Anonimi veneziani

1 Giugno 2018 di Oscar Eleni

Oscar Eleni seduto in platea dentro il teatro elisabettiano di non so dove cercando di capire cosa succede quando la gente inizia a divertirsi nel far del male agli altri, come scriveva il Middleton, applaudendo Declan Donnellan che si vanta di portare in scena un’umanità spregevole. Ma come, tutta questa amarezza anche frequentando così poco i centri del potere, giornalistico, sportivo, dopo l’impresa di Trento? Eh sì, avete ragione.

Affascinati, esaltati da Trento. Delusi, molto delusi da Venezia anche se De Raffaele ringrazia la truppa che deve essergli sfuggita di mano dopo la vittoria in coppa contro Avellino, che ci aveva messo del suo. Certo questi Cacciatori delle Alpi sono un tormento, non leggeri come una farfalla, ma sanno volare e poi, è vero, pungono come api infuriate. Trento figlia di Alì, creatura magica di elfi inventata dal Maurizio Buscaglia, una banda bassotti che non si autoaffonda anche se in squadra ci sono molte mine vaganti. Certo è più facile lavorare nel regno inventato da Trainotti, un manager che sussurra a tutti i cavalli del regno, che sa lavorare di squadra, crede nella squadra, in questo castello del buon consiglio gestito dal Longhi che ogni giorno manda un messaggio, dove sa lui, al Franco Grigoletti, collega e amico che gli manca, che ci manca, raccontando questa favola di una squadra che per la seconda volta arriva alla finale scudetto partendo sempre da dietro, un po’ come faceva Secretariat, il cavallo mitico che vinse la triplice corona. Saranno ancora una volta Davide contro Golia un gigante ricco che ha comprato tutti i sassi che potrebbero servire alla fionda del nemico che, come è capitato nella finale dell’anno scorso persa contro la Reyer, non sarà neppure al completo. Contro i veneziani persero Lucifero Sutton in gara uno vinta al Taliercio. Questa volta è fermo per un problema muscolare il Flaccadori che era in crescita costante dopo un inizio ascoltando le sirene che odiano le squadre, soprattutto quando sono compatte e bene protette dalle società costruite con un criterio ed una memoria. La Trento di quest’anno vivrà questa Tragedia del vendicatore: dopo essersi rifatta con chi le aveva portato via lo scudetto ora si trova nel ventre della balena rossa di Assago contro la Milano che la considera veleno per i suoi mirabolanti progetti dopo il sacco delle semifinali dell’anno scorso quando Repesa perse la cappa e la squadra.

Ma torniamo alla vera delusione, questa Venezia che ha smesso di piacere quando i suoi “assi” hanno smesso di passarsi la palla. Buchi sul legno, tarli per tutti e Austin Daye è un giocatore di lusso che va bene se ha una squadra che lo protegge, ma se devi andare da lui a cercare salvezza, nel momento in cui Peric è di luna storta, allora sei nei guai. Ci vantiamo, eh sì alla faccia dei miscredenti, di aver votato Buscaglia nella terna di allenatori dell’anno, anche se abbiamo ammesso che De Raffaele meritava la massima considerazione per due stagioni vissute alla grande. La Reyer soffocata come il suo soffocante teatrino a Mestre. Una involuzione cominciata con la sconfitta casalinga in gara uno. Multe, squalifiche, tensioni e la gita sull’ottovolante in gara due, vantaggio enorme, vittoria di 3 punti col singhiozzo: tutto segnalava che la ciurma soffriva per i molti separati in casa. Alla gloriosa Reyer tutti dovrebbero qualcosa: fra le società di serie A è l’unica presente in quasi tutti i tornei, maschili e femminili, dalla serie A alle giovanili. Insomma una cosa seria e fatta bene e, infatti, il premio di manager dell’anno lo ha preso il Casarin. Tutto questo, però, verrà dimenticato perché a parte la coppetta Fiba restano soltanto delusioni o quasi e il primo posto in campionato è diventato miele all’arsenico invece che un potente energetico. Si rifaranno soltanto se capiranno dove hanno sbagliato nella costruzione della squadra che doveva difendere un titolo storico. Partendo da De Raffaele, si capisce, ma rivedendo molte posizioni nel momento del doloroso addio a Ress e Peric.

Pagelle veneziane sulla gondola che è andata a sbattere contro i dinosauri trentini dove, si dice, lo dicono quelli che invitano a fare vacanza su quelle montagne, è cominciata la storia del mondo.

10 A Thomas RESS che lascia il basket giocato dopo una carriera bellissima, tante vittorie, tanti tiri importanti. Uomo squadra, uomo per ogni stagione come possono giurare gli allenatori che lo hanno avuto. Buona fortuna e meglio per tutti se avrà ancora qualcosa da dare al basket.

9 Al DE RAFFAELE che si è trovato in mare aperto quando la barca aveva già preso una bordata di prora. Non è riuscito a ritrovare lo stesso gruppo che aveva incantato contro Avellino e che sembrava pronto per il cimento più arduo contro Milano avendo il vantaggio del fattore campo. Peccato, ma il suo lavoro è stato nobile e competente.

8 Al PERIC che è sempre stato l’ago della bilancia nella delicata gestione della Reyer. Quando era ispirato tutto funzionava, quando aveva le paturnie ecco i guai e l’intervista per annunciare l’addio in pieni playoff non è stata la mossa migliore.

7 Al sindaco di VENEZIA e patron della REYER se riuscirà davvero ad avere il terreno, si spera, ci si augura non suo, per costruire un’arena degna di questa dogaressa dello sport italiano.

6 Alla SQUADRA veneziana che ci ha dato l’unico trofeo europeo in anni di grande carestia. Erano belli da vedere, sembravano pronti ad una finale bis, poi sono evaporati. Motivo? Ah, saperlo.

5 DE NICOLAO, BILIGHA, TONUT tre italiani che in stagione, a turno, hanno fatto anche buone cose, ma quando la palla pesava di più ci hanno fatto capire che anche dove trovi spazio non puoi sentirti arrivato e dovresti sempre lavorarci sopra. Sono pedine importanti, ma dipende da loro crescere.

4 All’Austin DAYE che in certi momenti avresti riempito di baci per la sua eleganza. Troppa. Quando è venuto il momento della durezza invece che dei fiori si è perduto, scivolando dalla barca, sbattendo su stesso.

3 Alla CRITICA ingiusta che non ascolta il proclama di Buscaglia: “Abbiamo vinto noi, non perso loro”. Giusto onore delle armi agli sconfitti, ma la foto è tutta in gara quattro, quella decisiva: Trento senza un uomo importante come Flaccadori, Venezia corroborata dal Johnson trascurato prima. Forse qualcosa non quadra.

2 Ai LETTORI distratti che guardano nel fondo del caffè e non sanno spiegare perché questa TRENTO sbeffeggiata nel girone di andata è tornata alla grande, come l’anno scorso. Senza mai mettere in difficoltà l’allenatore. Non viene il dubbio che, spesso, sia la competenza, piuttosto che i soldi, a fare le differenze.

1 Ad Ettore MESSINA se dovesse risentirsi perché Dondino PIANIGIANI lo ha superato come numero di vittorie nei play off. Era scritto dai tempi di Siena che il ragazzo della Lupa avrebbe fatto storia e questa è la prima finale dove di ex mensanini cì è soltanto il Simone che sa come tirare a riva le reti.

0 Alla FIP se dovesse pensare un’altra volta a BUSCAGLIA per le sue nazionali. Lo raccomandò Messina, lo rovinò la Under. Ha bisogno di tempo, deve poter lavorare, allenare sul serio. C’è una grande differenza e lo diciamo a chi sbeffeggiava il monaco zen di Trento quando le cose andavano male e le mine scoppiavano nel suo spogliatoio come ha cercato di far capire chi se ne è andato, fallendo naturalmente.

Nd.A: Anche se le stelle sono sempre meno vi do appuntamento per la vigilia di questa finale scudetto dove Milano è favorita, come sempre e dirlo non vuol dire far aumentare la pressione di chi già avrebbe dovuto sentirla firmando il contratto, dove Trento sarà in campo avendo già vinto il suo scudetto, anche se purtroppo non andrà sul libro d’oro.

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