Homeland 7, l’ossessione per la Casa Bianca

14 Maggio 2018 di Indiscreto

La settima stagione di Homeland, in Italia in programmazione su Fox ogni lunedì sera (oggi la quarta puntata), è stata finora una delusione totale nonostante fossimo preparati a una storia in calando, come è logico per una serie con tante ambizioni e che ha avuto grandi picchi emotivi (l’assalto all’ambasciata americana di Islamabad o l’uscita forzata di Quinn dal coma, per citarne due). La sempre più antipatica ed egoriferita Carrie Mathison è allo sbando, non è più nella grazie presidenziali e fra un problema psichiatrico (è bipolare) e l’altro indaga quasi privatamente su complotti che riguardano parti deviate (e ti pareva) della CIA oltre che della Casa Bianca. Fra militari criptogolpisti e burocrati che cercano di riciclarsi, la delusione nasce dal fatto che Homeland sia diventato qualcosa di molto diverso rispetto agli inizi: da fiction su terrorismo, antiterrorismo, conflitti di lealtà e ambiguità varie, è diventata il solito pastrocchio con l’ossessione della Casa Bianca e delle sue possibili svolte autoritarie. Sempre interessante Saul Berenson, il negoziatore per eccellenza, un po’ assurdo il personaggio della ‘presidenta’ Elizabeth Keane, il nostro tifo si scatena per Brett O’Keefe, il giornalista populista e complottista che viene messo nel mirino dalla Keane. Facile dire che dopo la morte di Brody (alla fine della terza stagione) e il termine delle missioni in Medio Oriente la serie non sia stata più la stessa, al punto di essere in certi punti indistinguibile da altre ambientate a Washington: la stessa attrice che interpreta la Keane, con il nome di Heather Dunbar era in House of Cards in corsa con Underwoood-Kevin Spacey (altri tempi…) per la nomination democratica. Insomma, Homeland – Caccia alla Spia la guardiamo ormai per inerzia, con lo stesso spirito con cui si può guardare uno Spal-Benevento della domenica alle 12 e 30.

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