Sky-Malagò, missione compiuta

14 Giugno 2018 di Stefano Olivari

Vincitori e vinti della partita sui diritti televisivi domestici, definita ieri dalla Lega dopo mesi di caos. C’è anche chi pareggia ed è la serie A stessa, che a livello di vile denaro porta a casa in pratica i 1.050 milioni all’anno promessi da Mediapro prima che Malagò e il partito Sky, all’interno della Lega con quasi tutti i grandi club, scatenassero l’inferno: 973 milioni fra Sky e Perform, 780 (partite del sabato alle 15.00 e alle 18.00, due di quelle della domenica alle 15.00, quelle delle 18.00 e delle 20.30 e quella del lunedì) più 193 (le tre partite restanti: sabato 20.30, domenica 12.30 e 15.00). Senza contare i bonus e la caparra-acconto degli spagnoli, 64 milioni dal futuro incerto. Insomma, i club ricaveranno dal mercato televisivo domestico quanto avevano messo in preventivo e forse anche di più: per tre anni potranno continuare a sbattersene del prodotto che offrono, soprattutto a centroclassifica, dedicandosi al trading su sconosciuti.

A vincere è chiaramente Sky, che acquista i due pacchetti migliori e di sicuro raggiungerà un accordo con Perform per la ritrasmissione del resto su un canale esistente o su uno nuovo creato ad hoc. Insomma, il canottierato Sky al 99% non dovrà fare due abbonamenti mentre il vecchio canottierato Mediaset dovrà passare a Sky o andare al bar. Interessante è capire se Perform, che attraverso la piattaforma DAZN opera nello sport in modo non dissimile da Netflix (per le Germania, esempio, l’abbonamento costa 9,99 euro), otterrà da Sky soltanto soldi o anche partite: fra poter vedere tutta la serie A via web e poterne vedere solo 3 partite a giornata, di cui presumibilmente solo una decente, c’è una bella differenza. Politicamente vince Malagò, che di fatto ha messo sotto tutela il calcio e fra una riforma pasticciata (tipo le seconde squadre) e l’altra non vuole mollare l’osso. Fra farsi il selfie con un fiorettista e decidere il futuro di una delle aziende più importanti del paese, anche adesso che non è più il commissario della Lega, c’è un mondo. Vince anche la RAI, visto che i primi highlights domenicali in chiaro saranno possibili alle 19 e non più dalle 22, qualche soldo entrerà anche da lì con un apposito bando.

Il volto dei perdenti è senz’altro quello di Urbano Cairo, già scornato dopo il fallimento dell’operazione Tebas (anche qui colpo di Malagò, con Micciché inevitabilmente definito ‘uomo di sport’), e primo tifoso dell’operazione MediaPro insieme a Lotito e a un po’ di classe media mentre i sudditi propriamente detti tifavano silenziosamente per Sky come i loro padroni. La sua immagine di Berlusconi minore, nell’editoria, nel calcio, nella pubblicità e forse in futuro anche in politica, è pienamente confermata. Perdono chiaramente anche gli spagnoli, che dopo la vittoria di febbraio hanno voluto fare i fenomeni con un bando scritto malissimo, mescolando il ruolo di intermediari a quello di editori, venendo puniti da una magistratura nazionalista, diciamo così, ma anche dalla propria arroganza. Va detto che a loro sfavore ha giocato anche la scomparsa di Mediaset Premium, che ha reso il mercato italiano di fatto un monopolio, ma il Berlusconi vero ha deciso di scrivere la parola fine ai disastri di Pier Silvio. Fra l’altro le strutture di Mediaset Premium in uno degli scenari circolati nelle mille assemblee avrebbero potuto essere il supporto tecnico della fantomatica tivù di Lega, in cui nessuno ha mai creduto ma che poteva essere la classica pistola messa sul tavolo delle trattative.

Difficile dire adesso se noi telespettatori ci abbiamo guadagnato, il fatto che DAZN possa avere qualcosa in più rispetto al suo misero pacchetto potrebbe cambiare i giudizi ed aprire un minimo il mercato. Sorprende che Eurosport, giocandosi anche la carta del Player, e Amazon Prime siano rimaste ferme. Incredibile comunque che nel 2018 non possiamo pagare un abbonamento soltanto per ciò che ci interessa.

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