Il Roland Garros che manca a Federer

30 Gennaio 2018 di Indiscreto

Dopo la vittoria negli Australian Open, davanti agli occhi attentissimi di un Rod Laver che alla fine lo ha anche umilmente fotografato con lo smartphone (anche se non crederemo mai alla simpatia fra fuoriclasse), è durissimo resistere alla tentazione di mettere Roger Federer in una prospettiva storica addirittura superiore rispetto a quella in cui già si trova da tanti anni. Perché l’elenco dei record, dal ventesimo titolo Slam in giù, facilmente aggiornabile grazie a Wikipedia e comunque sempre da asteriscare (il tennis fino al 1968 ha escluso i migliori e fino agli anni Ottanta le differenze di importanza fra i quattro tornei dello Slam sono state enormi: fino a Flinders Park gli Australian Open erano un torneo medio), vale meno di un presente che stiamo vivendo da quasi due decenni e che ha visto il campione svizzero classe 1981 emergere su avversari con data di nascita dagli anni Sessanta alla fine dei Novanta, con particolare attenzione alla generazione d’oro 1985-1988, piena di giocatori (Nadal, Djokovic, Murray, Wawrinka, Del Potro, Cilic) che come contabilità hanno tolto a Federer almeno una decina di Slam ma hanno dato un peso specifico superiore a tutti gli altri.

Non è proprio il caso delle ultime due settimane a Melbourne, dove Federer è arrivato alla finale sfruttando gli orari amici regalatigli dagli organizzatori e mai contestati da avversari-sudditi, quindi mai con il picco di caldo dell’estate australiana, ma soprattutto un’autostrada nel tabellone che gli ha consentito di giocarsi il titolo con il croato senza nemmeno aver perso un set con Bedene, Struff, Gasquet, Fucsovics, Berdych e Chung (fra l’altro ritiratosi dopo un set e mezzo). La finale con Marin Cilic, sbilanciata secondo i precedenti (8-1 per Federer, che perse soltanto la semifinale degli U.S. Open 2014) ma non secondo le caratteristiche del croato, uno dei pochi a non avere sudditanza psicologica (alla Berdych, per dire) nei suoi confronti, è durata cinque durissimi set ma si è realmente giocata su pochi punti: nel primo game della quinta frazione il tennis estremo di entrambi ha decretato il vincitore, che nel tennis è sempre il più forte (almeno in quel giorno specifico) e meritevole.

La vera domanda adesso è una: il tennis è disperatamente attaccato a Federer, dal punto di vista anche mediatico, ma cosa può ancora chiedere Federer al tennis? Vincere il nono Wimbledon, a 37 anni, sembra uno scenario possibile, poi non si vede perché chi ha vinto in Australia non possa almeno ipotizzare di battersi per gli U.S. Open, conquistati ‘soltanto’ cinque volte. L’oro olimpico, guadagnato in doppio (nel 2008, con Wawrinka) ma mai in singolare, riguarda una data troppo lontana e pare fanta-tennis pensare per Tokyo 2020 a un Federer trentanovenne uguale al Federer di oggi. Il sogno dei sogni potrebbe così diventare il Roland Garros, vinto una sola volta, con l’orizzonte quindi del Grand Slam riuscito nell’era Open soltanto a Laver nel 1969. Tutti ricordano che nel 2009 Soderling gli tolse di mezzo Nadal negli ottavi, arrivando poi alla finale, con Federer che conquistò Parigi battendo una sola testa di serie fra le prime 10 (Del Potro, anche lui al miglior RG personale di sempre). Stiamo parlando di un’epoca in cui le superfici erano (e sono) molto più vicine rispetto al trentennio precedente, più per il rallentamento di Melbourne (dal 2008, con il Plaxicushion) e Londra (dal 2001) che per la velocizzazione di Parigi, per questo il Roland Garros rimane una sfida dal fascino unico anche per uno che non deve dimostrare più niente. In altre parole, i double terra-erba di Federer e Nadal valgono tecnicamente molto meno di quelli di Laver e Borg, ma una vittoria epica sullo Chatrier, stile Australia 2017, è l’unico stimolo che ormai può avere uno come Federer.

Dal punto di vista tecnico e soprattutto fisico è un’ipotesi puramente da bar del tennis, perché il Nadal attuale e un Djokovic nonostante tutto apparso in ripresa gli sono sulla terra superiori, per non parlare di Thiem, Zverev, eccetera, ma soprattutto perché un Federer più fresco a Parigi non ha perso solo da Nadal (5 volte su 5 scontri diretti) ma anche da Rafter, Corretja, Arazi, Horna, Kuerten, Soderling, Djokovic, Tsonga, Gulbis, Wawrinka. Campioni e mezze figure, come si può notare. Conquistare a 37 anni un torneo indigesto anche ai tempi d’oro e saltato, per motivi diversi, nelle ultime due stagioni, sembra quindi impossibile pur considerando la relativa velocità dei campi parigini e la programmazione dell’era Ljubicic. Ma proprio per questo potrebbe essere una sfida degna del più grande di sempre.

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