Il progetto di Pianigiani

30 Dicembre 2017 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dalla casa di campagna di Emanuele Kant divisa con il peccatore Dostojevski che faceva pena a Gide. Roba breve per non rovinarvi il fine anno. Dicono che breve è più bello e il bagno nella critica di una ragione più dura che pura ci tonifica come direbbe il professor Rovatti, ex cestista di qualità, filosofo e scrittore per l’Espresso. Domande prima del viaggio dolente per accompagnare Bruno Sala allenatore di anime libere, anarchiche, amici o quasi amici che si volevano bene perché volevano bene a lui. Un segreto che dovrebbe ispirare anche i lavagnari di oggi.

Doveva scoppiare la guerra dei bottoni fra Lega e FIP. È accaduto. Domande senza risposte e senza scegliere un campo. La Lega che vuole anche arbitri e giustizia sportiva dove li trova questi soldi? La Lega che paga premi a tutti ci ha nascosto di essere in un periodo di grande floridità. Pensavamo che ci fosse una bella crisi in giro. Si parla di bilanci al brucio come i plin piemontesi. Ci hanno informato male? Petrucci pensa di potercela fare anche se intorno vede che il fronte dei “io so’ io e voi non siete un cazzo” sta montando. Il denaro non puzza. La pubblicità indica il successo. Ci sembra che la Federazione sia un po’ indietro. I legaioli sanno dove andare a stuzzicare i capi bastone che si eccitano appena c’è all’orizzonte la settimana bianca, la gita in barca, la cena nel privato dell’albero a dieci stelle. Si prevede guerra. Speravamo nella pace delle due rose per rimediare ad un 2017 disastroso sul piano dei risultati. Illusione.

Veniamo all’Eurolega mentre si festeggia l’ingresso, per la prima volta, di tre squadre italiane, alla seconda fase dell’Eurocup. Visto come ci si consola in fretta? La stagione internazionale ha detto poco e niente, ma c’è chi si accontenta. Dunque Milano che chiude con il suo squadrone all’ultimo posto fra le 16 della NBA in questa parte di mondo. Inatteso. Pianigiani ci ha fatto sapere che questa sua legione si è battuta alla pari con tutti, o quasi. Si aspettava di meno? Non riusciamo a capire questa soddisfazione bevendo cicuta. Certo lo trattano meglio del Repesa scuoiato dagli stessi che oggi trovano grande sensibilità in un condottiero che ha sempre una scusa pronta. Potere della simpatia a prescindere. In effetti l’orco Gelsomino era diventato ingombrante e poi è caduto nella brace del caso Gentile e questo, secondo radiofante, dei correttori di bozze a servizio, gli è valso il titolo di ingrato. Come, lui ti fa assumere e tu appoggi il furore di chi lo degrada? In momenti diversi questo avrebbe scatenato davvero guerra fra testate. Adesso si accarezzano l’un l’altro e non fanno una piega se qualche collega viene messo nella lista nera. Al momento l’unico duello cartaceo visibile è sui voti al generale Pianigiani: per il fiasco contro la Stella Rossa che non piace neppure a Belgrado Gazza e Repubblica divise sulle valutazioni. Assolvere lo stesso allenatore che si era preso un 6-20 come aperitivo per la “rimonta finale” contro gli spauriti soldatini di Alimpijevic ci sembra davvero strano. O la partita era stata preparata male, o i cambi sono arrivati tardi. Certo che siamo felici scoprendo che Cinciarini guida meglio degli altri il bolide ad acqua di re Giorgio. Non sappiamo giudicare gli altri italiani del gruppo. Giocano così poco, stanno fuori così tanto. Anche questo farà parte della guerra sulla via della seta che, in molti casi, è materiale taroccabile.

Dove arriverà Milano in Europa? Non nelle prime otto anche se le rosee previsioni annunciavano, prima del flop con la squadra serba che ha tradito chi organizzerà le finali del trofeo nel 2018, che nel girone di ritorno avremmo visto uscire dalla fornace una Armani che gioca finalmente insieme e difende quasi a tutto campo. Certo esistono momenti in cui si vede anche questo, ma non con i giocatori del piano originario ed è evidente per tutti che la coppia Cinciarini-Bertans lavora più per il gruppo di tutte le altre. Che Milano avremo nel nuovo anno visto che in quello appena concluso sono stati loro a meritare soltanto carbone? Be’, in Italia dovranno guardarsi da Avellino e Sassari più che da Venezia o Brescia. Hanno di tutto e di più. Ora non diteci che il titolo avveniristico “Milano guarda al futuro”, giocando male il presente, sta agitando giocatori che vengono svegliati presto dai loro agenti. Possibile che non si impari mai dalle lezioni del passato?

A febbraio, a febbraio. Ecco tutto è rimandato alle finale di coppa Italia che si giocheranno a Firenze. Non è che in passato chi ha vinto, o perso, abbia capito bene perché aveva vinto o perso. Questa volta è diverso. Milano ha tutto. Anche un allenatore che piace. Perfetto.

IN MEMORIA- Non è stato doloroso accompagnare Bruno Sala nell’ultimo viaggio dalla chiesa di piazza Wagner. Perché ci sembrava di averlo sempre accanto. Ha giocato ad alto livello partendo dalle giovanili Borletti con Borella. Fra Gallarate e Cantù ha dato il meglio. Come allenatore ha preso in mano la banda della Canottieri Milano regalando qualcosa che in pochi possono dare: la felicità di stare insieme e di giocare cercando dentro noi stessi. Non deve aver fatto male se in quel gruppo ci sono stati eccellenti allenatori come Faina, Arrigoni, Roggiani, Morini, in un certo senso anche Casalini, se vogavano insieme ingegneri e avvocati, giudici, artisti, gente che ha fatto strada anche sul campo come Tonin o Benazzi, se il basket di alto livello ha conosciuto la brillantezza di un manager come Enzo Lefebre, per non parlare del poliedrico Bruno Arrigoni che è stato allenatore vincente per la femminile a Torino e in Nazionale che ha pur sempre portato alle Olimpiadi delle bestemmie moscovite, bravissimo per la maschile, di certo i suoi capolavori si sono visti non soltanto quando lavorava per e con Sandro Gamba, ma come manager e a Cantù dovrebbero rimpiangerlo ancora oggi. Abbiamo voluto bene a Bruno Sala. Non era difficile e salutandolo sentivamo ancora i racconti della sua vita cestistica, le storie che rendevano meno noioso qualsiasi viaggio.

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