Perdenti come Andrea Chénier

4 Dicembre 2017 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dal ridotto della Scala di Milano per la primina splendida dell’Andrea Chénier che ci ha fatto da padre e da guida in una vita spericolata: lui, l’Andrea, è stato uno dei più grandi perdenti della storia. Adesso non agitatevi dicendo che allora l’Andrea è stato padre di fin troppa gente, soprattutto in Italia, la stessa che si abbraccia e brinda per la squadra femminile di curling. Bravissime, niente da dire, ma torniamo al giochino sulle medaglie, quanto pesano, ma, soprattutto, cosa rappresentano se dobbiamo giudicare quanto contano, tanto per capire se, da perdenti, abbiamo sbagliato a credere che la salute sportiva di un paese si valuti altrove. Certo con la scuola che abbiamo, chiedere agli stranieri che iscrivono i loro figli in Italia. Dopo un mese li rimandano da dove sono venuti, se possono. Eppure ce ne sono che restano volentieri, ma i trinariciuti negano tutto.

Sguardo perduto sulle piste di atletica sparite da stadi mai rifatti sul serio, ma per cancellare una pista e metterci quei rotor pubblicitari da brivido non ci hanno messo molto. Cosa vuoi che interessi all’assessore. Portate i soldi, lo stadio fa schifo, pazienza, passare alla cassa.

Mosca cieca per fingere di aver visto come si può risolvere un problema. Guardate cosa sta succedendo nel calcio, un palleggio doloroso fra governi del gioco, dal CONI alla FIGC, vi diamo le sigle così vi divertirete a truccarne il vero significato visto che tutti sanno come risolvere il problema, ma, intanto, si va avanti come prima, peggio di prima, chissenefrega poi arrivano Napoli-Juve, Inter -Juve. Poi la classifica stretta. Al mondiale mancheremo, dice il popolo, quello rappresentato dall’ultras che non guarda mai il campo e guida i cori, anche quelli beceri, ci rimpiangeranno.

Bello il braccio di ferro fra la gente di campo e i manager allevati nella brutalità: si risparmia licenziando. Chiaro che tutti si fiderebbero più di chi ha vissuto nell’arena, conosce il toro, sa capire le facce da spogliatoio, ma, attenzione, come diceva il Sacchi, non devi essere stato un cavallo per fare bene come fantino. I campioni non sono arrivati per caso sui campi. Quasi tutti hanno incontrato l’uomo dei sogni, la donna ideale nella società che li ha presi bambini, dove a muovere tutto erano dirigenti che facevano quello per pura passione. Esiste anche il marciapiede dirigenziale e senza il volontariato, quegli allenatori che vanno al campo, col sole, con la pioggia, sotto la neve, quei dirigenti che rischiano il divorzio perché dedicano più tempo alla società che alla famiglia, saremmo messi ancora peggio. Gente non pagata. Ma credenti. Il calcio ne riconosce ancora qualcuno? Siamo sicuri che sapendoli cercare li troverete. Rifondare dalla base prima di arrivare a Ventura che adesso è in Madagascar, come il Montella che ha sbagliato la porta per entrare nelle città proibite dello sport cinese.

Ma cosa ve lo diciamo a fare, ritornello di tanti bei film, prendete il basket, ad esempio, no, lasciate perdere l’atletica che sembra una falena accecata, non tirate in ballo altri mondi adesso che il labirinto doping, segreto di tanti stati, di tante presunte scuole, di tanti finti puristi dello sport equo e solidale che non è mai esistito, questo lato oscuro della forza è stuzzicato dagli stimolatori elettrici che rilassano muscoli e cervello meglio del bidone pieno di ghiaccio dove curano le infiammazioni un fenomeno come Lebron James, un artista di valore come Lorenzo Jovanotti.

Ma torniamo ai cesti di casa nostra. Niente Olimpiadi dal 2008. Comparse più o meno autorizzate a stare in scena nei campionati continentali, sì qualche volta hanno potuto dire il pranzo è servito, ma niente di più anche se c’erano illusi che andavano raccontando di Nazionali più forti di sempre. Non va molto meglio nelle coppe per i club dove non si parla quasi mai italiano, gli allenatori, nella maggioranza dei casi non saprebbero a chi rivolgersi e, pur avendone magari un numero superiore rispetto a colleghi, sanno che difficilmente disegneranno l’ultimo attacco per far tirare uno dei “nostri”. Insomma situazione confusa. Quelli che hanno lanciato il basket dicendoci che era più di un gioco dicevano sul serio. Sarà per questo che adesso una Lega slegata e non certo ricca sta cercando i fondi per liquidare un manager accolto col trombe e ora congedato come se lo avessero scelto fra la Bocconi e la NBA.

Insomma in questo circolo magico, che vorrebbe uno spicchio del pallone custodito con tanto affetto dal presidente Petrucci, hanno pensato come rispondere al rivoluzionario Tanjevic che chiedeva un patto fra gentiluomini per ridurre il mercenariato straniero, aprendo spazio per gli italiani, anche quelli che sono nati per lamentarsi e mai per allenarsi. Cara Federazione nei nostri palazzetti deiezione noi dobbiamo portare gente, ci serve spettacolo, poi le coppe contano. Allora sapete cosa vi proponiamo? Una bella tassa sul lusso. Chi vuole stranieri in più paga caro. Voi federali vi prendete i soldi e li girate alle società che fanno lavoro per costruire giocatori. Non è una figata? Ci abbiamo messo un po’, ma poi è scattata la luce. Dove giocheranno gli italiani nel farcito dei ricchi? Be’ inventatevi qualcosa. Tutti sanno di mentire. Prendete i dati sul pubblico. Ci sono posti in A2 dove va più gente che per le partite della massima serie. Nelle coppe, poi, la Milano, esempio di società ricca e al vertice, che pure si è inventata mille cose per riempire le tribune del Forum, paghi meno il biglietto del posteggio, abbiamo scoperto che i ragazzi di Armani portano mediamente 7.747 persone in tribuna, ottavi nella graduatoria, certo meglio che in classifica, con il 61% di riempimento dell’arena, a 5.000 spettatori di media da Panathinaikos, Kaunas, Fenerbahce. Dietro a Vitoria, Maccabi e Stella Rossa, davanti al Bamberg dove, però, non possono accontentare più di 6.447 persone (unica società che in eurolega ha il 100% di posti occupati).

Per capire come vanno le cose a Basketlandia tricolore non basta pensare ai dirigenti che governano. Parliamo di allenatori. Simone Pianigiani, ad esempio. Ha vinto tanto con Siena, aveva uno buono nel vivaio, Datome, per aprirgli la strada lo ha mandato altrove. Poi ha viaggiato e, alla fine si è trovato un trono in casa Azzurra. Allenatore della Nazionale. È andata così così. Poca fortuna, pochi risultati da ricordare. È tornato in pista. Muro del pianto, scudetto israeliano ed eccolo nella Milano della lista nera. Pagato per fare bene in Europa, una super squadra per il campionato italiano, tanto per evitare di vedere sorridere altri a Sassari, Venezia. La coppa è piena di trappole. Poche superate. Si sapeva, ma nessuno si agita. Pianigiani trova spiegazioni e scuse che in passato non salvarono i suoi colleghi. Bravo lui.

Ma entriamo nella questione Italiani si italiani no. Trasferta delicata di Istanbul contro l’Efes che non ha mai vinto in casa. Non stanno tutti bene nella nobil casa, però rientra in gruppo Abass che si è appena fatto onore dietro le finestre FIBA dove giocano nazionali liofilizzate. Niente da fare. Sconfitta in volata, ma italiani in campo zero. Chi ha ragione? Lui, ovviamente. Lo pagano per ottenere il massimo. Gioca chi è più bravo e Abass non è più bravo di chi sta in campo con le insegne di re Giorgio. Tutto qui. No, adesso non tirate in ballo la storia Fontecchio che sta per essere dato in prestito a Cremona. A proposito, il ragazzo di talento è stato in panchina anche con Sacchetti in Azzurro e siamo curiosi di vedere come i due ritroveranno un dialogo alla Vanoli dove hanno brava gente, ma anche tipi che non ti lasciano una palla neppure se hanno adesso cinque avversari come Johnson Odom nel finale di Bologna. Certo il caso è curioso ed emblematico. Intervista precampionato al presidente di Milano. Fonte Curierun, quindi regolatevi. Sogno, a parte le vittorie? L’esplosione di Fontecchio. Appunto.

Testa sotto la ghigliottina come presidente dei perdenti in terra di Maramaldi per le pagelle paglia e fieno.

10 A Simone PIANIGIANI per come ha portato tutti dalla sua parte. Che vinca o perda vale sempre la sua spiegazione come finale della storia. Fra Istanbul e Reggio Emilia due finali diversi, due avversarie ben diverse, eppure ha avuto sempre ragione lui. Neanche Herrera se la cavava così con la grande Inter.

9 Al leone LEUNEN che illumina la strada di Avellino. Merito della società, bel presidente, un manager che sa lavorare, un allenatore che sa capire. Lui ci mette quello che manca a troppi degli italiani che nel circo sbattono le alucce. La testa.

8 A Spiro LEKA, allenatore della Pesaro che vive dignitosamente la sua povertà, per aver dedicato la vittoria all’arbitro pesarese Mattioli. Anche la Federazione dedicandogli le finali giovanili del tre contro tre onorerà come merita un uomo di sport che ha lasciato un grande vuoto, perché era prima di tutto uomo di sport e sapeva sorridere anche dei suoi errori, niente in confronto a quelli di tanti suoi colleghi visti in questa domenica del freddo.

7 Ad Arturo KENNEY per aver portato alla biblioteca del congresso il libro sul suo compagno di battaglie Pino Brumatti, la storia dell’ “Ultimo dei miei eroi” scritta da Zaninelli e Dallari e che i Parapini di Sport e Passione presenteranno nelle sale milanesi del Coni mercoledì 13 dicembre.

6 A Giorgio BURREDDU e Alessandra GIARDINI per averci accompagnati nella galassia dove ha combattuto e combatte ancora Matteo Boniciolli che voleva essere Raga, ma il primo giorno gli hanno detto non passare la metà campo. Allora l’allenatore lo faccio io. Una bella storia che “Non è mai finita”. Dura da vivere, bella da raccontare.

5 A Luca BANCHI se dopo le ultime esibizioni di Torino, deludenti, penserà soltanto che a questa FIAT possa bastare la voce delle pubblicità, che possa servire una maggiore esigenza verso se stessi. Certo non è neppure fortunato perché la slavina potrebbe diventare valanga domenica sera contro Milano da cui si è separato non certo fra baci e abbracci per uno scudetto riportato a casa.

4 Al CAPOBIANCO che diventerà responsabile tecnico delle Nazionali nel tre contro tre, che ha una finestra sulle Olimpiadi, se non confesserà di aver sofferto per questi viaggi nell’inferno tecnico federale, con la bolgia della femminile.

3 A Romeo SACCHETTI per aver scoperto che allenare la Nazionale può essere anche un divertimento se trovi sempre una Croazia desnuda sulla strada, ma è soprattutto un peso e se poi ti capitano partite come quella di Bologna fai fatica a credere di avere soltanto amici, in squadra e fuori.

2 A DELLA VALLE se non confronterà e valuterà in maniera onesta, intelligente, quello che hanno detto di lui dopo la partita contro i croati, quella contro la Romania e, soprattutto, quella contro Milano. Si fa confusione fra mercanti nel tempio e lui non agevola nessuno facendo sapere che l’unico errore in estate era stato tenere alto il prezzo per lo svincolo.

1 Al POLONARA della doppia doppia contro Brindisi, avessi detto (basta con le doppie doppie, le triple triple che esaltano l’individuo e mai le squadre), al gommolo che sta facendo felice Sassari e Pasquini se non si fermerà a riflettere sul passato, sul presente, sul futuro. Gli adulatori ti ubriacano e poi ti mollano.

0 Alla LEGA per essersi inventata la riforma della LUXURY TAX, capito come masticano le lingue chi dovrebbe mangiarsele, per aver chiarito ai pochi credenti, ai visionari come Tanjevic, al presidente Petrucci, come stanno le cose. Lui, o presidente, chiede collaborazione, sacrificio, loro gli sbattono in faccia Cicciolina.

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