Dove andrà Donnarumma

16 Giugno 2017 di Stefano Olivari

Gigio Donnarumma e il Milan sono arrivati alla rottura, come forse qualcuno già saprà. Avendo qualche modesta informazione di prima mano (se non vi fidate non leggete, solita regola aurea) raccolta in nottata da persone di discreta qualità, azzardiamo su Indiscreto una spiegazione di ciò che è avvenuto al di là di quanto dice l’evidenza: e cioè che ognuno deve curare i propri interessi, anche se è chiaro che i tifosi hanno per fortuna logiche e sentimenti differenti da chi è nel calcio per lavoro.

Punto primo, secondo noi il più importante. Raiola è convinto che questo assetto societario del Milan non abbia più di un anno di vita e lo dice praticamente (con parole più incisive e da titolo delle nostre) a chiunque gli parli: che poi questo anno termini con un fallimento o con un passaggio di proprietà in mani più solide è un altro discorso. Di certo sarà un Milan di transizione, nel gruppo di squadre che ambiscono alla qualificazione Champions ma che potrebbero arrivare quarte come settime. È il livello di Abate e Bonaventura, non certo quello di Donnarumma. Per questo, dopo avere raccolto sue informazioni sui cinesi in arrivo, che potremmo definire anche ‘cinesi’, ha rifiutato anche le proposte dell’amico Galliani quando il closing era lontano. Figurarsi poi quelle di Fassone, con il quale i rapporti sono sempre stati freddi, e Mirabelli, che, per scrivere in giornalistese, giudica inadeguato a un club di prima fascia.

Punto secondo, parzialmente collegato al primo: l’immagine. A prescindere dal rendimento sul campo Fassone sapeva benissimo che il rinnovo di Donnarumma sarebbe stato per il nuovo Milan un certificato di credibilità anche superiore a 500 milioni da buttare sul mercato. Nei confronti dei tifosi ma anche degli addetti ai lavori, che avrebbero pensato cose del tipo ‘Be’, se anche uno come Raiola si fida…’. Per questo il Milan si era spinto ad offrire quasi 5 milioni netti all’anno al portiere, cifra enorme per il Milan attuale.

Punto terzo, la famiglia. Fassone e Mirabelli si sono giocati una carta rischiosa, tentando di mettere la famiglia Donnarumma contro il suo procuratore. Ma una anche solo superficiale conoscenza della storia dei loro rapporti personali avrebbe sconsigliato questa mossa, che infatti ha prodotto l’effetto opposto. E quando è stato buttato nell’arena mediatica lo scenario dello stare fuori rosa un anno subito si è preparata una diffida per mobbing (Arrivata a destinazione? Non lo sappiamo).

Punto quarto, il Real Madrid. Non c’è dubbio che Donnarumma sia già adesso molto meglio di Keylor Navas, ma questo lo si potrebbe dire anche rispetto ad altri portieri di top club (Buffon, per dirne uno). Qui l’azzardo è stato di Raiola, che non ha niente in mano se non ottimi rapporti con Florentino Perez. Insomma, il Real Madrid esiste ma non ci sono certezze e nessuno è fuori gioco, nemmeno la Juventus che poi sarebbe l’unico club italiano a garantire certi standard di visibilità internazionale. I soldi di cui tanto si parla rimangono sullo sfondo: una società che paga 10 milioni di euro netti una riserva, per quanto di gran classe come Morata, non può non dare altrettanto al suo portiere titolare arrivato in pompa magna. Che, parentesi, nei suoi due anni da titolare in serie A ha guadagnato 150mila euro a stagione.

Punto quinto, Galliani. È chiaro che gode come un riccio per qualsiasi errore dell’attuale dirigenza, ma dubitiamo che esista un asse fra lui e Raiola, non fosse altro che perché dal calcio che conta Galliani è fuori (diversamente non gestirebbe ville e villini di Berlusconi, in attesa di fare il deputato di Forza Italia: noi lo vedremmo bene all’Armani di basket, sarebbe entusiasmante sia per lui sia per i tifosi che finalmente vedrebbero un dirigente vero). Fra reggergli mediaticamente il gioco ai tempi di ‘Ibra vuole tornare’ e andare contro gli interessi suoi e di Donnarumma c’è differenza.

Punto sesto, cosa accadrà adesso. Non lo sanno nemmeno i protagonisti. Fare i duri fino in fondo non conviene mai, è probabile che qualsiasi sia la destinazione di Donnarumma (non si va oltre quelle sei o sette squadre) si trovi un accordo per un passaggio ad una grossa cifra ma senza record epocali: 30 milioni? L’anno fuori rosa sarebbe un suicidio per tutti, di peggio ci sarebbe soltanto un anno di contestazione ad ogni intervento con incasso zero per il Milan e depressione del portiere.

Ci sarebbero altre cose da scrivere legate a questa vicenda e in generale al mercato del Milan, sulle modalità dell’operazione Kessie e su alcune scadenze di pagamento, ma dobbiamo anche lavorare e guadagnare perché nessuno farebbe follie per strapparci ai nostri attuali datori di lavoro. Purtroppo non siamo Donnarumma, ma se lo fossimo ci faremmo valere. Senza procuratore.

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