L’atletica dei record cancellati

3 Maggio 2017 di Indiscreto

I record dell’atletica leggera stanno per essere azzerati, le voci che giravano da mesi hanno trovato conferma nella proposta della European Athletics (cioè l’associazione delle federazioni europee di atletica) che ad agosto il consiglio della IAAF riunito a Londra, poco prima dei Mondiali, valuterà e quasi certamente approverà. Sì, perché il principale sostenitore di questa cancellazione del passato è proprio Sebastian Coe, presidente della IAAF che come ex atleta di quel passato fa pienamente parte: il suo fantastico 1’41”73 ottenuto a Firenze nel 1981 è rimasto record del mondo degli 800 metri per 16 anni, fino a Kipketer. I record non verrebbero tecnicamente cancellati, ma quelli ottenuti prima del 2005 verrebbero eufemisticamente definiti ‘storici’, ‘classici’ o qualcosa di simile e affiancati a quelli nuovi.

La logica di questa innovazione è evidente: rendere possibili nuovi primati in specialità dove certi risultati appaiono inavvicinabili, in particolare certi record femminili degli anni Ottanta (Griffith 100 e 200, Koch 400, Kratochvilova 800), ma anche altri più recenti. Insomma, tante parole contro l’ossessione per i record e poi si pensa solo ai record, con relativi bonus e pagliacciate (anche non omologabili, tipo il tentativo per andare sotto le 2 ore nella maratona all’autodromo di Monza), come se l’atletica attuale fosse tutta pulita e quella vecchia tutta sporca. Il muro del 2005 è poi collocato in maniera arbitraria, visto che la continua evoluzione delle metodologie antidoping rende ogni anno ‘migliore’ di quello precedente: una scelta evidentemente fatta per proteggere i record degli atleti ancora in attività, Bolt in testa, quindi spendibili come marketing nel presente.

La follia nella follia è quella di cancellare le prestazioni di campioni anche al di sopra di ogni sospetto: per noi è facile citare Pietro Mennea, il cui 19”72 del 1979 nei 200 è tuttora record europeo, un Mennea che nella sua intera carriera pur ammazzandosi di pesi riuscì a mettere su soltanto pochi etti di muscolatura. E il suo record europeo gli dovrebbe essere tolto da europei, magari con passaporto tarocco, che in pochi mesi sono passati da rachitici a culturisti? C’è poi da sfatare un luogo comune: tolte quelle poche prestazioni femminili anni Ottanta, quasi tutti i record mondiali e ancora di più quelli nazionali hanno continuato a migliorare. Non si capisce perché il 29’17”45 di Almaz Ayana nei 10.000 olimpici di Rio debba essere di base più pulito del 30’13”74 di Ingrid Kristiansen, record mondiale ottenuto 30 anni prima, o del 29’31”78 di Wang Junxia, record che resisteva dal 1993. In altre parole: come fanno i ‘puliti’ etiopi ad andare più forte degli ‘sporchi’ cinesi?

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