Il seme di Mark Zuckerberg

5 Luglio 2017 di Marco Lombardo

Un rodeo in Texas; a passeggio per le strade di New Orleans durante il Carnevale; a colloquio con alcuni giocatori di basket del North Carolina; nei campi del Mississipi, South Carolina e Georgia; nella sede di Microsoft; in alcune fattorie di Michigan, Ohio, Indiana e Wisconsin, anche a cavallo di un trattore; a cena con alcuni elettori di Trump per capire perché l’avessero votato. Questi sono solo alcuni dei luoghi dove Mark Zuckerberg si è recato negli ultimi mesi per capire – ha detto – cosa pensano i cittadini degli Stati Uniti del futuro. Lo stesso Zuckerberg che prima di intraprendere il viaggio aveva scritto su Facebook:

Stiamo davvero costruendo il mondo che vorremmo? Le nostre più grandi opportunità sono globali. Possiamo portare libertà e prosperità, promuovere la pace e la comprensione, cancellare la povertà, accelerare le scoperte scientifiche. Però anche i nostri più grandi problemi sono globali – penso al terrorismo, ai cambiamenti climatici, alle pandemie. Il progresso ormai ci chiede di intervenire non come singole città o nazioni, ma come una comunità di portata globale. È arrivato il tempo in cui tanti di noi riflettono su come avere il massimo effetto positivo sul mondo. Probabilmente non abbiamo il potere di creare dal nulla il mondo che desideriamo, ma possiamo cominciare a pensare su ciò che possiamo fare a lungo termine. In tempi come quelli che viviamo, noi di Facebook stiamo cercando di creare le infrastrutture sociali che permettano alla gente di avere il potere di creare una comunità globale che funzioni. Il nostro lavoro, anni fa, era di permettere a conoscenti e familiari di restare in contatto. Adesso abbiamo il dovere di contribuire alla eliminazione dell’isolamento in zone in cui la tecnologia non è al massimo. Una donna di nome Cristina aveva una rara malattia e si sentiva sola. Adesso fa parte di un gruppo di oltre 2.400 persone provenienti da ogni angolo del mondo con il suo stesso problema. Non si limitano a chattare, ma si incontrano, trascorrono del tempo insieme, si sostengono a vicenda. Abbiamo l’opportunità di connettere le persone non solo a livello tecnologico, ma sociale. La nostra società rifletterà i valori collettivi solo se riusciremo a partecipare alla vita politica. Votare, partecipare attivamente, organizzarsi. Solo tramite un’imponente partecipazione potremo contare qualcosa nel mondo di oggi. Nelle ultime elezioni presidenziali abbiamo aiutato oltre 2 milioni di persone a registrarsi per il voto. L’impegno locale è alla base dell’impegno politico nazionale e internazionale. Come disse il Presidente Lincoln durante la Guerra civile americana, “Possiamo farcela solo insieme”. Tanti di noi tentano ogni giorno di unire le persone. Spero che avremo la lungimiranza che ci permetterà di pensare a lungo termine e creare il mondo che vogliamo lasciare alle generazioni future“.

Letto questo, molti di voi penseranno ad un vero e proprio manifesto politico. Potremmo intitolarlo: globalizzazione e buoni sentimenti. Zuckerberg ha però smentito di volersi candidare al dopo Trump tra tre anni e mezzo, eppure molti sono sicuri che questo è solo il primo passo per farlo. E in fondo non ci sarebbe nulla di strano: è un imprenditore, ha 32 anni, è miliardario, è uno degli uomini che guarda più lontano di tutti. Nel frattempo a casa sua ha impiantato Jarvis, acronimo di Just A Rather Very Intelligent System, un “maggiordomo virtuale” che lo aiuta nelle faccende di casa, controlla luce e la temperatura, aziona gli elettrodomestici, avvia la musica e tiene sotto controllo i dispositivi di sicurezza. “Jarvis – ha fatto sapere Mark agli iscritti del suo social – è in grado di imparare i miei gusti e le mie abitudini, ogni giorno apprende nuove parole e concetti, fa divertire mia figlia. Utilizza diverse tecniche di intelligenza artificiale, tra cui l’elaborazione del linguaggio naturale, il riconoscimento vocale, il riconoscimento facciale e l’apprendimento per rinforzo. E ho già previsto che entro 5-10 anni avremo sistemi di AI più accurate, capaci di avere percezioni sensoriali (vista, udito, tatto, linguaggio) migliori di quelle delle persone”. Ovvero: se diventasse presidente, Jarvis potrebbe essere il suo perfetto Segretario di Stato.

Estratto del capitolo ‘Il seme di Mark’, dal libro ‘Anche i robot vogliono essere felici – Possono pensare, risolvono problemi complessi e sono pronti a sostituire l’uomo’, di Marco Lombardo, in vendita da giovedì 6 luglio 2017 in tutte le edicole, insieme al Giornale, al prezzo di 2,50 euro più quello del Giornale

Tra me e tech, il blog di Marco Lombardo su tecnologia e innovazione

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