Vivere senza Novantesimo Minuto

12 Giugno 2018 di Stefano Olivari

Rompiamo un tabù e diciamo che il Novantesimo Minuto degli ultimi anni è stato meglio di quello degli anni d’oro del teatrino di Paolo Valenti, un autentico festival del provincialismo che però aveva un asso nella manica: le prime immagini del campionato più seguito al mondo, con i giocatori migliori del mondo. Una realtà in cui Maradona accettava di lasciare il Barcellona per firmare con l’undicesima squadra della serie A… Poi chiaramente rimpiangiamo Necco che salutava Gianni Vasino, ma è solo un modo indolore per dire che avere 15 anni è meglio che averne 50. Il Novantesimo dei giorni nostri, quello condotto da Paola Ferrari e Alberto Rimedio, non solo si deve confrontare con una serie A di livello relativo più basso ma anche con le sue peggiori partite della della giornata, visto che il pomeriggio della domenica è di solito spolpato dagli anticipi (con spesso le squadre  in Champions) del sabato e dal posticipo, a volte doppio posticipo. Nessuno freme per vedere le prime immagini di Chievo-Crotone, nemmeno i veri tifosi di Chievo e Crotone che hanno già visto tutto a casa o al bar.

Quante volte è stata annunciata la morte di Novantesimo Minuto? Tante, ma stavolta l’annuncio è supportato dalla nuova linea della Lega che per uscire dall’orrido pasticcio combinato con Mediapro e tutt’altro che vicino alla sua definizione (come minimo balla la caparra da 64 milioni già versata dagli spagnoli) ha intenzione di vendere i diritti televisivi per l’Italia relativi al prossimo triennio non per piattaforma ma per esclusiva di prodotto, con diversi effetti ma due su tutti: in teoria nessuna emittente pay potrà avere tutto il calcio di serie A ma al massimo due pacchetti su tre (c’è comunque già l’escamotage della ritrasmissione, in pratica un accordo per ospitare uno o più canali di altri sulla propria piattaforma, come accade ad esempio per Eurosport, per consentire a Sky di trasmettere tutto) e il calcio in chiaro di fatto sparirà in modo da invogliare, diciamo così, la gente ad abbonarsi più di quanto avvenga attualmente. Vedremo quanti tossici avranno voglia e soldi di fare un doppio abbonamento, sempre che sia necessario (e non lo crediamo, se l’operazione ‘Salvate Sky’ di Malagò si perfezionerà). Prima delle 22 della domenica, questa la linea attuale, nessuna immagine di partite in chiaro e quindi, per come ragioniamo noi, addio a Novantesimo Minuto.

Al di là della retorica sui bei tempi andati, che ci viene naturale visto che Novantesimo Minuto è stato per generazioni di appassionati di calcio l’appuntamento più atteso della settimana, bisogna anche ribadire che questa trasmissione che parte ad handicap per le ragioni citate (partite schifose, in sintesi) nella scorsa stagione si è aggirata intorno al 10% di share, non disprezzabile viste le premesse, con un circa 1.200.000 fedelissimi a puntata. Espressione di un’Italia invisibile, che per i padroni del calcio nemmeno esiste, ma comunque significativa e degna di rispetto. In questo quadro quel milione e passa di persone a cui non crescono 50 e passa euro da dare a Sky sono un pubblico che il servizio pubblico deve raggiungere.

La fredda cronaca dice però che 48 anni di storia finiscono qui, in un anno che purtroppo ha già visto la morte di Franco Costa, Luigi Necco e Giorgio Bubba. Inviati storici legati al ventennio di Paolo Valenti: era una trasmissione basata sull’Italia dei campanili, che con quella attuale aveva onestamente in comune (nel bene e nel male) ormai soltanto il nome. Osservazione finale: il campionato televisivamente più ricco del mondo, la Premier League, permette agli inglesi di vedere soltanto 168 (fra Sky e BT) partite su 380 in versione pay, ma soprattutto mai rinuncerebbe alla sua finestra (pagata circa 240 milioni di euro a stagione fino al 2022) in chiaro, il mitico Match of the Day della BBC che di Novantesimo è stato ispiratore, essendo nato nel 1964, ma che gli è anche sopravvissuto. C’è qualcosa che non capiamo.

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