L’abito di Alessandro Proto

4 Gennaio 2018 di Andrea Ferrari

“È solo l’abito che fa il monaco. Il resto non conta un cazzo” è una delle frasi che più ci ha colpito di “Io sono l’impostore” di Andrea Sceresini e Alessandro Proto, il libro che narra le vicende di colui che per diversi anni ha tenuto sotto scacco una parte importante della stampa nazionale millantando affari immobiliari con star del jet set internazionale e scalate ad aziende di primo piano. Del resto la “mission” di Proto si basa su un semplice teorema: non conta chi sei, ma unicamente come appari.

La sua storia è quella del self-made man dalle umili origini che inizia vendendo enciclopedie porta a porta fino ad arrivare ad aprire un’agenzia immobiliare nel Canton Ticino grazie alla quale capita l’occasione che gli cambia la vita: emissari di George Clooney lo contattano per trovare un acquirente per la villa dell’attore a Laglio. Un fatto (questo vero sul serio) che Proto va subito a riferire alla stampa. Da qui parte la scintillante giostra del “Circo Proto” con i giornalisti a far la parte dei bambini ammaliati.

L’affarista cresciuto a Lambrate comprende subito il concetto che lo farà diventare famoso: la stampa non verifica le notizie. Il famoso fact-checking per smascherare le bufale esiste solo in teoria perché controllare i fatti è spesso una rogna, e la stampa, di rogne, non ne vuole avere e dei cliché di cui si nutre Proto ne sa fornire a iosa. Come? Mandando comunicati stampa. Tutti completamente inventati.

Altra lezione di Proto: anche le smentite, nel mondo del giornalismo, esistono soltanto in teoria. Ad esempio, le star di Hollywood non si prendono certo la briga di smentire una notizia uscita sui giornali italiani. Inoltre, più il nome di Proto esce sui giornali più esso acquista credibilità e se qualcuno vuol vedere dei documenti, basta tirare in ballo la tutela della privacy e nominare qualche grossa testata della concorrenza.

Lo stile di Sceresini è diretto ed incalzante e non mancano momenti di comicità (il libro è uno copione perfetto per un film in stile Vanzina) come quando Proto annuncia l’acquisizione del 2,84 per cento della società editrice del Corriere della Sera. Dietro di lui, sosteneva, c’era un gruppo di quattro magnati stranieri: il brasiliano Jorge Froemming di Porto Alegre, il newyorkese Paulius Broad e gli indiani Mushra Alrazmi e Kushal Pal Singh. La scelta dei nominativi dei suoi soci era andata così: due li aveva pescati da Google e due se li era inventati di sana pianta.

Oppure quando racconta le strategie dei “Proto boys”, il team di giovani incaricati di spennare coloro che volevan fare affari con l’astro nascente della finanza italiana: se dall’altra parte c’era un manager spavaldo veniva organizzato un incontro con una delle sue collaboratrici più giovani e sexy mentre il proprietario della fabbrichetta di provincia si sarebbe trovato di fronte a qualcuno in grado di pronunciare qualche frase nel suo dialetto.

L’ascesa di Proto subisce un brusco stop quando decide di candidarsi per le primarie del centrodestra, di lì a poco viene arrestato su ordine della Procura di Milano con l’accusa di truffa e aggiotaggio. Tutte accuse fondate, tanto che ad esse son seguite delle condanne, ma lo script della Procura di Milano che si mette in moto solo quando vengono toccati i fili della politica è uno script già visto e ci rende ancor più convinti che l’obbligatorietà dell’azione penale sia un principio che esiste solo sulla carta. Proto era Proto già prima della discesa in campo politico.

In ogni caso l’aspetto giudiziario toglie poco o nulla alla lezione di fondo del libro, esposta in maniera esemplare da Proto stesso: “Avevo la terza media ed ero solo come un cane. Eppure, con un computer e un telefonino sono riuscito a fare tutto ciò che ho fatto. Ora, al posto mio metteteci una multinazionale, oppure un governo, o una lobby… Nel vostro mondo ideale, dove l’informazione è al servizio del cittadino, la politica fa il suo mestiere e ciascuno vale esattamente ciò che vale, Alessandro Proto non avrebbe mai potuto sopravvivere. Il fatto, però, è che questo mondo esiste solamente nelle vostre fantasie”. 
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