Tutti sul Bucintoro

21 Giugno 2017 di Oscar Eleni

Oscar Eleni con la pelle dell’orso e la tuta da sub nella speranza di poter salvare Walter De Raffaele se davvero si tufferà nel Canal Grande di Venezia, con l’ansia di non doverlo anche difendere da uno di quei mostri che portano in laguna onde malefiche, le uniche che spaventano i pochi veneziani veri rimasti, incapaci di farsi sentire da chi viene anche soltanto da Mirano o Mogliano. Meglio aspettare con l’allenatore livornese di veder passare il Bucintoro, la galea dei dogi che di solito si ammira nella festa dell’Assunzione, ma che di certo si potrà far vedere nel giorno in cui la vecchia Reyer ha ritrovato uno scudetto che mancava da prima dell’ultima guerra: due finali e due successi, nel 1942 e nel 1943. L’ultima vittoria la più curiosa, ne abbiamo già scritto ma come sempre siamo stati tagliati, perché ottenuta dal manipolo di Vidal, dallo squadrone di Garbosi e dei fratelli Stefanini contro la Mussolini Roma dove giocava il giovane Vittorio Gasmann che decise subito dopo di essere più dotato come attore. Doppia fortuna o sfortunata perdita di un talento sportivo? Diciamo a tutte le mamme che portano la borsa dei figli che non gli ha fatto male, come grande attore, essere stato un buon sportivo.

Ma torniamo al Bucintoro per vedere quanti ci saliranno sopra. Già in gara sei a Trento intorno al sindaco Brugnaro abbiamo visto di tutto. Così va nel nuovo mondo, magari è così da sempre direbbero Giulio Cesare e Cleopatra. La cosa importante è che l’uomo capace di rivitalizzare una grande società, data per estinta da chi doveva proteggerla nel tempo, trovi subito area e quattrini privati per fare un palazzo dello sport decente. Certo insieme a quelli del calcio, nell’anno in cui anche il neroverde vestito da Pippo Inzaghi è tornato verso l’alto, ancora serie B ma con progetti importanti oltre Sant’Elena giurano i cantori della nuova era. Del Taliercio ricorderemo soltanto il pallone saponetta per finali da film dove si tentava di far capire come si uccidono anche i cavalli. Qualcuno lo ha denunciato. Non se ne accorgeranno neppure se la protesta arriva dall’unico giornale in rosa che ha seguito con inviati tutto questo play off notturno. La Fiba dovrebbe pretendere palazzi decenti prima di gongolare perché, in fin dei conti, i ricconi dell’Eurolega ULEB hanno visto bastonate le loro protette, dall’Italia, alla Spagna, per non parlare d’Israele dove al Maccabi hanno deciso di prendere con Bucaneve Spahjia un allenatore da vera ricostruzione. Ha firmato fino al 2020. Vorrà dire qualcosa, ma per chi vede in declino l’armata di Mizrahi sembra anche che non riavremo l’orgoglio d’Israele per un po’ di tempo. Manca la materia prima: il denaro per prendere i giocatori di un tempo.

Faccia come la Reyer: ricominci da capo, ma sono in tanti che dovrebbero imitare Brugnaro e la  sua ciurma: serie A per uomini e donne, da protagonisti, adesso anche da campioni, un bel settore giovanile che vince anche tanto. A proposito, vi dice niente che nella finale under 18 la Virtus Bologna di Vecchi, cognome di moda per il successo, anche all’Inter campione primavera hanno affidato i virgulti ad un Vecchi più saggio di qualche giovane rampante, abbia sconfitto Trento doppiandola? Una fotografia, un monito, un segnale anche se  sulla qualità del lavoro fatto a Trento non abbiamo dubbi. Arriveranno anche a reclutare meglio, magari anche a vincere nella corsa con quelli della pallavolo che nelle scuole, non soltanto in Trentino, sembrano trovare più successo del basket e persino dell’atletica. Colpa dei reclutatori, colpa dei regolamenti che penalizzano gli insegnanti nel caso di incidenti? Ah saperlo. Insomma, serve vocazione e sarà meglio che le grandi società, le cosiddette grandi società si diano una regolata, magari imitando Varese che ha visto entrare nel consorzio un socio che ha chiesto di poter rivitalizzare il vivaio affidandosi a Dodo Rusconi che di certo ama la palestra più del suo ritiro sul lago, che non dovrebbe avere le turbe che prima hanno allontanato Pozzecco da Milano e poi “costretto” Nando Gentile a lasciare il giardino di Armani.

Ma torniamo alla finale e ai suoi campioni che a qualcuno sembrano davvero meno forti dello squadrone che Zorzi pilotava in una finale di coppa e in un bel campionato: c’era splendore straniero, Dalipagic anche se non parlava ad Haywood, ma anche tanta bella gente italiana, da Serafini a Della Fiori, da Gorghetto il fiol prediletto del Paron, un artista che anche oggi ti può accompagnare nella vera Venezia da riscoprire oltre i miasmi del turismo sguaiato, a Carraro uno da duri banchi in ogni battaglia. Certo che era una bella squadra, ma aveva contro concorrenti più forti di quelle che la Reyer ha trovato nel suo viaggio dei sogni. Guardare indietro e scoprire che avevamo davvero armate diverse, lo dice la grande Europa, lo dice la storia, perché Milano, Roma, Treviso, Bologna nelle due versioni, Varese, Cantù, Pesaro garantivano il massimo livello. Altri tempi, altri soldi, altri dirigenti. No, sugli allenatori si può dire che c’è stata una giusta evoluzione della specie. Come ci ha detto Alberto Bucci in una intervista che avranno letto in pochi (il basket notturno e le ribattute, hanno rubato ogni cosa), mentre riconfermava Ramagli per la Virtus da serie A, difficile per gli allenatori di ieri riconoscersi in quelli di oggi. Dal dottor Stranamore all’Evangelista Bianchini erano capaci di convincere una quercia a dare ciliege come diceva il professor Guerrieri per lamentarsi del suo americanone quercia che non dava neppure le pigne.

Bravissimo Buscaglia. Giusto che Messina lo indichi come suo successore. Gioventù, o pseudo tale, al potere. Ha saputo vincere con stile, anche quando ha fatto fuori i bauscia di Repesa, ha saputo perdere con classe come in gara cinque nei 6 secondi fatali al forno Taliercio, come nella sfida decisiva fra le sue montagne. Ha mostrato davvero di saper fare il meglio con il poco che aveva e siamo sicuri che con Baldi Rossi e forse Moraschini avrebbe costretto Venezia almeno a gara sette.

Niente da dire su Walter De Raffaele che ha davvero imparato da grandi maestri. Quando giocava ascoltava Alberto Bucci in quella Livorno che sfiorò l’impresa, cavalieri mai dimenticati anche se lui era un rincalzo, quando si è messo ad allenare ha trovato sulla strada Carlo Recalcati. Diciamo che nel fuoco di gara sei, quando è andato sotto, ha recuperato la lezione zen del motoclista Recalcati, una calma che serviva in mezzo a gente dai nervi fragili cominciando dal Peric che scavalcato Dalipagic nella classifica marcatori veneziani da play off è tornato dal lato oscuro del tiratore infelice.

Cara gente siamo anche felici che siano finiti questi notturni cestistici ad usum televisivo come ha cantato qualcuno sulla stessa Repubblica che fino all’atto finale liquidava le partite scudetto con una breve. Lo faranno ancora. La speranza è che nel basket entrino i cinesi e allora via con le partite a mezzogiorno, quelli hanno preteso persino il sacro giorno del derby per la loro merenda su anatre laccate.

Siamo contenti che Filloy abbia potuto tagliare la retina come fanno i vincitori. Ora speriamo che abbia risparmiato qualcosa anche per la Nazionale, la nostra. Ha qualcosa dentro che a Messina ricorderà Ginobili: non lo stesso talento, chiaro, ma stiamo parlando del cuore e se avessimo dovuto premiare qualcuno fra i battuti avremmo scelto l’altro argentino, il Forray che ha camminato seguendo l’Aquila dai giorni della serie B. Questi sono i personaggi da mostrare, valorizzare, altro che i mercenari di passaggio. Si tiene la gente che si batte come Sutton, si fa fatica a ricordare che nella tua squadra giocava un barlafuso senza morale, tipi che se la ridono se uno come Oscar ti fa sapere che era un grande tiratore anche perché si massacrava a tirare in allenamento. Le sue serie da 20 in fila oltre la linea ricordavano il Bradley che al Palalido non usciva se prima non aveva concluso il 5 su 5 dalle cinque postazioni esterne. Un errore e si ricominciava, come ci ricordano i mugugni di Rubini che comunque se ne andava a pranzo, perché in palestra c’era Gamba con Bill, certi silenzi per i tentativi del dottor Oscar che ascoltiamo sempre volentieri su SKY, molto più di certe telecronache.

Bel voto anche ai numeri uno delle società. Il presidente Longhi che sembrava davvero un totem orientale nel suo tentativo di trasmettere positività alla Trento delle meraviglie. Il Brugnaro sindaco che era davvero in sintonia col Casarin promosso presidente anche se qualcuno, non tanto tempo fa, scherzava sul fatto che lo avessero eletto come manager dell’anno.

Per gli italiani della finale non c’è tanto da cercare. Lasciamo da parte Lechthaler, generoso, lottatore, ma chiaramente inadeguato e avrà certo capito perché durante l’anno giocava così poco. Da una parte, regno delle Aquile, il Flaccadori che ha fatto bene, benino e maluccio. Alla sua età capita di non recuperare mentalmente più che fisicamente. Ora saprà anche che è meglio sognare una maglia azzurra che un draft della NBA. Tanto per volare nello spazio giusto. Dall’altra Stefano Tonut che ha restituito al padre Alberto quello che lui, come tanti livornesi, come il Bucci che maledice chi non si è accorto del quinto fallo di King, considera lo scudetto portato via dalla Milano di Casalini sui nanosecondi negati al terzo tempo di Forti. Sul campo ci è piaciuta la dedizione difensiva, il lavoro per la squadra. Certo anche lui deve lavorare ancora tanto e Azzurra farà bene a reclutarlo.

In attesa che Messina renda pubblica la lista dei 24, già conosciuta da chi ha il favore del sussurro, della soffiata per lo “scuppe” che eccita i capiredattori come una cena vegana, abbiamo notato nella esauriente intervistano rilasciata a Manitù Dallera e Nuvola grigia De Ponti sul Corrierone un certo rilassamento doroteo. Una volta andava giù diretto e se pensa che possa bastare il monito “la mia uscita non sarà un alibi” allora non ha capito molto di quanto è accaduto a Torino. Strano anche ci voglia vendere come logica l’esclusione di Bargnani dal gruppo Italia: “Gli ho parlato, mi ha detto che aveva bisogno di un’estate per rimettersi dopo tanti problemi”. Questa è bella davvero. Ora vedremo come spiegherà il listone per l’Europeo nella speranza che sia ancora il vero Ettorre a parlare e non il texano disarcionabile dai capricciosi dell’Isozaki.

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