Gli anni di Dražen Petrović, 25 dalla sua morte

7 Giugno 2018 di Stefano Olivari

Il 7 giugno del 1993, esattamente 25 anni fa, fa moriva Dražen Petrović. Rapportato all’Europa il più importante giocatore di pallacanestro di tutti i tempi, che non significa il più forte anche se la discussione ha cittadinanza all’interno di un girone che comprende anche Cosic, Sabonis, Kukoc, Gasol, Nowitzki, Parker, magari fra dieci anni Doncic. Di sicuro è quello che più ha colpito la nostra fantasia nel momento giusto, quello in cui il fuoriclasse ha l’età per essere il tuo fratello maggiore, non tuo padre e meno che mai tuo figlio. Ne è nata una passione, diventata presto ossessione, che ha spinto a compiere viaggi bellissimi in tanti paesi, a conoscere la sua famiglia e alcuni suoi amici oltre che, fuori tempo massimo, a scrivere la biografia del nostro idolo dopo avere visitato la sua tomba. Riproponiamo il capitolo 14 del libro ‘Gli anni di Dražen Petrović – Pallacanestro e vita’, capitolo intitolato Mozart.

Slavko Šajber

L’epopea di Dražen Petrović con il Cibona Zagabria ha avuto un impatto così forte nell’immaginario collettivo che ci si ricorda a fatica del fatto che il Cibona fosse un’ottima squadra anche prima del suo arrivo. La polisportiva nata nel 1945 come Sloboda (cioè ‘Libertà’) ha cambiato varie denominazioni ma è con il nome di Lokomotiva che si è affermata nel basket jugoslavo. Nel 1969 ha vinto la coppa nazionale con Novosel in panchina e il grande Nikola Plećaš in campo, tre anni più tardi la prima edizione della Coppa Korać sempre trascinato da Plećaš, in finale contro l’OKK Belgrado. Nel 1975 le sorti della squadra di basket si separano da quelle del resto del club, su ispirazione di un grandissimo personaggio come Slavko Šajber. Uomo politico ma soprattutto imprenditore, ebreo croato sfuggito per miracolo allo sterminio nazista (con la fattiva collaborazione degli ùstascia di Ante Pavelić), ritiene che a Zagabria siano maturi i tempi per una grande squadra di pallacanestro che vada a infastidire quelle serbe. Individua in Novosel, diventato nel frattempo allenatore di una nazionale che sta vincendo tutto, l’uomo giusto per il progetto. Ma soprattutto Šajber si adopera per trovare sponsor privati alla nuova realtà, che prende il nome di Cibona dal latino cibus bonus. Cose buone, insomma. La proprietà del club è della città di Zagabria, ma i soldi per l’attività corrente devono arrivare dai privati: un po’ in tutta la Jugoslavia funziona così, anche se per le squadre belgradesi si dice che le grandi aziende siano a livello governativo spesso ‘sollecitate’ ad intervenire. A Zagabria per sostenere la nuova squadra di basket arrivano comunque quattro ottime realtà: Badel (alcolici), Franck (caffè), Voće e Kraš (alimentari di vario genere). La Jugoslavia è ancora uno stato comunista, formalmente socialista, ma non c’è bisogno di grandi analisi per osservare che una situazione del genere nell’Unione Sovietica dell’epoca non sarebbe nemmeno concepibile. I risultati arrivano: nel 1980 la Coppa di Jugoslavia, in finale contro il fortissimo Bosna di quel periodo, coppa vinta anche nei tre anni successivi. E arrivano i campionati: 1982 e 1984, come abbiamo già visto, in finale sulla Stella Rossa. Senza dimenticare la Coppa delle Coppe 1982 e una serie di tornei amichevoli utili a far girare il nome in ambito internazionale. Lanciato il progetto, Šajber si dedicherà soprattutto al calcio diventando presidente della federazione jugoslava e cercando, con un certo successo, di ridurre il numero di partite truccate. Un grande uomo di sport, nemico giurato del nazionalismo non soltanto per la sua storia personale, che uscirà di scena quando si dissolverà la Jugoslavia. Ma il suo impatto sul DNA del Cibona è evidente e durerà anche oltre i giorni di gloria.

Dražen e il fratello Aco

Petrović arriva in un contesto in cui assieme ai quattro compagni di nazionale trova anche Ušić, Čutura e Bečić, oltre al giovane (che comunque ha sette mesi e mezzo meno di lui) centro Franjo Arapović. Dal punto di vista tattico e umano l’unica preoccupazione di Novosel è quella di farlo convivere con Aco: diverso da lui come caratteristiche (nel corso degli anni Aco è diventato più costruttore di gioco che realizzatore), ma con una personalità altrettanto forte e quel senso della competizione, anche fra compagni, che può portare a grandi trionfi come a grandi disastri. Se si va nella prima direzione è anche merito degli altri giocatori, che fin dal primo allenamento si barcamenano fra la leadership emotiva di Aco e quella tecnica di Dražen. Certo è che Aco è l’unico giocatore, fra le migliaia incrociati da Dražen nel corso della carriera, a non essere mai stato in soggezione nei confronti del fenomeno e questo Dražen lo avverte, provando un sentimento ambivalente.

Al di là di queste dinamiche psicologiche, ce n’è abbastanza per dominare in Jugoslavia e fare bella figura anche in Europa nonostante le squadre ‘occidentali’ siano dopate dall’utilizzo di due stranieri e in qualche caso anche di americani naturalizzati. La prima partita di campionato in maglia Cibona è curiosamente contro il Šibenka, ma Dražen non fa sconti: 55 punti, a soli 3 dal record individuale del club detenuto da Plećaš. È ovvio che quel Cibona domini il campionato, con la maggior parte delle partite trasformate in un Petrović show, ma la testa di tutti è alla Coppa dei Campioni dove il turno preliminare con il CSKA Sofia si rivela più duro del previsto: andata ai bulgari di 6 punti, al ritorno più 16 per la squadra di Novosel ma con qualche patema. Il secondo turno a eliminazione diretta viene affrontato invece subito nel modo giusto: in Finlandia contro l’Helsingin Dražen ne mette 36 e la squadra vince di 5, aggiudicandosi anche la partita di ritorno quando ne segna 29 per la gioia di Novosel e dell’allenatore ufficiale, che sarebbe Zeljko Pavličević. Trentatré anni, uomo di Novosel in tutto e per tutto, Pavličević è nel club fin dai tempi Lokomotiva ed ha fatto benissimo nelle giovanili. Ma ciò che conta è la qualificazione al girone finale a sei squadre con Real Madrid, CSKA Mosca, Granarolo Bologna, Maccabi Tel Aviv e i campioni in carica del Banco di Roma. Sulla carta il Cibona, pur avendo mezza nazionale jugoslava, è la squadra più debole.

Bisogna resistere alla tentazione di sostenere che tutte le date siano importanti, ma di sicuro il 6 dicembre del 1984 la storia del Cibona di Dražen volta pagina. Il Real Madrid arriva a Zagabria per la partita d’esordio nel girone: gli spagnoli non giocano granché bene e il Cibona vince 99 a 90, ma non è per questo che la partita è ricordata. Trasmessa in televisione in Spagna e in gran parte d’Italia, diventa il momento in cui Dražen Petrović si trasforma nell’idolo di tutti i ragazzi amanti della pallacanestro dei due paesi che trainano il movimento in Europa, insieme a Unione Sovietica e ovviamente Jugoslavia. Mai successo prima, con un giocatore di un’altra nazione e non americano. Né mai succederà dopo, senza il palcoscenico NBA. Una ricerca su You Tube può spiegare lo stile di Dražen di metà anni Ottanta meglio di un libro: palleggio in crossover, atteggiamento di sfida, palleggio, arresto e tiro pazzesco, assist fulminanti, controllo totale del corpo, al tempo stesso fuoco e tranquillità. Quella sera contro il Real di Lolo Sainz ne mette 44, senza nemmeno forzare, ben supportato soprattutto da Knego.

Va sottolineato che il Cibona ha come avversarie, CSKA a parte, tutte squadre con due americani di valore: Brian Jackson e Wayne Robinson del Real, Kevin Magee e Lee Johnson del Maccabi, Van Breda Kolff e Rolle della Granarolo, Townsend e Flowers del Banco di Roma. Quanto al CSKA, si tratta della nazionale sovietica senza i lituani. La squadra di Novosel perde 81-72 a Bologna con la Granarolo campione d’Italia, che limita (ne fa comunque 31) Dražen mettendo su di lui a uomo Van Breda Kolff. Vittoria in casa 88-77 contro il Maccabi (ancora 31 per Dražen) e sconfitta 89-87 a Roma (Petrović 28). La vittoria 95-77 con il CSKA precede la partita del 31 gennaio 1985, anche questa televista in mezza Europa: al Pabellon de la Ciudad Deportiva il Real Madrid prova a vendicarsi trascinato da un ottimo Fernando Martìn, ma Dražen è in serata di grazia: 35 punti, mai una forzatura, tutti i compagni coinvolti soprattutto quando il Real si suicida mettendosi a zona. Alla fine 89-87 per i campioni di Jugoslavia, un’altra impresa.

Il Cibona tutto autarchico rischia seriamente di andare in finale e a questo punto Novosel decide di prendere in mano la situazione: il 20 febbraio a Zagabria contro la Granarolo ridiventa primo allenatore anche dal punto di vista formale. Pavličević non protesta e del resto nemmeno potrebbe farlo, visto che il club è di fatto di Novosel. Vittoria 96-89, con Petrović a 31 punti. Sconfitta di uno a Tel Aviv contro il Maccabi allenato da Zvi Sherf, dove Berkowitz sta sparando le ultime cartucce di una grande carriera, Banco di Roma travolto in casa 97-83 per arrivare alla vigilia dell’ultima giornata con questa situazione di classifica: Real Madrid 6 vittorie e 3 sconfitte, Cibona 6 vittorie e 3 sconfitte, Maccabi 6 vittorie e 3 sconfitte. Tutte e tre giocano contro squadre demotivate, ma cade soltanto il Maccabi a Bologna. Il Real batte Roma e il Cibona compie l’impresa a Mosca, battendo di 6 il CSKA con una grandissima prova di Aco, che quella sera rimedia alla cattiva ispirazione del fratellino. 7 vittorie e 3 sconfitte mandano quindi il Cibona a una insperata finale: Dražen con 31,4 punti di media è il miglior marcatore della manifestazione, un anno prima di questi tempi si stava allenando da solo in una caserma. Intanto in Jugoslavia, dove continua ad essere capo allenatore Pavličević, quasi si scherza: la stagione regolare viene vinta con 19 vittorie e 3 sconfitte, staccati di 5 vittorie Stella Rossa, Zadar e Bosna. Nei quarti dei playoff viene espletata la formalità contro il Borac Cacak, in attesa della finale di Atene. Dražen Petrović ha venti anni ed è il giocatore più famoso d’Europa, ma non ha ancora alzato un trofeo importante.

Il 3 aprile 1985 quasi 15.000 persone riempiono il Palazzo della Pace e dell’Amicizia di Atene e tutte si aspettano che il Real Madrid faccia tesoro delle due fresche sconfitte. Arbitrano il francese Yvan Mainini, proprio il futuro presidente della FIBA, e il greco Kostas Rigas. Novosel ha i giocatori buoni contati, come al solito, per tutto il primo tempo propone una difesa a zona anche con l’intento di non andare troppo sotto a rimbalzo dove il Real ha Fernando Martìn e Robinson. Si gioca punto a punto, ma la squadra spagnola non riesce a innescare il contropiede che Sainz le chiede: Corbalàn è mezzo infortunato, Jackson è fuori giri e senza il suo tiro da fuori il Real si appoggia troppo sui lunghi. Novosel ordina di attaccarli a qualsiasi costo e a 9’ dalla fine Martìn esce per falli. A quel punto è fatta: la zona viene affrontata male dal Real e Dražen in attacco fa ormai ciò che vuole andando a canestro in tanti modi diversi. Dei suoi 36 punti finali ne segna 26 nel solo secondo tempo, facendo impazzire Lopez Iturriaga e irridendo gli avversari, in particolare Corbalàn. Che dopo ogni canestro segnato da Dražen viene cercato e omaggiato di un ‘Arriba España!’ che se riservato ad altri meno equilibrati del futuro cardiologo farebbe scoppiare una rissa. Sainz ci mette del suo con rotazioni discutibili (ad esempio mettendo Rullan al posto di Jackson proprio quando Jackson si è svegliato), in generale si trova sempre ad inseguire le scelte di Novosel e Pavličević. Il Cibona vince 87-78, alza la sua prima Coppa dei Campioni e Dražen Petrović il suo primo grande trofeo. Altri tempi: i due Petrović, Nakić, Knego e Čutura totalizzano 189 minuti di impiego sui 200 disponibili. Un dato notevole, anche con i trenta secondi ad azione. Ma ciò che conta è che una squadra che nessuno dava fra le favorite è adesso in vetta all’Europa, con un giocatore che tutti le invidiano.

Dopo i festeggiamenti ad Atene e un lentissimo ritorno a Zagabria in pullman, fermandosi praticamente in ogni paese per ricevere omaggi e complimenti, il Cibona arriva a casa a poche ore da garauno delle semifinali playoff con il Partizan Belgrado. Tutti sono a pezzi, tranne Dražen che si è un po’ defilato dai bagordi ed è riuscito non si sa come anche ad allenarsi, ma il primo tempo dice tutto della qualità offensiva di quella squadra: 71 a 53 per il Cibona. Una prova di forza impressionante, tutti sembrano volare e alla fine saranno 51 punti per il solo Dražen. Si vince anche garadue in scioltezza, ma in finale contro la Stella Rossa per riconfermarsi campioni occorre lo spareggio: 119 a 106 in garatre, con 32 punti del fenomeno, poi tutti contenti per le vie di Zagabria. A nemmeno ventuno anni Dražen non può immaginare che questo rimarrà l’unico campionato nazionale vinto in carriera. Come contorno arriva anche la vittoria in Coppa di Jugoslavia, contro una Jugoplastika Spalato dove l’era Kukoč non è ancora iniziata. Dražen è il basket europeo, entra nella fantasia di ogni ragazzo appassionato alla materia come nessuno ha mai fatto prima e mai farà dopo, senza l’ausilio della NBA. I soprannomi per lui si sprecano. Un giornalista italiano, Enrico Campana della Gazzetta dello Sport, lo definisce Il Mozart dei canestri e la cosa gli viene riferita. Mozart. Sì, gli piace. Al punto che Amadeus diventerà anche il nome del suo locale a Zagabria.

(Estratto del libro ‘Gli anni di Dražen Petrović – Pallacanestro e vita’, in versione cartacea in vendita su Amazonsul sito della Libreria Internazionale Hoepli  e in tutti i principali negozi online. Lo si trova anche in tante librerie classiche: la stessa Hoepli, la Libreria dello Sport, le Feltrinelli e molte altre indipendenti. Prezzo variabile a seconda dei rivenditori, ma sempre intorno ai 17 euro. Disponibile anche a 6,99 euro in versione eBook per Kindle di Amazon, per iTunes di Apple (quindi iPad, iPhone, iPod Touch e Mac), per Kobo di Mondadori e per tutti gli altri eReader attraverso la piattaforma di BookRepublic. Distributore in esclusiva di questo e degli altri libri di Indiscreto: Distribook srl).

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