Il primo comandamento di Sacchetti

27 Novembre 2017 di Oscar Eleni

Oscar Eleni in fuga dalla demagogia FIBA, dai castelli in aria dei venditori di bufale cestistiche, per guardare il mare dalle colline irlandesi del Connemara dove abbiamo trovato la reincarnazione di Romeo Sacchetti. Sì, in terra gaelica, ascoltando musica celtica, ci siamo imbattuti in Brendan Gleeson, grande attore e autore del teatro e del cinema irlandese, lo avrete visto in Ritorno a Cold Mountain, nei vari Harry Potter, protagonista di un film meraviglioso premiato a Berlino: Un poliziotto da happy hour. Sembra davvero la storia del nuovo allenatore della nostra nazionale di basket. Orsi meravigliosi questi gigantoni, diversa ironia, ma non si può avere tutto allenando una squadra come l’Italia del basket. Sacrificare tutto per la verità, prendendo a calci l’ipocrisia. Quando Messina disse alla FIBA fottetevi con le vostre finestre invernali non si sapeva chi sarebbe stato il sostituto. Sondaggi fuori frontiera, tormentoni interni con saluti negati, facce truci. Finalmente Sacchetti. Tanto per traghettare, celiava il mondo intorno a Petrucci che cercava ispirazione, ancora una volta, finalmente ancora una volta, nelle visioni di Boscia Tanjevic, il capo di una setta dei poeti estinti di cui il basket e lo sport farebbe bene a non dimenticarsi mai, mandando al diavolo gli invidiosi. Bella coppia. Se lavoreranno davvero insieme forse vedremo un mare meno cattivo anche dalle colline del Connemara.

Intanto l’erede dei Sachet, come il poliziotto Gerry Boyle, ha subito preso per le orecchie le belle gioie in Azzurro stinto che giocavano con sufficienza. Liberi, magari non belli, ma scazzati mai. Primo comandamento. Poi, assorbita la quasi rimonta della Romania che ha rubato al povero Iannuzzi un esordio sognato, ecco la trasferta in Croazia. Un tempio. Una grande storia. Pellegrinaggio da brivido sentendo Cosic che racconta le meraviglie di Drazen Petrovic nel campionato degli angeli ribelli, lassù dove i bulli di oggi, che giochino ad Oklahoma o a Madrid, non troverebbero posto. Per i passi di bimbo della sua Nazionale liofilizzata, senza i “grandi” che non ci hanno portato né all’Olimpiade né oltre la frontiera dell’ottavo posto in Europa, serviva capire chi erano quei giovanotti dallo sguardo truce per spaventare le pulci dentro di loro.

Presa la sberla iniziale, 16-4, superato lo choc del Croazia 20 Gentile 10, è venuta l’ora di parlarsi sul serio. Tu, col piumino, tu che cerchi la sorpresa nel pallone e non lo molli mai, vieni a sederti in panchina. Dentro i pirati e gli artisti, ammesso che questi ultimi abbiano anche voglia di essere qualcosa di meglio e di più del viaggiatore goloso. Partita ribaltata, prima fase di qualificazione sulla via della seta superata anche senza aspettare le finestre di febbraio o gli esami di riparazione a fine giugno. Sacchetti esce bene dalla mischia. Ora li conosce un po’ di più, certi giocatori. Faranno strada e a parte Melli non ci sembra che ci sia bisogno di nessun altro dei rifugiati oltre la cortina di ferro Fiba. Sì, un Datome sereno servirebbe, ma cerca riposo. Come Belinelli. Hackett? Ha bisogno di recuperare da infortuni seri.

Chi resta fuori dal giro? Gallinari, accidenti. Quello che ci ha fatto sapere via Gazza degli orgasmi che ha patito moltissimo il silenzio della Patria. Dal presidente federale ai compagni. Avrete capito che la NBA e i grandi contratti ribaltano un po’ tutti i concetti dell’esistenza. Tu sbagli, tu danneggi, tu vai fuori e poi pretendi che gli altri si facciano vivi. Per dire cosa? Sarebbe un po’ come se De Rossi, che gli avversari chiamano de rissa, pretendesse le scuse di quelli che ha menato e che lo hanno fatto espellere. Certo che la frattura ha fatto diventare una cazzata il peggiore degli autocanestri, ma, accidenti, la vittima non è stato lui.

Mentre il mare mosso dello sport cerca quello che non si trova in nessuna tavola rotonda dove tutti mostrano il distintivo, sono abili nelle chiacchiere, ma poi con i fatti sembrano topolini in fuga, noi andiamo sbirciare nella grande crisi. Atletica non pervenuta. A Milano, dove si corre, si paga e ci si scusa sempre dopo per la cattiva organizzazione avevano promesso una pistina indoor al XXV Aprile. Chimera. Sarebbe già tanto avere la pista all’aperto e spogliatoi non peggiori dei bagni al Forum. La Milano Europea che ogni tanto bofonchia pensando alle Olimpiadi del 3000 non si vergogna ancora di essere finita sotto le macerie del Palalido e del Pala San Siro. Ora sembra che tutti pensino al bene del calcio. Risveglio tardivo mentre ci prendono tutti in giro per stadi cloaca, per bande ululanti che si alimentano con il razzismo e la paura, facendo urlare le sirene della demenza per ogni VAR non digerito. Ci si picchia sempre. Si minaccia sempre. Si va avanti a spacciare e questo anche prima di Tavecchio e Ventura. Purtroppo, si teme, anche dopo, ammesso che si arrivi al dopo ora che tutti fanno le vergini dai candidi manti come se le risse fra genitori nei campionati giovanili fossero l’eccezione, bestie ce ne sono ovunque e non stanno tutte nelle stalle, e non la regola, soprattutto italiana, di chi ha sempre considerato lo sport bandiera da sventolare in assenza della carta igienica.

Chiusura dal museo Petrovic, dalla collina Cosic, dando i voti ai sequestrati FIBA rubati allo splendore del “sano” professionismo, gli alfieri del nuovo che non avanza.

SACCHETTI 7: Ci ha messo un po’ prima di capire i suoi “ragazzi”, ma quando si è reso conto che erano in troppi a confondere la maniera amichevole di approccio, quando ha fatto capire che da ex grande giocatore conosceva le sue mascherine, allora tutto è andato meglio. Bel lavoro anche in pochi giorni. Adesso questa idea dello stage per giocatori di A2. Vuoi vedere che lui e Tanjevic cambieranno davvero uno spicchio del nostro basket?

ABASS 6: La cura panchina in casa Armani non gli ha tolto il gusto per cercare un po’ meglio dentro se stesso. Monocorde con la Romania, quasi bravo con i croati.

ARADORI 5: Un passo indietro, uno di fianco, ma sempre modesto. Capitano con le gambe pesanti e di fronte non ha mai avuto grandi avversari. Ora non dite che è stato il gioco libero di Azzurra a penalizzarlo.

BILIGHA 6.5: Benedetto ius soli del basket, certo deve lavorare ancora tanto, ma questa sembra l’unica cosa che non lo spaventa. Certo gli mancano centimetri per stare al centro, ma l’energia serve sempre come direbbe l’Harris del CSKA che non è un gigante, ma tira sassate che fanno male.

BURNS 6.5: Sarebbe stato utile utilizzarlo così anche all’Europeo, perché avrà tanti limiti, ma non gli manca generosità e voglia di battersi, anche a costo di sbagliare cose che sembrano facili. Mister utilità.

CROSARIOL 4: Fantasmino al centro coi rumeni e i croati. Peccato, pensavamo fosse maturato meglio.

DELLA VALLE 7: Come i toreri spontanei di Pamplona quando vede il toro giusto sa essere bravo e anche divertente. Certo non sarà sempre cipria croata, o pazienza sacchettiana come contro i rumeni, ma intanto ci fa sapere che chi non lo vedeva in passato sbagliava.

FILLOY 7: Voto alto anche con alta percentuale di errori per uno a cui non è stato dato mai il tempo di rifiatare. E’ il nostro Che nella ricerca di una squadra che sia libera dal pregiudizio.

FONTECCHIO 4: Sarà la frustrazione del limbo dove è stato confinato a Milano, sarà anche colpa di chi lo sta facendo arrugginire, togliendogli autostima, ma sembra proprio un soldato da deserto dei tartari.

A.GENTILE 6.5: Quando può giocare alla sua maniera gli altri spariscono, o forse li fa sparire lui. Siamo sempre davanti allo stesso dilemma. Figlio del tempo che privilegia l’individuo nello sport di squadra o vittima della cattiva coscienza di chi non sa più insegnare?

IANNUZZI ng: Sfortuna nell’epilogo contro la Romania. Speriamo abbia altre occasioni come Gaspardo e Giuri.

POLONARA 5: Pochi progressi, sperduto nel mare della sua incompletezza tecnica e davanti non c’erano avversari così importanti da mandarlo in corto. Peccato.

L.VITALI 5: Rivisto superbone quando pensavamo che Brescia avesse trovato la sua vera natura di creativo con licenza di fare un errore in difesa ogni due azioni. Non si è mai sintonizzato con un basket che in attacco lascia spazio soltanto al pronto cassa.

B. SACCHETTI 6.5: Quello che aveva è riuscito a darlo, certo sbagliando anche cose facili, ma in campo non è andato un raccomandato. Si è meritato minuti e spazio.

VOTI OLTRE LE FINESTRE FIBA:

0 A FIBA ed Uleb, la NBA se ne fotte anche se le dai 0, perché queste finestre sono aperte sull’abisso dell’incomprensione fra invidiosi e non diteci che da una parte ci sono gli eletti, c’è la legge, e dall’altra chi pensa solo agli affari. Stessa medaglia, cara gente.

1 Alle NAZIONALI famose che fanno figuracce come RUSSIA e CROAZIA

2 Alla POVERTÀ di risultati veri che ha fatto titolare il successo sulla Croazia come una impresa.

3 Al GALLINARI amatissimo, bravissimo che però non può passare per vittima e lamentarsi di non aver avuto telefonate da nessuno dei compagni e dal presidente.

4 Al BAGATTA presidente senese se pensa che la gente se la sia presa con la squadra soltanto perché lui, incautamente, aveva promesso lo scudetto in tre anni.

5 A BONICIOLLI perché avrebbe meritato 0 come la sua Fortitudo, ma se uno, a Bologna, ha il coraggio di ammettere che squadra ed allenatore sono stati inaccettabili, insomma hanno fatto schifo perdendo un + 28 al 28′, allora vuol dire che è ancora una persona seria, onesta a cui dare fiducia.

6 A SKY se un giorno, come altre televisioni che ora danno il basket, potesse confessare che ha spostato una puntata di serial importanti, in questo caso Gomorra, per un partitone tipo Napoli-Juventus.

7 A TORINO per come ha accolto la Nazionale. Ora si ripeterà contro l’Olanda a febbraio, ma certo fa tristezza che in Italia ci sia soltanto una città così coinvolta con i destini di Azzurra.

8 A Stefano EVANGELISTA per il tempismo nella pubblicazione de “Il basket a Firenze”, cento anni di storia nell’ anno in cui la Lega porterà le finali di coppa Italia nella citta dei gigli infranti.

9 A ZAGABRIA per averci mostrato come si onorano i campioni, come si vive una crisi, come ci si può abbracciare anche su sponde diverse e le lacrime di Tanjevic di fianco a Novosel nel ricordo dei grandi sono state il momento sublime di una domenica dove si dovevano fare i conti con tanta mediocrità.

10 Ai BOSTON CELTICS perché nel volgarissimo mondo dell’uno contro tutti, dei Westbrook che fanno i bulli contro i Durant, si rivede una squadra che, come San Antonio, prova piacere a giocare insieme, da squadra appunto. In Italia qualcuno capirà?

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