La cambio io la vita che…, liberi come Patty Pravo

22 Novembre 2017 di Paolo Morati

Patty Pravo

“La vita è breve, bisogna godere”. Avrebbe potuto intitolarsi così La cambio io la vita che…, la biografia di Patty Pravo appena pubblicata per Einaudi Stile Libero e che invece ha ripreso più semplicemente la frase di una sua celebre canzone. Ora, il concetto di godimento a cui si fa riferimento in una delle varie massime contenute nelle pagine del libro sarebbe ingiusto ridurlo all’aspetto erotico della vita, comunque presente nella sua narrazione così come quello degli stupefacenti. Meglio legarlo più in profondità al concetto di libertà così ben caratterizzante la protagonista fin da bambina, cresciuta a Venezia con nonni paterni incredibilmente moderni per l’epoca (“Nonna è stata quella che ha capito meglio la mia vera natura e il mio dono, fin dai primi anni di vita”).

“Libertà di esprimersi, di inventare strade nuove, o quantomeno la propria”, racconta nelle prime pagine di un percorso fatto di talento, anarchia, idiosincrasia per le regole. E incredibili incontri. Ecco che la piccola Nicoletta discorre di fede con Angelo Roncalli, si imbatte per caso in Ezra Pound, e frequenta con assiduità Peggy Guggenheim. Nel mentre studia pianoforte e direzione d’orchestra al Conservatorio, gioca a calcio con i compagni e compie alcuni atti di ribellione in nome sempre di quel fuoco che poi caratterizzerà anche la sua vita adulta. Insomma, ancor prima della ‘trasformazione’ in Patty Pravo c’erano tutte le premesse poi mantenute di un personaggio dal destino straordinario.

Ecco, il destino d’artista ma non solo, porta l’ancora minorenne Nicoletta a Londra, quindi a Roma dove diventa in modo del tutto casuale La Ragazza del Piper, e con Ragazzo Triste nel 1966, cover di But you’re mine, comincia subito con il botto la sua carriera nel nome del beat. Da lì un crescendo di successi, cambi di stile, viaggi, dischi curati e sperimentali, e frequentazioni internazionali. Episodi come il giro in 500 a Roma con Jimi Hendrix, oppure l’uscita parigina per lo shopping con Mick Jagger, il solo accennato tour con gli Who, le conversazioni con David Bowie e l’amicizia con Robert Plant che le invia del tabacco da fiuto bianco.

E l’amato deserto, in cui ritorna, più volte citato (“ll deserto mi riempie di felicità. È magico, anzitutto per il suo silenzio – un silenzio che si ascolta, tanto assordante che lo senti rimbombare nelle orecchie, nel cervello, nel cuore”), i tanti matrimoni celebrati in varie forme (tanto da diventare a un certo punto anche ‘trigama’) compreso quello con Riccardo Fogli in Scozia con rito celtico, e naturalmente le canzoni e le collaborazioni, con tanti artisti, italiani e stranieri. E qui emerge anche la preparazione musicale e la puntualità professionale di Patty Pravo, non solo quando tra le pagine descrive pezzi noti come La bambola, Pazza Idea (incredibilmente rifiutata dalla casa discografica), Pensiero Stupendo o E dimmi che non vuoi morire…ma elaborando anche le scelta di album e brani magari oggi meno famosi, di lavori concepiti in modo complesso, e ancora con collaboratori come Bill Conti, Vangelis o Luis Bacalov solo per citarne alcuni. E altre opere nate da viaggi come Cerchi (del 1982, dopo il trasferimento negli Stati Uniti) e Ideogrammi (realizzato poi in Cina nel 1994). Fino all’ultimo disco, Eccomi, pubblicato nel 2016.

“Ridere. Godere. Divertirsi. Esiste un altro modo di fare il nostro mestiere?”.

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