senza Tangentopoli Forza Italia non sarebbe mai nata e forse non avremmo conosciuto il ridicolo derby ventennale berlusconismo-antiberlusconismo che alla fine ha prodotto Renzi, summa della furbizia italiana con tratti pre-politici per non dire autoritari. Ma al di là delle analisi storiche, peraltro soltanto delineate, il vero difetto di 1992 è il macchiettismo, limitato dalla bravura di alcuni interpreti (oltre ad Accorsi, Guido Caprino nei panni di un leghista per caso) ma dilagante in ogni scena. Nel complesso però firmeremmo per avere fiction così anche su altre epoche della storia italiana.