Gli italiani di Pianigiani

30 Ottobre 2017 di Oscar Eleni

Oscar Eleni mendicante davanti alla casa di Pozzecco nella magia di Formentera dove, ce lo giura il Vanetti, il mattocchio sembra diventato anche un eccellente cuoco. Voglia di tenerezza dove aver letto sul Curierun la ricetta del Poz per un basket zeppo di stranieri e che si vende male. Filo rosso con la contestazione che parte da Bologna e arriva a Torino, trovando affinità sulla supercazzola di Amici miei, ad una Lega che chiude stalle svuotate dalla fuga di troppi buoi, una “famiglia” che si staccherà dal Federico Zurleni accolto come un messia e ora congedato, bene a dire la verità se la liquidazione supererà i 200 mila euro come si dice, più o meno come tanti altri che promettevano mari e si sono persi nei monti della mediocrità.

Un mondo a spicchi dove danno sempre la colpa al cavallo come nel lavoro di Angelo Pintus, un altro triestino-milanese che ci ricorda Rubini, pronto al grande viaggio nel teatro Manzoni. Per stuzzicare Pozzecco gli urliamo da dietro la porta di essere meno bravo in cucina del comandante Paolo Nespoli che ci gira intorno su una navicella spaziale che vola a 27 mila chilometri orari, perché l’equipaggio lo ha festeggiato dopo una cena a base di lasagne precotte fatte da questo sessantenne italiano che faceva il paracadutista prima di entrare nell’agenzia spaziale europea. Niente. Lacerazioni pregresse.

Non lo commuoveremmo neppure dicendogli che Boscia Tanjevic, l’uomo che ha capito troppo tardi, l’unico che aveva il coraggio di dirgli la verità per migliorarlo e non per umiliarlo, si è fermato a Sarajevo per un pit stop imprevisto perché se non stai attento, come direbbe la carotide di Lorenzo Sani da riparare in fretta, la tromboflebite ti tromba prima di quelli che non hanno mai gradito il viaggio di Petrucci nell’isola di un eterno sognatore, l’unico che apprezzerebbe davvero la negligenza deli americani nel presentare le schede dei campioni arrivati dalla terra di Tito: per Bojan Bogdanovic, croato di Mostar, semplificano scrivendo nazionalità jugoslava come se non sapessero della guerra infame. Per fortuna non lo hanno fatto per Domantas Sabonis, figlio di Arvidas, lituano come il padre che giocava per l’URSS, che ha segnato più del famoso cecchino per battere San Antonio nel giorno della caduta dei numeri primi: Cleveland in casa contro New York del genio Porzingis, Golden State fra le mura amiche davanti a Detroit. Un contagio, ma forse soltanto un messaggio a chi farebbe giocare anche 100 partite inutili, come nel baseball, per incassare di più, sapendo che la verità si avrà soltanto ai play off.

Deve aver ragionato così anche Pianigiani pilotando la lussuosa nave di Armani nel fiume infernale fra coppa e campionato: dopo la festa per la prima vittoria in eurolega sui resti di un Barcellona che ha perso ancora e vede Sito Alonso sulla graticola, ecco la prima sconfitta in campionato. A Sassari di tarantola Pasquini. E dove altrimenti? Prima o poi chiederanno a Sardara se è una questione privata. Accidenti, contro di lui hanno perso il posto e i titoli fior di allenatori ingaggiati da Milano, davanti alle sue invenzioni tutti restano senza parole. Sempre indietro e questa scelta dell’accademia di Cagliari, una squadra che sta andando benissimo in A2, ha spiazzato quelli che, come dice Pozzecco, sono arrivati ieri nello sport, non soltanto nel basket, ma te la spiegano come se davvero sapessero di cosa stanno parlando. Faceva così un bambino ricco con tanti soldatini che aveva il posto fisso in squadra perché portava il pallone.

A parte gli scherzi, era ovvio che Pianigiani avesse bisogno di una cartina tornasole per spiegare e spiegarci cosa valgono gli italiani della sua legione Flavia, cosa serve ancora in un gruppo che pur avendo molto più degli altri ha bisogno di lavoro, perché il cantiere ci dirà come è la casa soltanto quando giocherà anche Young. Obiettivo? La primavera. Playoff. In coppa e campionato. Lo sanno tutti gli altri, anche quelli che adesso sono al comando. Venezia e De Raffaele avrebbero bisogno di qualcosa in più, vero che manca ancora Tonut, ma se Milano aggiunge Tarczewski al centro allora saranno guai sotto canestro come ha dimostrato bellissima e bullissima Virtus di Ramagli nella giornata nera della Bologna sportiva: calciatori battuti anche se giocano bene, triturata la Fortitudo a Trieste; sconfitta, lasciando ancora una volta, come a Trento, un capitale di più 17, la Vu nera che adesso si prepara alla prova più stuzzicante, quella di domenica al Forum contro Milano che non sarà freschissima dovendo pensare anche al faccia a faccia con il Maccabi nello Yad Eliahu di giovedì. Un duello fra vecchie amanti che vengono da sconfitte dolorose, sia Maccabi sia Virtus. Per Alessandro Gentile non è il momento di fermarsi a guardare le pagelle che non lo premiano: grande impatto fino ai minuti finali, poi la nebbia come gli è capitato spesso in carriera perché la vera sofferenza arriva quando il pallone pesa di più, quando il toro, anche se stremato, cerca il tuo fegato. Certo Bologna ti ama e ti declassa nello stesso viaggio. Una scuola. Un pensiero. Molti diventano grandi, altri ne patiscono e si perdono.

Abbiamo parlato di Venezia ma certo non ci siamo dimenticati di Brescia che sta presentando non soltanto la squadra dell’anno, ma che è già la società dell’anno. Lo abbiamo capito nella scorsa stagione quando in molti volevano la testa dell’allenatore, ma per fortuna Diana è rimasto e sapete come ha finito alla grande l’ultimo campionato e cosa sta facendo adesso. Auguriamoci che non arrivi mai un Cellino nel basket come è accaduto nel calcio, anche se in passato è capitato proprio questo. Il Corbelli che subentrò a Pedrazzini licenziò il barone Sales, ma per fortuna oggi ricordano più Riccardo del suo ex datore di lavoro, anche se il record della Cidneo delle meraviglie è caduto.

Scappare dal mare sulla zattera Mambo-Tango tipo quella del Che leggendo bene l’intervista di Massimo Faraoni che dovrebbe servire come promemoria a Petrucci per cambiare davvero le cose. Ascoltare la gente di qualità non è una diminuzione. Lo avremmo detto anche a Tanjevic se non lo avessero tenuto a dieta e senza sigari nell’ospedale di Sarajevo. Parlarsi, darsi da fare per cercare di capire gli altri. Cosa che insiste a non voler fare l’atletica dove il “Come eravamo” di Sorrentino-Aquari, un disco che vale per la vita, dovrebbe indicare una strada al confuso Giomi che adesso piglierà d’acido perché Luciano Barra, la mente nell’età dell’oro, gli ha detto la verità sulla baggianata dei minimi crudelia per l’europeo di Berlino 2018. Questi sbarramenti bloccano lo sviluppo, castrano la passione. No, caro Giomi, non telefoni per dire che nel basket siamo anche più crudeli castrando la passione di molti giovani chiusi da stranieri spesso brocchi. La denuncia per un professionismo immaturo è a verbale, certo servirebbe il coraggio per cambiare, ma chi investe cerca visibilità e se ne sbatte del vivaio se costa troppo. Una brutta storia che conoscono anche quelli dell’atletica, che dovrebbero sapere al CONI anche adesso che dovranno cercare campioni di play-station, certo fenomeni di concentrazione, ma se confondiamo la merda col risotto allora di cosa stiamo parlando? Chiudiamola qui e andiamo alla buste con i voti.

10 A David MOSS che ancora oggi dimostra come fossero veri i successi di Siena prima e di Milano poi. Fortuna per Brescia? No, merito di Brescia che gli ha ridato il gusto dell’allenamento e dell’avventura.

9 All’AVRAMOVIC di Varese perché non esiste uno più tifoso della squadra di questo buon attaccante che sa anche fare il regista, ma spesso esagera e per questo Artiglio Caja lo mette spesso a sedere. Ma non lo perde. Il primo a tifare per WELLS in grande serata contro Pistoia è stato proprio lui che pure aveva segnato 18 punti e non era stato soltanto comparsa.

8 Al PERIC veneziano che ogni tanto ci fa venire il nervoso perché si arrabbia troppo presto e troppo in fretta con compagni svogliati, con qualche arbitro disattento. Quello che ci è sempre piaciuto è quello visto sul campo della Virtus. Anche lui, come Johnson, avrebbe meritato il bacio accademico dell’allenatore.

7 A STIPCEVIC che, come DEVECCHI, sassarese per la vita, altra genialità sardariana, rappresenta bene il pensiero del cacciatore PASQUINI che anche se tutto dovesse andare male potrà sempre dire di aver mandato in secca la portaerei di Armani speronandola con un brigantino.

6 A Romeo SACCHETTI che sembra James Bond nella terra del voodoo. Attento ai coccodrilli che vorrebbero mangiarsi la sua Cremona ormai torrone più solido del previsto, preoccupato per i travestimenti di troppi che fingono di volergli dare una mano con la Nazionale. Segua la solita strada e non si fidi di certi marinai che sul campo recitano da vittime.

5 A Claudio ARRIGONI che, pur meritando un 9 per il lavoro che sta facendo  come capo ciurma nella squadra poliedrica di EUROSPORT PLAYER, dovrebbe far cambiare la grafica. Meglio. Arricchirla. Le coppe europee sono servite meglio. Allora non è colpa di Eurosport? No. Ma possono far pressione.

4 A SILINS che certo sarà ricordato per il partitone che ha portato Trento fuori dalla palude, ma quel 6 su 6 da tre che fatto diventare di sale la statuina di Reggio Emilia gli vale, per adesso, il premio Giuda dell’anno.

3 Ai farfalloni di PESARO che, come ha detto il suo eccellente allenatore, hanno affrontato da fighetti una gara chiave come quella persa contro Cremona. Caro Ceron ci sono partite dove un 0 su 4 al tiro da 3 grida vendetta.

2 Al JEFFERSON che sembra il problema più grosso per la Milano di Pianigiani dove anche FONTECCHIO sembra aver smarrito la bussola. Certi stranieri si confondono quando cambiano usi e costumi e pensano di essere in terra d’infedeli. Certi talenti italiani credono troppo a chi li stordisce dando sempre la colpa agli altri.

1 Alla LEGA che si accorge sempre troppo tardi delle situazioni economiche che poi diventano cancrena, ma anche per questa ostinazione nel non far sapere cosa guadagnano davvero giocatori e allenatori. Davanti a certe cifre allora sapremmo davvero se certi stranieri da supermercato costano più degli italiani. O viceversa.

0 A REGGIO EMILIA se finge di essere confusa davanti allo stordente 0 su 5 in classifica. Cominciando dal DELLA VALLE che è rimasto perché altrove non avevano i soldini per soddisfarlo per finire a MARKOISHVILI ci sembra di vedere tanti ammutinati sulla nave della Grissin Bon. Certo Menetti avrà perso il tocco magico, certo il vivaio non avrà sempre un diamante nascosto, ma la squadra così come è stata costruita, pensando pure al doppio impegno coppa-campionato, ci sembra davvero fatta coi piedi. Allarme rosso. Per tutti, non soltanto per l’allenatore.

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