Un bel Player ma pochi giocatori

2 Ottobre 2017 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dalla parigina stalla dorata della bella Enable per sapere cosa le ha sussurrato Frankie Dettori mentre la baciava per ringraziarla dopo il successo all’Arc de Triomphe. Il quinto per l’artista che a 15 anni scelse la scuola inglese e la fantasia, oltre alla potenza economica, dei grandi proprietari oltre il mare, avendo capito che da noi sarebbero state soltanto stalle e strisce non riconosciute. Cercare da un cavallo la risposta al quesito di Bacone: sapere o non sapere. Eh sì, non avendo il sarcasmo e l’arte di Paolo Conti, ex cestista di valore nelle gloriose società bolognesi, pittore che riscopriremo al Mart di Rovereto dove si ragionerà sul suo catalogo ragionato percorrendo le stesse scale dove ci portò per la prima volta il Grigo appena onorato a Fondi. Non potendo rispondere a dovere a tutti i finti tonti del sistema, meglio un nitrito di tante parole uscite dalle boccucce di rosa del sistema basket.

Perché tanta irritazione? Beh sentiamo in giro il coro degli asfittici, quelli che avranno pur visto la differenza al centro nel nostro basket e non solo nell’impari confronto Gudaitis-Cusin all’Emporio Armani, ascoltiamo gente che si domanda quali segreti svelerà Tanjevic al consiglio federale per far accettare un progetto di riforma radicale. Ci sembra di aver già vissuto esperienze del genere, dall’atletica al canottaggio quando per Il Giornale andammo in giro a parlare con i “Cervelli d’Italia” che non erano, per fortuna di tutti, soltanto italiani. Proprio dopo i mondiali di canottaggio in Florida dove l’otto ha trovato il bronzo, dove la spedizione è andata bene per la gioia di Abbagnale, il capo tecnico Francesco Cattaneo ha reso omaggio al professor La Mura. Lui era uno dei cervelli incontrati nel viaggio, lui uno dei primi fatti fuori dall’invidia a remi. Ora con Tanjevic cercheranno di fare la stessa cosa che nella pallavolo, per fortuna senza successo, provarono ad inventare per disarcionare Velasco. Tenteranno in maniera subdola di far credere che lo “straniero”, questo allenatore senza frontiere, cittadino del mondo anche se il mondo, lui lo sa per primo, cerca reticolati, muri, divisioni per razze, religioni, patenti di guida, carni rosolate, non riuscirà a rivoltare il calzino bucato del basket nazionale che ha iniziato il suo campionato scoprendo che i deboli sono deboli e forti abbastanza forti. E’ già successo a Coste nel rugby, a Rudic con la pallanuoto. Erano stranieri, ma anche allenatori senza frontiere. Ci hanno dato tanto, come del resto Tanjevic, ma non è bastato.

Ora per capire come stanno le cose basterà poco. Ci sarebbe urgenza, ma basta confrontare i punti di vista di chi ha i denti e non il pane e il pane senza avere denti, come ci ha illustrato bene la Gazzetta parlando di Milano e Cantù, per capire come la barca di salvataggio affidata a Boscia abbia buone probabilità di sfasciarsi contro le meduse del sistema. Speriamo di no. Così come speriamo che Meo Sacchetti non venga lasciato troppo solo per le qualificazioni mondiali perché Romania, Olanda e Croazia non sono ostacoli che si possano saltare soltanto pregando per avere buona sorte e un numero decente di giocatori decenti. Nelle solite rassegne precampionato qualcuno, non ricordiamo il nome, ha cercato chi potesse prendere il premio per il miglior under andato nelle ultime due stagioni al Flaccadori trentino. Non c’è riuscito. La realtà è questa ed è meschino consolarsi perché la pallavolo benedetta dalla Rai si è fermata allo stesso casello dell’Italia dei Pianigiani prima e dei Messina poi. Loro hanno un futuro, con uomini e donne. Noi no, di sicuro per adesso e per gli anni a venire.

Certo che Recalcati aveva ragione dopo il 2004 e il suo argento olimpico parlando di generazione esaurita e senza ricambio. Tredici anni di carestia lo dimostrano. Nessuno ha fatto quello che doveva. Le società inseguendo treccioline tatuate, la Federazione credendo di avere in mano i più forti di sempre soltanto perché erano i più pagati di sempre. Tutto da rifare, vi avrebbe detto il Bartali. Forse non tutto. Se parli con gli allenatori italiani ti dicono che non esiste scuola migliore, partendo dal professor Carlà che deve aver sposato le liste nere dei toscan fuggiaschi. Bravi in che cosa? Sì, certo la scuola è ancora buona, ma poi bisogna vedere i cammelli. Non diciamo soltanto i risultati, ma i veri progressi tecnici e qui si fa una grande fatica. Segnalateci un italiano protagonista nella prima giornata. Forse Aradori, in parte Gentile, ma poi avete visto come è finita e i due nuovi dioscuri della Virtus in quel finale trentino ci hanno ricordato altri finali perduti per egoassalti sbagliati. Certo squadre nuove, cantieri, ma nel cantiere dei più ricchi avete notato l’italian cestista? Non ci sembra. Un po’ Cusin, un po’ Cinciarini. Stop. Sì, beh, Pascolo non stava bene. Vedremo che spazio ci sarà per Gommolo una volta ritrovata la salute. Vero che Venezia è senza Tonut. Vero quasi tutto. Ma credere che nel progetto Tanjevic siano previsti miracoli a breve scadenza è un ragionamento da gente in malafede. Nessuna sorpresa.

Torniamo all’attualità, salutando Enable e Dettori. Due scoperte ovvie: chi ha giocato la supercoppa è sembrato più in palla; le squadre di quarta fascia hanno perso tutte e non ci fa piacere. Sul rodaggio della Super fiesta nel deserto di Forlì abbiamo ricordato che succedeva la stessa cosa quando, ad esempio, si organizzava il torneo Lombardia, vero che c’erano tutte le più forti, ma è normale che si trovi l’assetto giusto non nelle prove libere. Lo ha fatto troppo spesso anche la Nazionale e quella di Messina si è svegliata quando già aveva perduto Gallinari.

Partenza confusa per Trento, ma quelli sono il diesel più bello del movimento, e Buscaglia un pilota che aveva bisogno di ritrovare se stesso perché l’incenso fa male. Poi, nella stessa partita hanno ribaltato un verdetto che avrebbe potuto far cadere troppa neve in anticipo sulle Aquile. Speriamo non provochi valanghe di stupidità sulla bella Virtus messa insieme da Alberto Bucci e Ramagli. Ci sono piaciuti. Tanto. Guai trovarli quando avranno capito cosa potranno fare seguendo il concetto “mano”, mignolo e pollice devono lavorare insieme pur essendo così diversi, del Bianchini scintillante intervistato dall’Avvenire.

Ci ha sorpreso il progresso in sette giorni e due tempi della nuova Sassari. Hanno ritrovato quello che li ha resi speciali in tutti questi anni ed è bello che abbiano vinto loro e, in A2, il laboratorio di Cagliari che nasce dalla stessa mente. Forse sarebbe questa la strada, altro che delocalizzare oltrefrontiera.

Delle squadre di prima fascia bell’esordio anche per Venezia, seppure incompleta. Hanno armi per poter difendere lo scudetto, ma la Milano che troveranno non sembra lasciar posto al narcisismo e ai colori esagerati. Garantisce il Pianigiani, soprattutto se riuscirà a convertire chi ha seguito in passato l’idea che i poveri, alla fine, restano poveri. Non è sempre così. Ma se lo sai eviti di ascoltare i finti saggi della montagna di sabbia.

Pagelle già dopo 40 minuti? Beh certo, ma non legate soltanto alla prima giornata.

10 Alla GAZZETTA per averci proposto e chiarito con le interviste a Proli e Cappellari come possono essere differenti i mari dove sguazzano gli stessi pesci.

9 All’AVVENIRE per aver dato spazio ai ricordi, alle invenzioni, alle riflessioni di Valerio Bianchini che resta davvero l’ambasciatore da utilizzare sempre quando il basket esce dal cortile di casa.

8 A Sandro DELL’AGNELLO che nella sua vita di allenatore ha trovato sempre scialuppe dove portare squadre in salvo, mai una corazzata. Il destino di un cavaliere che meriterebbe fortuna e speriamo che Brindisi lo capisca.

7 Al TEODOSIC che nella prima uscita in maglia Clippers, quella del Gallo da 17 punti di presentazione, ha fatto 1 solo punto e 7 assist, dimostrando ai sognatori di qua che andare di là non è così facile, come dimostro lo stesso Drazen Petrovic.

6 Alla LEGA per aver ripristinato una guida cartacea di pronta consultazione senza dove andare a ravanare nel sito. Sembra poco, ma abbiamo apprezzato, così come l’apertura di Bianchi alla sinergia con la A2. Magari.

5 All’ULEB che si mostra tropo rigida e non vuole modificare un calendario di eurolega esagerato. Crediamo nella saggezza di Bertomeu così come non crediamo nella totale purezza FIBA, ma opporsi alla logica del sistema non è rivoluzionario, soltanto controproducente per un progetto che può volare oltre.

4 Agli ARBITRI che dovevano lamentarsi molto prima, anche con la FIBA, per aver avuto pochi giorni di pratica con il “ nuovo” regolamento. Come tutte le cose serve capacità digestiva. Un po’ come la VAR varicella del calcio.

3 A PETRUCCI se si illude che la mossa TANJEVIC possa trasformare la foresta dei pugnali in una scuola socratica. Avrà letto anche lui cosa pensano i ricchi del sistema, avrà visto come i vivai si sono svuotati. Non servirà il consenso dei consiglieri, ci dovranno dare la prova che tutti remano dalla stessa parte.

2 Ad EUROSPORT perché la prima esperienza con il sistema Player, vedendo tutto e di più, ci ha portato su un pianeta dove non eravamo abituati a respirare. Siate buoni, fatevi criticare un po’, sbagliate le scelte, certo non fate come Carlton Myers che vi ha già detto di non farcela a seguire il ritmo, il nuovo tango delle capinere. Ci ha deluso perché diceva cose che ad altri fanno paura. A proposito, per tutti i telecronisti: raccontare quello che stiamo vedendo è una scorciatoia. Una noia. Meglio un pensiero, un ricordo, una storia. Tanto per far capire il vissuto a chi non lo ha vissuto mai.

1 A SKY per questo voltafaccia così brusco verso il basket nazionale ed europeo che lo scorso anno era il fiore all’occhiello, la calamita per nuovi abbonati. Certo questo divorzio ha fatto bene al sistema, sembra che ci sia più passione e anche alla qualità di certe telecronache perché da quel Cielo dove era stato buttato fuori è sbarcato il Franco CASALINI dalle visioni surreali sul campone.

0 Alla PALLAVOLO che tanto abbiamo decantato ed ammirato perché i due flop delle loro nazionali hanno ridato energia al piccolo mondo moderno del basket che abiura l’antico, ma non sa davvero cosa farà da grande, se mai lo diventerà con troppi cervellini impomatati. Certo questo calo di zuccheri alle forche caudine di ogni torneo importante coinvolge molti sport, molte nazionali italiane. Sarà l’educazione? Sarà l’analfabetismo sportivo di un paese dove una querula presentatrice esaltava il ritorno delle famiglie negli stadi mentre la telecamera inquadrava perfidamente il babbo trinariciuto che esortava il figlioletto ad inveire contro gli avversari mentre leggevano le formazioni. Gli eroi del devi morire.

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