Sampaoli per il Messi trentenne

22 Maggio 2017 di Indiscreto

Jorge Sampaoli è il nuovo allenatore dell’Argentina, in sostituzione di un Edgardo Bauza che sarà ricordato come una delle peggiori guide della storia recente dell’Albiceleste (forse nemmeno Maradona lo ha superato verso il basso) nonostante come allenatore di club abbia quasi sempre fatto bene, in particolare con il Liga de Quito con cui nel 2008 vinse una storica Libertadores superando in una bellissima (una rarità in questa coppa piena di partite spazzatura, con quelle di ritorno che sono uno in genere uno spot a favore del tempo effettivo) doppia finale contro la Fluminense allenata dall’ex romanista Renato Portaluppi (alias Renato Gaúcho, per noi un immortale da quando spiegò perché non usava il preservativo) e con in campo un Thiago Silva già molto forte. Senza dimenticare la Libertadores di tre anni fa vinta con il San Lorenzo, anche in questo caso con un livello medio della rosa piuttosto scadente.

La parentesi su Bauza era doverosa, perché quella dell’Argentina è probabilmente la panchina più difficile del mondo per l’abbondanza di talenti che non conosce fasi di stanca (come capita a volta anche a grandi scuole come quella brasiliana o spagnola) e per la pressione che consegue dall’essere in un paese che vive quasi unicamente di calcio: dai Giochi Olimpici di Rio l’Argentina è uscita con 4 medaglie, contro le 28 italiane, ma al di là di questo il peso specifico del calcio è superiore anche a quello che c’è in Italia. Sampaoli ha a livello di club un curriculum buono ma con meno picchi rispetto a quello di Bauza, e anche con il Siviglia di Monchi ha fatto più o meno il suo chiudendo la Liga al quarto posto da playoff di Champions. Con la nazionale del Cile ha però fatto molto bene, vincendo la Coppa America del 2015, disputata proprio in Cile, con la squadra che aveva Claudio Bravo in porta, Medel in difesa, Vidal a centrocampo e Alexis Sanchez in attacco. L’avversaria nella finale, vinta ai rigori grazie agli errori decisivi di Higuain e Banega, era un’Argentina stellare, non ancora in mano a Bauza (la guidava il ‘Tata’ Martino, altra gestione mediocre da parte di un allenatore buono). Più meno lo stesso gruppo di giocatori che adesso deve traghettare a Russia 2018: impresa non certo impossibile (l’Argentina è quinta a quattro partite dalla fine del girone sudamericano, a due punti dal secondo posto, e direttamente al Mondiale senza passare dal playoff vanno le prime quattro), ma con due trasferte insidiose in Uruguay (un punto sopra) ed Ecuador (due punti sotto).

Nella sua carriera il cinquasettenne Sampaoli, che mediamente gode di buona stampa (in Argentina come in Italia questo è fondamentale, basti pensare al differente metro di valutazione fra Conte e Ventura: uno aveva a disposizione solo sfigati, l’altro pochi mesi dopo una fioritura di giovani come non se ne vedeva da decenni) ha cambiato diversi moduli, prevalentemente ha giocato con la difesa a quattro ma non ha avuto problemi in varie circostanze nel giocare a tre. Nella sua filosofia c’è l’avere un uomo creativo alle spalle delle punte (una, due o tre che siano queste ‘vere’ punte), pur avendo fatto deroghe soprattutto nelle partite contro grandi avversari. Anche nel Siviglia, fra i vari Vazquez e Ganso, ha spesso ragionato così. Potrebbe insomma essere il commissario tecnico ideale per il Messi trentenne, quello che vorrebbe prendere meno calci.

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