L’anno di Milano

3 Giugno 2017 di Oscar Eleni

Oscar Eleni incatenato al festival dei gufi con la valigia pronta per cercare a Caporetto il Cadorna dell’Emporio Armani, per trovare un passaggio fino a piazza Lunelli di Trento dove hanno festeggiato la notte storica del basket trentino. Bisognava esserci e Franco Grigoletti c’era di sicuro, il suo spirito in un bel bicchiere di Teroldego. Lui aveva creduto fra i primi, dimenticando che a Rovereto, la sua Rovereto, ci avevano provato senza arrivare oltre una dignitosa serie A femminile. Luigi Longhi il presidente rubato al giornalismo, anche se lui, fortunatamente, non dimentica che quella nelle redazioni è stata e sarà per sempre la sua vera vita, ne ha parlato tanto col Grigo di questo progetto. Veniva delle stesse vigne. Guardate dove sono arrivati. Certo hanno avuto la fortuna , questi di Trento, dì incontrare il Salvatore Trainotti, il nome dice tutto, uno che sa cercare, trovare, convincere, capire. E poi Maurizio Buscaglia barese, principe delle Dolomiti ad honorem, è diventato il loro Cesare nel de bello cestistico, quello dove devi discutere anche con gente che considera giusto andare dietro alle voglie televisive per le partite in tarda serata, in ribattuta. Tanto, dicono i legaioli, per quello che danno i giornali. Sembra davvero di ascoltare le giustificazioni di chi ha sbagliato tanto dirigendo società che avevano una ricchezza, una storia. Milano è fra queste, ma quando il capo ciurma dice che, in fin dei conti, questo gruppo ha dato belle soddisfazioni in due stagioni, allora è inutile mettersi a discutere. Hanno ragione loro.

Dopo Caporetto, per fortuna, ci fu qualcuno che disse al Cadorna che non fu la vigliaccheria dei soldati a portarci verso la catastrofe, ma il suo piano di guerra da gioco delle pulci. Arrivò Diaz, ci furono le vittorie sul Piave. Vedremo se all’Emporio Armani ragioneranno alla stessa maniera. L’impressione, però, visto che alla fine, “a caldo” come dicono lorsignori, non si prende nessuna decisione, siamo quasi convinti che non trovando dimissioni sul tavolo, la logica, la dignità pretenderebbe almeno quello, si andrà avanti un po’ come su quella barca da pirati per burla che nelle storie di Obelix viene sempre affondata per caso. Malasorte.

Dicono che tutti, in società, sapessero della cattiva condizione generale di una squadra che aveva già sballato in Europa. Se chiedi adesso cosa sapevano loro la risposta è canonica: ‘Non lo diremo certo ai giornal’. Hanno già trovato due o tre capri espiatori. Ci saranno le solite purghe omeopatiche. Il gioco è mio, guai a chi lo tocca. Non fate gli spiritosi dicendo che i ricconi le hanno prese da chi ha un bilancio di 5 a 20. Si offendono. Lo fanno spesso, mai quando sono loro a spiegare, mentendo, che in eurolega non hanno trovato gloria perché davanti avevano colossi economici non paragonabili a quello che investe re Giorgio. Delicatezza dei distinguo. Quando conviene.

Se cercate verità rivolgetevi al festival dei Gufi di Grazzano Visconti. Sapranno indicarvi la strada perché in casa Olimpia 1936 non ascolterebbero mai Mercedes Sosa e il suo meraviglioso canto sul Todo cambia nel mondo dove la gente si fa la guerra e paga i mentecatti per farti la guerra. L’abbiamo sentita questa musica di un cileno interpretata da una argentina di Tucuman in Habemus Papam. All’Emporio il Papa che hanno messo non ha nessun ripensamento. Sa chi sono i colpevoli, deciderà per il bene della società nel rispetto del volere di Giorgio Armani. Punto e andate a farvi fottere. Ci saranno esecuzioni con olio canforato, ma sembra evidente che neppure chi comanda oggi possa sfuggire alla domanda delle curve ostili: con chi todo cambierà? Un altro allenatore importante da sacrificare? Beh Scariolo era un allenatore importante. Fatto fuori. Banchi era stato rubato a Siena in pieno play off. Pure lui sacrificato sull’altarino del giovane capitano che ora sembra un po’ fuori mano, magari anche fuori strada se è vero che pure Pianigiani lo ha congedato anzitempo, dopo avergli spiegato perché preferiva lasciarlo in tribuna, accordandogli il permesso per tornare in Italia giusto in tempo per vedere i patiboli milanesi del 2017 funesto, quello del triplete sul gozzo, anche se facevano ridere con queste etichette per risultati che erano il minimo richiesto per una franchigia così cara. Più economicamente che sentimentalmente sia chiaro, visto come la trattano.

Il domani deve essere scritto da uno diverso da Repesa, ma non diteci che l’unico colpevole è stato Portaluppi taccio e acconsento. Chi ha fatto la squadra? Se lo trovate cacciatelo. Sbagliata l’idea alla base: costruire intorno al capitano degradato, rimasto per fare un favore dopo aver detto che voleva andarsene in mondi più vasti, cercando mezze figure, insomma gente che sapeva capire certe sbuffate, certe smanie. Ne conosciamo di licenziati per aver oscurato il solicello di Assago, due o tre faranno la finale scudetto di quest’anno con Avellino o Venezia. Squadra sbagliata nel concetto, volevano difesa da gente che ha sempre pensato all’attacco, ma all’inizio si poteva anche gestire. Ogni cosa risolta in palestra. Peccato che a Milano ci sia anche il fuori palestra. Poi la baraonda. Via il principe Malagant Gentile. A voi signori ora che non avete più una scusa. Come non avevano la scusa ? Andate a leggere chi solidarizzava con l’esiliato e poi a valutatene il rendimento.

Digerito il rospo eurolega si poteva puntare tutto sul campionato che non sembrava difficile da vincere perché la concorrenza annunciata sembrava stare peggio. Certo iniziare i play off sapendo da chi comanda che anche lo scudetto non avrebbe salvato un allenatore spiato e non più considerato dopo i danni del fuoco amico non è stata la mossa di un grande stratega. Il giocatore mercenario bussa subito alla porta. Lui via, ma io voglio rinnovare. No, caro. Aspettiamo. Ah sì. Eccovi spiegate altre cose che vanno oltre la rissa a Capo d’Orlando che ha escluso definitivamente dal gruppo o centrone Raduljica. Dunque se vogliono un Todo cambia come colonna sonora cerchino il Mago.
Candidati?

Numero uno Messina. La federazione sarebbe grata se il migliore fosse pagato dai più ricchi lasciando meno esauste le casse federali a cui va benissimo un Ettorre sulla panchina Azzurra pro bono, cioè gratis. Solo gloria e rospi.

Numero due Pianigiani che dice di stare benissimo a Gerusalemme. Si pensava che il parcheggio Gentile potesse essere il cavalluccio di Troia. Milano ha un contrattone che non può transare. Ci voleva uno capace di equilibrare la situazione, tenendo fuori dalla porta antipatie personali non condivise da tutti quelli che contano. Adesso, però, con questo congedo provvisorio ed imprevisto dal Muro del pianto sembra che anche Pianigiani non sia proprio convinto di poter convivere con chi ha fatto cacciare il suo ex assistente Luca Banchi, con chi era convinto di dover godere di ogni privilegio avendo dato a Repesa una panchina prestigiosa.

Dicono che l’opzione numero 3 potrebbe essere il Trinchieri che piace al Maccabi non più ricchissimo. Vedremo. Intanto se è vero che sarà Piero Bucchi a sostituire Portaluppi siamo curiosi di capire come si divideranno i compiti in una società dove il capo sembra unico e impossibile da mettere in discussione. Ci sorprenderanno. Hanno i mezzi per farlo, ma i soldi, cara gente, sembrano non bastare come ha scritto il filosofo Franco Bolelli sull’edizione milanese di Repubblica quando ha parlato di una mancanza fondamentale: non c’è mai stato vero rispetto per la mistica delle scarpette rosse. Un bel contorno, un lavoro organizzativo di qualità. Ma la squadra è un’ altra cosa. Come ha detto Totti, fa paura scendere certe scale. Hanno bisogno di gente che ricordi al bambino dentro di loro che ci sono cose importanti da rispettare. Ma la storia bisogna saperla o farla raccontare a chi la conosce.Chiederelassù a Rubini, Porelli, Allievi e anche quaggiù da Treviso a Pesaro, passando per Bologna.

Comunque sia aspettatevi una convenzione, o circonvenzione, sui prati di Canossa. Un Moro da bruciare si trova sempre a Milano. Pensate a Inter e Milan. Todo cambia, perché nulla cambi nella versione meneghina.

Pagelle per chi ha lasciato senza vergogna, anche se prima bisogna premiare chi ha fatto storia.

10 e lode A TRENTO dove l’aria è magica. Pallavolo finale scudetto. Basket per il titolo. Comune dalla parte delle società, Un mondo, una squadra, un eccellente allenatore. Conoscendo i vizi di Milano qualcuno pensava e pensa che anche Buscaglia, appena confermato per altri 3 anni, dopo i 10 già vissuti nel nido delle aquile, potrebbe interessare.
10 con lode a KENNEY per come ha celebrato gli 85 anni di Sandro Gamba che in questi tempi non ha risparmiato nessuno in casa Olimpia, che offre a Petrucci una soluzione di riserva se Messina dovesse rimanere a San Antonio: Romeo Sacchetti adesso che a Brindisi tremano cercando nuove risorse.
10 AL MATTIOLI del C.R: LOMBARDO per lo splendore sotto il palazzo della Regione, una settimana di basket servito alla passione.

Andiamo invece alla colonna infame dell’Olimpia impalata sul Naviglio, una squadra sin verguenza che contro Trento, al completo o senza Baldi Rossi e Moraschini ha perso 4 volte su quattro al Forum:
SOCIETA’ 4.5: Nove all’organizzazione, otto a tutti quelli che ci lavorano con passione, ma poi viene il momento di scegliere, parlare ai giocatori, aiutando gli allenatori. Duro difficile. Fatto male, infatti.
ALLENATORI 3: Tutti bocciati. Non se la cavano gli assistenti, in panchina e in sala pesi, dicendo che l’unico colpevole è stato Repesa, un Gelsomino sfiorito da 2 fisso, perché loro se richiesti da chi era sopra nella gerarchia hanno sempre detto la verità. Ci si dimette in questi casi, lasciando a Repesa le sue macerie di quintetti mai uguali, di una squadra senza gerarchia interna.

Passiamo al personale sul campo:

MCLEAN 5: L’uomo che confonde, grande e piccino allo stesso tempo, mai resistente, certo salvatore per misere comparse, ma sotto il par quando contava.
FONTECCHIO 5: Sarà anche colpa dell’infortunio, ma i progressi che doveva fare sono stati minimi. Colpa di tutti, ma anche sua.
HICKMAN 5: Non è mai stato uno capace di guidare gli altri, ha sempre avuto una bella mano. Si è vista, ma quei suoi passaggi in salto sono l’incubo nella squadra campione delle palle perse.
KALNIETIS 4: Logorato dalla camera sbagliata dove lo hanno legato. La rimessa caduta lanciando il contropiede di Trento è la fotografia di un fallimento.
MACVAN 4.5: Inizio discreto, finale disastroso. Una cosa di testa più che di tecnica e atleticamente si sapevano i limiti.
PASCOLO 6: Ha dato quello che aveva, la lesione al menisco impedisce di consideralo colpevole come altri nella Caporetto di Assago.
TARCZEWSKI 5.5: È capitato fra gente che se la tirava in faccia. Non poteva capire. Tutto bene, ma la tecnica di base e le mani sono da gregario.
A. CINICIARINI 5: Non ha retto un ruolo superiore ai suoi mezzi tecnici. Come capitano ha cercato di aiutare tutti, ma nessuno ha aiutato lui.
SANDERS 3: Ha fatto sempre quello che ha voluto. Lui era lui e gli altri non erano alla sua altezza. Certo due titoli MVP gli avevano fatto credere che sarebbe stato il gallo del pollaio. Non ha capito niente né di giorno né di notte.
ABASS 4: Vai in una società che ti vuol far crescere e tu resti quasi uguale a quello che ieri. Cattiva gestione interna e non diteci che in allenamento lui, come tutti, lavorava seriamente. Certo fra piume di struzzo ci si mimetizza.
CERELLA 6: Sa farsi voler bene. Bastava che altri lo imitassero.
SIMON 5.5: Era sfinito già in partenza. Nella bufera si è perduto anche il grande equilibratore.
DRAGIC 4: Preso per giocare in una squadra che mai avrebbe potuto aiutarlo ad esprimersi. Ci ha messo del suo per farsi mandare al diavolo. Poi sfortunato.
RADULJICA 2: Votaccio da condividere con chi, conoscendolo, lo ha scelto, pur sapendo che non avrebbe dato una mano in difesa, pur conoscendone vizi e virtù, dentro e fuori dal campo. Una delusione che se ne è andata facendo a pugni.

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