Una notte con Totò Riina

18 Novembre 2017 di Andrea Ferrari

Totò Riina è morto ed è per noi impossibile aggiungere qualcosa a quanto nel corso degli anni si è detto e letto di uno dei più grossi criminali nella storia d’Italia. Ci limitiamo ad un episodio minimo, come è nello stile di Indiscreto, e quasi personale, nel senso che conosciamo benissimo il protagonista. Un episodio che potremmo intitolare ‘Trovarsi in ospedale nel letto accanto a Totò Riina – 41 bis ma non troppo’. No, non è uno scherzo nè un sogno bizzarro dopo chili di peperonata, ma è quello che accadde a Simone P., giovane manager d’origine ligure, che nel 2007 si trovò a fianco del Capo dei Capi in una stanza del Pronto Soccorso dell’ospedale Fatebenefratelli di Milano dopo un violento attacco di coliche renali. Ecco il suo racconto.

Ebbi il peggior attacco di coliche della mia vita, tanto che mi feci portare al Pronto Soccorso più vicino. Quando arrivai mi mandarono in una stanza con questo signore anziano a fianco che poteva essere uno come tanti…

Non notasti una presenza sospetta di forze dell’ordine?

Lì per lì non ci feci particolarmente caso, un po’ per il dolore che avevo, un po’ perché negli ospedali capita di vedere carabinieri e poliziotti che possono esser lì per svariati motivi. Non è che tutti i pazienti piantonati siano dei capi mafiosi. Il sussulto lo ebbi quando entrò un’infermiera e a un certo punto pronunciò le parole “Signor Riina”…“.

Quanto tempo siete stati compagni di stanza?

Per 7-8 ore circa. Riina era lì per uno scompenso cardiaco, stando a quello che mi disse lui stesso“.

Hai quindi avuto modo di parlare con il “Capo dei Capi” di Cosa Nostra?

Poco. Mi chiese che problema avessi e ricordo che ogni tanto imprecava con espressioni dialettali che comunque capivo pur non essendo siciliano. Provò a tirarmi su il morale dicendomi “Tutti dobbiamo soffrire, prima o poi”. Una frase banale, di quelle che si dicono in simili situazioni, ma che pronunciata da Riina faceva ovviamente un effetto diverso“.

C’era un clima particolarmente teso? Come si comportava il personale con lui?

No, pur essendo la stanza era piantonata in maniera massiccia. Le infermiere erano molto professionali e gentili. Devo dire che furono impeccabili pur avendo a che fare con un paziente così importante, seppur per motivi non certo onorevoli“.

Come ti sei congedato da uno dei peggiori criminali della storia italiana?

Fa impressione dirlo, ma in quella situazione per me prevaleva l’impressione di una persona vecchia e sofferente piuttosto che quella del boss spietato che invece veniva raccontato, giustamente, dai mass media. Resi ancora più surreale quella situazione quando lo salutai con un “Arrivederci boss. Sa, amo far battute in ogni situazione…“.

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