Neymar, Tite e le citazioni

24 Giugno 2018 di Stefano Olivari

In linea con le altre grandi tradizionali il gioco mostrato finora in Russia non è ancora brillante, ma il Brasile è a livello di singoli la squadra più completa di questo Mondiale, l’unica con eccellenze in ogni ruolo. Non significa che lo vincerà, visti l’esordio con la Svizzera e la fatica fatta per piegare il Costarica nei minuti di recupero, ma che di sicuro può lasciare un segno e aspettare che Neymar salga di tono dopo i tre mesi di inattività ed un premondiale con i giorni contati. Qualcosa ci dice che a fine torneo questa squadra sarà ricordata almeno come il Brasile di Telé Santana del 1982 e del 1986, magari arrivando anche fino in fondo, e quindi bisogna dare il giusto merito a un Tite che in Europa è sottovalutato perché ha vissuto tutta la carriera in Brasile (“Non si è mai confrontato con il calcio europeo”, come abbiamo letto del resto anche di Pelé), a parte due brevissime parentesi ad Abu Dhabi, mentre in patria è considerato uno dei portabandiera del ‘jogo bonito’, che non significa giocare bene ma giocare secondo l’idea stereotipata del calcio brasiliano che abbiamo non solo noi ma anche molti brasiliani.

Va detto che essere arrivato dopo Dunga e il suo fallimento nella Coppa America di due anni fa lo ha aiutato ad avere buona stampa, ma è sotto gli occhi di tutti che Tite non ha mai derogato da alcuni principi base, nemmeno nelle partite in cui secondo i nostri parametri serviva ‘fare risultato’. Tite è poi uno che i risultati li ha spesso fatti, sia quando aveva cattive carte in mano come con il Caxias do Sul sia quando ha guidato il Corinthians portandolo in cima al mondo nel 2012 battendo nella finale di Yokohama il Chelsea allenato da Benitez, con in campo Cech, David Luiz, Lampard, Mata, Hazard, Torres… Il Corinthians di Tite giocava esattamente come il Brasile attuale: difesa a quattro con due laterali di spinta, due medianoni come Paulinho, adesso con lui in nazionale, e Ralf, una prima punta mobile come Paolo Guerrero (la stella del Perù, al Mondiale per grazia ricevuta) e tre giocatori offensivi di grande mobilità e tecnica, per quanto lontani anni luce da Willian (per non dire Douglas Costa, decisivo con il Costarica), Neymar e Coutinho.

Non sempre Tite ha giocato con questo modulo, non lo ha fatto nemmeno con il Brasile, ma sempre ha creduto nei giocatori di talento ed in generale nei giocatori, al punto da coniare (lui, non i giornali) ai tempi del Gremio la definizione di ‘Democracia Gremista’. Niente a che vedere, nemmeno per le implicazioni extracalcio che fanno sbavare gli storyteller, con la Democracia Corinthiana di Socrates e compagni, ma apertura totale al confronto. È anche per le richieste dei giocatori che si è passati dal 4-1-4-1 delle qualificazioni al modulo attuale, ma non bisogna farsi ingannare dalle definizioni e dai tabellini, perché nememmo con il 4-1-4-1 Tite ha rinunciato al secondo mediano, semplicemente lo ha spostato più in alto per aiutare nel pressing. Nella stessa partita con la Svizzera con cui si è aperto il girone, davanti alla difesa c’era il solo Casemiro mentre quasi sulla linea dei giocolieri c’era Paulinho.

Chiaramente l’azione del Brasile del 1982 partiva in maniera diversa, visto che davanti alla difesa c’erano Falcão e Socrates, mentre forse più calzante è il paragone con il 1986 di Alemão ed Elzo: anche in questo caso mancò la fortuna, non il valore. Volendo esagerare nei paragoni, ma non nelle citazioni che Tite suggerisce, in molte fasi la Selecão 2018 cita apertamente il 4-2-4 degli immortali, con una prima punta ben più tecnica di Vavà. Detto questo, magari Tite sarà buttato fuori agli ottavi ma questo non toglie che stia cercando, con alterne fortune, di far giocare il Brasile come tutti si aspettano che il Brasile giochi. In fondo per entrare nella storia, oscurando i beceri cultori della bacheca, bastano un paio di partite. Citazione per citazione, il gesto tecnico di Neymar tipo l’Ardiles di ‘Fuga per la vittoria’ vale da solo tutto il Mondiale, pur rispettando chi si masturba guardando il gegenpressing (che a volte fa anche questo Brasile, peraltro).

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