Giro del mondo in una Coppa, noi che ricordiamo Fritz Walter

11 Giugno 2018 di Indiscreto

Il Mondiale si sta avvicinando e per un mese le nostre vite saranno un po’ meno infelici. Non avendo una vita sociale sarà possibile guardare tutte e 64 le partite del torneo, come siamo soliti fare (chiaramente per gli ultimi turni dei giorni ci piegheremo alla differita), ma è letteralmente impossibile stare dietro a tutta la produzione editoriale riguardante l’evento sportivo più importante del pianeta, che oltretutto si sta mescolando a quella sul cinquantenario del Sessantotto. Dal copia e incolla inferiore a Wikipedia alla cattiva poesia su calciatori morti decenni fa, dall’aneddoto senza fonte (di solito un libro in un’altra lingua) alla mitizzazione di paesi che hanno l’unico pregio di non essere l’Italia, facciamo fatica ad orientarci pur accettando che tutto quanto esce sul Mondiale sia stato già visto e già sentito. Non potrebbe essere altrimenti. Cosa c’è da aggiungere parlando del fallo di Liebrich su Puskas o delle finte di Garrincha?

La differenza la fanno il ‘come’ e la credibilità dell’autore, per questo ‘Giro del mondo in una Coppa – Partite dimenticate, momenti indimenticabili dell’avventura mondiale‘ (Il Saggiatore) l’abbiamo letto con grande piacere, visto che Stefano Bizzotto ha fatto quello che dovrebbe fare ogni giornalista: scegliere in maniera netta, fra la marea di informazioni disponibili e quindi di fatto inutili, senza preoccuparsi di ciò che rimane fuori. Sincero appassionato di calcio internazionale, come si evince più dai riferimenti che dalle storie principali, il telecronista della RAI cerca l’equilibrio fra la narrazione e la soddisfazione di un lettore che già conosce la materia. Lo cerca e soprattutto lo trova, dando un taglio originale, per quanto possibile, alle storie di personaggi unici: emozionante il racconto di come Fritz Walter si salvi dalla deportazione in Unione Sovietica, della vita rubata a Streltsov o del no, silenzioso e coraggioso, di Jorge Carrascosa all’Argentina 1978, della scelta sbagliata di Roberto Rojas, del paese sbagliato di Andres Escobar. Ma ben raccontate anche parabole tutto sommato normali, come quelle di Riquelme o Neuer.

Bizzotto è anche bravo nel collegare una storia all’altra, facendole uscire dal ghetto dell’aneddoto e inserendole nella meravigliosa (che non significa pulita, anzi) storia del Mondiale. Venti capitoli per venti Coppe, una non dichiarata passione per la Germania cha affiora qua e là, più una parte quasi doverosa sull’Italia e la dignità salvata da De Rossi che dopo la tragedia sportiva di San Siro va sul pullman degli svedesi a complimentarsi per la qualificazione e a scusarsi per i fischi all’inno. Chiusura con un argomento sempre appassionante, la nazionale dei grandi senza nemmeno un minuto in un Mondiale, capitanata ovviamente da Di Stefano e con un allenatore a sorpresa ma che ci sta tutto: Nereo Rocco, che nel 1962 fresco di scudetto con il Milan avrebbe dovuto affiancare Ferrari e Mazza in Cile, e in pratica prenderne il posto, ma che all’ultimo momento fu lasciato a casa dalla FIGC. Il Mondiale è così, fagocita anche chi non riesce a farne parte.

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